Capitolo 57

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Ho sempre pensato che la nebbia avesse un qualcosa di magico, che ha lo straordinario potere di uniformare l'ambiente circostante, e allo stesso tempo di separare le piccole isole di felicità dal mare magnum di disperazione che è il resto della nostra vita.
Ecco, la nebbia era stata una delle cose che più mi aveva affascinato della città di Torino, dove avevo passato gli ultimi due anni, insieme al cioccolato, ai misteri esoterici, ai portici, e soprattutto all'uomo che, dopo tanto tempo, era riuscito nella titanica impresa di farmi tornare a credere nell'amore: Andrea Bianchini.
Figlio di un industriale nel campo della cioccolata, l'avevo conosciuto in uno dei punti vendita della sua famiglia: i miei nuovi compagni di lavoro torinesi mi avevano consigliato un tipo di cioccolato al peperoncino, e non appena ci intruppammo - era stata una lunga giornata di scavi e non avevo molto guardato dove andavo a sbattere - e lui non solo mi aveva offerto la tavoletta che intendevo acquistare, ma anche tre tipologie di infusi per cioccolate calde e una confezione di bon bon fondenti, al latte e bianchi.
Ci eravamo frequentati per un periodo, dopodiché mi aveva presentato la sua famiglia; dopo un po' di esitazione mi era toccato presentargli la mia al gran completo: mia madre e mia sorella mi maledissero in privato per aver fatto fare loro tutta quella strada, ma che uno ricco come lui non avrei dovuto lasciarmelo scappare.
Una sera che si trovava da me, mi rivelò che i suoi genitori gli avevano affidato il compito di aprire una filiale a Roma, fortunatamente coincidente con la fine del bando per gli scavi a cui la nostra équipe di ricerca aveva lavorato per due anni.
Non mettevo piede nella mia città natale dal 2008, non avevo avuto particolari interessi nell'apprendere le ultime novità nel Quartiere quando i miei me le avevano raccontate, nemmeno i sensi mi si obnubilavano più al pensiero di Gabriele.
Ma soprattutto non sentivo più il peso del perenne paragone con Emma: sapevo che nell'ultimo periodo mi ero realizzata molto più di lei, e che avrei sicuramente contratto un matrimonio ben più prestigioso e felice del suo con Carmine.
Eppure mi metteva una sorta di ansia l'idea di tornare, un'agitazione che non avevo motivo di provare ma che invece era lì, ostinata, che mi aspettava al varco. Cercai di scacciarla, dimostrando ad Andrea tutta la contentezza possibile.

                                    ***

Arrivammo a Roma il giorno dopo, prendendo una stanza di un hotel in zona Piazza Risorgimento: l'idea di alloggiare in una delle parti più belle della mia città mi faceva vergognare di dover tornare nel Quartiere, di essere costretta a presentare ad Andrea il mio mondo e i suoi abitanti, uno per uno.
Gli avevo detto che laggiù la vita non era facile, che non eravamo persone facili e che me ne sono andata via apposta: ma un conto era raccontare a un giovane ricco di un luogo ai confini della città, che magari può considerare romantico e bohémien; un altro, invece, era portarcelo per davvero, nel mio luogo natìo, dove si moriva violentemente per una sciocchezza e la gente comunicava urlando dalle finestre e dai balconi.
Non avevo alcuna voglia di svelargli quei giorni in cui fumavo erba con Emma all'Incompiuta, in cui discutevo con le mie amiche del primo ragazzo con cui avrei fatto sesso, in cui mi sognavo Gabriele la notte e il giorno lui veniva a instillare incertezze in ogni mia scelta di vita.
Se avessi avuto la possibilità di un lavoro dall'altra parte del mondo, a occuparmi di scavi archeologici in Perù, o in Sudafrica, avrei accettato volentieri dicendo ad Andrea che non sapevo quando sarei tornata a Roma. Solo che Andrea avrebbe capito che era una scusa, magari avrebbe pensato che fossi una ragazza che ricorreva a bugie e mezzucci.
Ma quella era Emma, non io, per cui la sera successiva al nostro arrivo, gli dissi che quando voleva, quando aveva un attimo di tempo libero dal lancio della filiale, saremmo potuti andare nel Quartiere.

                                      ***

Venimmo in visita laggiù che mancava poco a Pasqua: Andrea aveva deciso di portare in omaggio ai miei alcune uova di cioccolato per i figli di Simona e Orlando; speravo che quella strega di mia sorella, almeno quella volta, gradisse il mio regalo.
Quando imboccammo il Viale dei morti ammazzati trattenni il respiro: Andrea guidava tranquillo, ma temevo che si tenesse dentro quello che pensava realmente del luogo in cui stavo andando. Il suo atteggiamento politically correct mi terrorizzava, anche se magari non ce n'era nemmeno motivo.
<< Quindi è questo il posto in cui sei nata e cresciuta? >> domandò dopo che ebbe parcheggiato.
<< Sì. Ma non parcheggiare qua. C'è troppa gente, potrebbero fregarti le ruote della macchina >> gli consigliai in tono teso. Ubbidì senza fare una piega, e dopo aver cercato e trovato un nuovo parcheggio, scendemmo dall'auto.
Le prime persone che incontrammo, però, non furono i miei familiari, ma Emma e Carmine. Vicini e sorridenti, sembravano due sposini felici, non certo una fedifraga patentata e il suo remissivo consorte. Ci stavano aspettando.
<< Bentornata, Leti! E a te, Andrea, benvenuto! >> esclamò la mia amica.
<< Voi dovreste essere Emma e Carmine... >> constatò il mio fidanzato, stringendo la mano ad entrambi. Quella di lei la strinse più a lungo, e tale gesto mi mise impercettibilmente a disagio.
<< Immagino che Letizia ti abbia parlato tantissimo di noi... >> commentò Emma.
<< Oh sì. Di voi e di questo posto >> rispose Andrea.
<< Sono cambiate tantissime cose comunque, siamo qui per farvi vedere tutti i cambiamenti! >> intervenne Carmine.
<< E le uova? Non è che si squagliano? >> chiesi, pensando alle facce incazzate di mia madre e di Simona all'idea di ricevere quattro uova di Pasqua mezze sciolte.
<< Per le uova non vi preoccupate. Le conserviamo nel nostro frigo fin quando non abbiamo finito di farvi fare il giro delle novità. Carmine, ci pensi tu? >> fece la mia amica.
<< Ok >> replicò questi, occupandosi dei nostri doni per la mia famiglia.
<< Dai, andiamo. Ti ho anticipato dell'arrivo di Luciano Sensi e Roberto Castroni? >> ci incalzò Emma, mettendosi in mezzo e prendendoci sottobraccio.
<< Gli ex compagni di università di Gabri, quelli venuti ad aiutarlo in agenzia? >> le chiesi.
<< Esatto. Sono bravi, sapete? Per essere due figli di papà sanno rimboccarsi le maniche. Senza offesa >> disse, rivolgendo le ultime due parole ad Andrea.
<< Figurati >> la tranquillizzò lui.
E con un'atmosfera incredibilmente distesa ci dirigemmo fino all'agenzia Altieri.

La ginestra e il girasole [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora