Capitolo 8

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La reazione del signor Giulio la seppi poco dopo, quando Emma venne a suonare a casa mia: era piena di lividi,  il più evidente intorno all'occhio destro, dove un cerchio viola lasciava intendere che ci era volato un pugno.
<< Tuo padre l'ha presa così male? >> domandai non appena me la trovai davanti.
<< Tanto non me ne frega un cazzo, se l'ha presa male. Ci tornerei pure subito, dal falsario. Quel posto è bellissimo >> affermò lei.
Aveva ragione: se chiudevo gli occhi vedevo ancora le opere d'arte e i quadri che riempivano l'appartamento del signor Faria, per un attimo le immaginavo e dimenticavo quanto il mondo che mi circondava facesse schifo.
<< È stata mia sorella a fare la spia, me l'ha confessato prima. Mi dispiace davvero >> confessai sospirando. Mi sembrava anche un po' mia, la colpa, nonostante l'infame fosse stata Simona.
<< Non è colpa tua, Leti. Non devi scusarti se tua sorella è stronza >> mi rassicurò lei. Il suo giudizio mi aveva calmata, temevo ce l'avesse con me e non volevo perderla: era la parte più coraggiosa di me.
<< Comunque mio padre ha detto a mia madre che devono trovare una soluzione intelligente >> raccontai.
<< Sarà una punizione, sicuramente >> disse lei facendo spallucce.
<< Mio padre non è da punizioni >> obiettai.
<< Ma tua madre sì. E lo sai bene che è lei quella che si sa imporre tra i due. Esattamente come mio padre. Ma non me ne frega niente, possono anche impedirmi di giocare in cortile per un mese, tanto un modo per scappare lo trovo. Vedi come lo trovo >> rispose Emma in tono sfrontato e privo di incertezze.
Poi mi salutò e se ne andò, mentre io rientravo per cercare di capire cosa avessero deciso i miei.

                                     ***

La soluzione intelligente di cui parlava mio padre fu molto semplice: mandarmi quotidianamente alla bottega del falsario perché era l'unico uomo veramente istruito del Quartiere e mio padre ha sempre tenuto al fatto che noi figli avessimo la cultura necessaria a farci rispettare nella vita; mia madre aveva appoggiato questa sua decisione perché almeno mi impediva di passare troppo tempo in cortile, in quanto il Quartiere era un luogo promiscuo e per le femmine che si stavano facendo grandi, tutta questa promiscuità non stava bene.
Salii le scale per comunicarlo ad Emma, costretta ai lavori di casa più pesanti per una settimana: buttare i sacchi dell'immondizia, sparecchiare a pranzo e a cena, stendere e ritirare i panni in terrazza.
<< Ti hanno messo in punizione? >> le chiesi, notando due buste nere piene d'immondizia che trascinava faticosamente di sotto.
<< Te l'avevo detto che mio padre me l'avrebbe fatta scontare la visita a Faria. Tu invece? >> mi domandò.
<< Mio padre ha deciso di mandarmi da Faria tutti i giorni per farmi una cultura e non stare troppo in cortile >> raccontai.
<< Ah, come delle lezioni a scuola. Sai che palle? Ti è andata peggio della punizione! >> mi derise. Ma lo sentivo che in realtà mi invidiava a morte.
<< Non è vero, non sarà noioso, perché quel posto è bellissimo, lo hai detto anche tu! >> esclamai allora.
<< Sì, l'ho detto e non me lo rimangio. Anzi, sai che faccio? Dopo aver buttato 'ste cazzo di buste, vado a chiedere a mio padre se mi ci manda anche a me, a lezione da Faria! >> decise lei, portando giù il primo secchio giù per le scale.

                                    ***

<< Che cazzo hai detto? >> sbottò il signor Giulio, non appena Emma effettuò la sua richiesta.
<< Hai capito benissimo, papà: i genitori di Letizia la mandano dal signor Faria a farsi una cultura >> ribatté Emma.
<< E come mai? Già vi basta la scuola a insegnarvi il necessario fino alle medie, mica tenete bisogno delle ripetizioni a pagamento! >> puntualizzò il signor Ferranti.
<< Non sono lezioni e non sono a pagamento, il signor Ulisse non ha bisogno di soldi! >> replicò lei.
<< Emma, tu ten già truopp grill dind 'a capa, ti serve di levarteli, non di aumentarli! >> rinfacciò lui.
<< A me tanto non mi importa se mi dici di no, io a lezione da Faria ci vado lo stesso! >> osò sfidarlo lei.
Fece male i suoi calcoli: invece di tirarle ceffoni o pugni, il signor Ferranti la sbatté al muro e le mise le mani attorno al collo come a volerla strozzare; nell'impatto alcune cose erano cadute per terra, e allarmate dal rumore si erano precipitate nella stanza da pranzo la signora Amanda con la piccola Marta in collo e Beatrice che le seguì a ruota.
<< Giulio, fermati! Così l'ammazzi! >> lo pregò la moglie.
<< È 'sta stronza che m'ha provocato! >> urlò l'uomo, fuori di sé.
<< Non è vero, tu sei pazzo! >> continuò Emma a suo rischio e pericolo.
<< Tu 'a fa chill ca dic 'ie, capito? 'I song patete, e finché staje dind 'a sta casa stai sotto la mia autorità! >> berciò Ferranti.
<< Giulio, ti supplico... >> cercò di intervenire la signora Amanda.
Quasi accorgendosi della gravità di ciò che stava facendo, il signor Giulio mollò la presa dal collo della figlia, spingendola via e calciando una sedia per sfogare la rabbia residua.
<< 'Sta stronza, che m'ha fatto fare! T'aviv quasi accis! Io non la voglio sentire più questa storia di Faria, va buon? >> sbraitò.
<< Vaffanculo! >> fece Emma, scappando in bagno per evitare che suo padre le mettesse le mani addosso.
Quando fu sicura che si fosse placato, uscì dal bagno e si diresse in camera sua, dove uscì in balcone: sapeva che l'aspettavo affacciata, per sapere com'era andata; non appena la vidi, le lanciai uno sguardo interrogativo: lei scosse la testa. Suo padre non le aveva dato il permesso.

                                     ***

Dal giorno successivo cominciai ad andare dal signor Faria, ma non fu come la prima volta: mi ci diressi davvero come se andassi ad una lezione di scuola, al pari di come aveva predetto Emma.
La verità era che, senza di lei, il tempo passato dal falsario non era la stessa cosa: le ore non passavano mai, mi mancavano le sue osservazioni argute e le sue battute sarcastiche, e poi era come se avessero scoperchiato un lato del mio corpo, dal quale proveniva sempre freddo.
Nessuno se ne accorse, a parte Faria stesso; un giorno mi stava parlando degli utilizzi delle anfore in terracotta, quando notò la mia disattenzione.
Mi si avvicinò e si inginocchiò alla mia altezza per guardarmi negli occhi.
<< Ascolta, ragazzina, adesso mi devi dire che c'hai. Io ho accettato di spiegarti delle cose supplementari alla scuola solo perché mi hanno convinto i tuoi, ma sappi che se ti annoi, io ho ben altro da fare che starti appresso >> mi disse bruscamente.
<< Mi scusi, signor Faria. Non è lei, davvero. È che venire qui non è lo stesso, senza Emma >> ammisi.
L'uomo mi guardò come se concordasse con me.
<< No, non è lo stesso. Manca la sua presenza petulante e sfacciata che aveva riempito la scena quando siete venute qui. Concordo con te, non siete la stessa cosa quando vi separate: è come se mi portassero una cornice senza il quadro dentro, o una tavolozza di colori senza i pennelli >> dichiarò infatti.
<< Già... >> sospirai. Aveva centrato in pieno il mio stato d'animo; da quando ci conoscevamo era sempre stata lei il Sole: io mi limitavo a brillare di luce riflessa.
<< Senti, ci parlo io con i Ferranti. Vedrai che li convinco >> mi promise.
Avrei voluto dirgli che nemmeno le cannonate facevano cambiare idea a quel mastino napoletano del signor Giulio, che aveva quasi ammazzato la figlia proprio per la sua richiesta di frequentare casa sua, ma mi trattenni: sperai davvero che il signor Ulisse riuscisse a fare il miracolo.

                                      ***

Si presentò a casa Ferranti il giorno dopo: quando la signora Amanda se lo ritrovò davanti sbiancò, poi però lo fece entrare senza obiezioni.
Faria fu molto pacato e gentile, disse che voleva parlare con il signor Giulio: sapeva benissimo che era lui il problema, non quella povera donna sottomessa che era sua moglie.
Non so cosa gli disse esattamente, né quale arti persuasive utilizzò, né tantomeno se San Gennaro o Santa Rosalia avessero messo una mano in testa al padre di Emma per farlo ragionare: il giorno successivo Emma mi aspettava per andare da Faria insieme.
<< Cosa ha detto il signor Ulisse a tuo padre, per convincerlo? >> le chiesi.
<< Che mi avrebbe tenuto del tempo lontana dai guai, evitando di rompergli le palle per un paio d'ore. Mio padre venderebbe il banco di fiori pur di non avermi tra i piedi per un paio d'ore, nel suo tempo libero! >> esclamò, ridendo nervosamente.
Mi dispiaceva che il suo permesso di andare dal falsario fosse stato così travagliato, ma in quel momento non contava più: lei sarebbe venuta con me, e le nostre lezioni sarebbero state molto, ma molto più coinvolgenti.

La ginestra e il girasole [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora