Capitolo 64

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Gabriele e io ci sposammo qualche mese dopo Dario e Marta; la scelta della data di nozze ricadde sulla metà di novembre, a ridosso dell'Estate di San Martino, e questa scelta mise d'accordo tutti: non era più un periodo troppo caldo, né ancora aveva cominciato a fare freddo sul serio.
La cosa che mi stupì di più fu che Emma non solo accettò di farmi da testimone, ma non fece alcuna battuta sarcastica di risentimento per il fatto che Gabriele avesse scelto me e non lei; non potevo fare a meno di paragonare quel giorno a quello delle nozze di Emma e Carmine, nel 2008: all'epoca il mio futuro marito si rifiutò di partecipare, mentre invece la mia migliore amica era lì tranquilla, elegante e sorridente come se ormai si fosse abituata ad una sedentaria routine all'interno del Quartiere, magari immaginando i suoi futuri figli; e ciò che ne dedussi fu che Gabriele era sempre stato innamorato di Emma, ma lei non lo era di lui, solo di sé stessa: gli uomini che aveva avuto erano stati tutti degli istinti, prontamente soddisfatti.

                                   ***

Ci trasferimmo a Londra, nella villa della contessa Anita Altieri, dove già vivevano Mario e Viviana, e questo fu per me un sollievo: ogni volta che tornavo nel Quartiere, dopo un po' di tempo non vedevo l'ora di allontanarmi di nuovo.
Mia madre e mia sorella non mi perdonarono quel trasferimento, il giorno in cui diedi alla luce il mio secondo figlio: durante il travaglio non fecero che dirmi che avrei potuto scendere io a Roma qualche giorno prima, che avevano dovuto lasciare la pizzeria per trovarsi lì con me e che avrei dovuto solo ringraziare la loro immensa generosità.
Gabriele e io chiamammo nostro figlio Alessandro, un nome che viene dal greco e significa "coraggioso"; pensai che non ve ne fosse uno più azzeccato: i nonni paterni erano passati dalle stelle alle stalle e si erano suicidati per il dolore uno dopo l'altra,  la famiglia materna era un esempio di umanità degradata dal contesto circostante; ci voleva un bel coraggio, a venire al mondo con una simile eredità.

                                      ***

Tornammo nel Quartiere solo per il battesimo di Alessandro, perché mia madre insistette che di quel sacramento si era sempre occupato Don Fernando per tutti i bambini della nostra famiglia, e che non potevamo certo aspettare questo bambino per cambiare la tradizione.
Quello fu l'ultimo periodo veramente sereno per Gabriele, ma anche per Mario: a partire dai primi mesi del 2015 i fratelli Altieri cambiarono atteggiamento; erano cupi, nervosi, non parlavano né con me né con Viviana, né tantomeno si confidavano con la ricca zia.
Tuttavia non ci diedi molto peso, perché poco tempo dopo - era quasi primavera, c'era appena stato un attentato dell'Isis a Tunisi - venne Emma a trovarmi a Londra: mi voleva parlare urgentemente.
Ci incontrammo in un bar della City.
<< Cosa volevi dirmi di tanto urgente? >> esordii.
<< Ho fatto una visita ginecologica >> cominciò.
Sapevo che voleva dei figli da Carmine, ma non erano ancora venuti: non sapevo se non s'erano impegnati abbastanza o se c'erano altri problemi. Lei non ne aveva mai fatto menzione, almeno fino a quel giorno.
<< Come mai? Hai problemi all'utero e non riesci a rimanere incinta? >> le chiesi allora.
<< È molto più semplice: non posso avere figli >> mi confessò, spiazzandomi letteralmente.
<< Non ho capito bene >> risposi perciò.
<< Hai capito benissimo, invece. Sono sterile, Leti. Non mi vengono i figli, e non c'è bisogno che tu dica niente, di bambini ne hai avuti due e non ho bisogno delle tue frasi di cordoglio tipiche di chi si sente in colpa >> replicò in tono neutro.
Non sapevo se dispiacermi o constatare che potesse essere un esito ovvio: se Emma avesse voluto dei figli, non avrebbe certo aspettato sette anni di matrimonio per metterli al mondo; la verità era che Carmine le bastava e avanzava come porto sicuro a cui attraccare ogni volta che rompeva con un amante, dei bambini sarebbero stati una catena definitiva che l'avrebbe obbligata ad appendere le mutande al chiodo e a fare la madre e la moglie come tutte le donne del Quartiere.
<< Non mi sento in colpa. È andata così. Non vuoi cordoglio? Non te ne darò >> commentai dunque.
<< Perfetto. Comunque vedi di non dirlo a nessuno >> concluse poi. Dopo qualche ora ripartì, lasciandomi lì col suo segreto.

                                      ***

Emma non tornò più sull'argomento per un anno intero, né io confessai mai quello che mi aveva detto, a Gabriele o a qualcun altro.
Quando mi parlava, era solo per gli auguri alle feste comandate o per raccontarmi quello che stava succedendo nel Quartiere: in quei giorni, laggiù l'aria si tagliava con il coltello; una scia di morti ammazzati s'era susseguita tra la metà del 2015 e i primi mesi del 2016: l'ex detenuto Guido Arcangeli, arrestato mentre capeggiava una setta di tossici e pedofili; i fidanzati spacciatori Paolo Rizzo e Giovanna Di Meo, lui trucidato in carcere e lei suicida; gli sfortunati "pesci piccoli" Anja Ivanova  e il suo compagno Corrado Bruni, giustiziati in una via del centro; Matteo Baschetti, crivellato di colpi davanti alla fidanzata Giada Santini, poco prima delle loro nozze; la liceale Claudia Ciarelli e il suo ragazzo Angelo Santocastro, proveniente dal Villaggio Castaldo come Rocco Piaggi, l'ex fidanzato di Emma ai tempi della scuola; Lucia, figlia del potente costruttore Ruggero Di Maggio, e Andres Gijon, figlio della governante di Italo Bianchi, uccisi sulla strada per l'aeroporto di Fiumicino e seguiti poco tempo dopo dalla madre del ragazzo, Carmen, e dalle sue "guardie del corpo" Vargas e Velazques.
A tutti questi morti, trascinati in mezzo nella guerra tra Bianchi e Di Maggio per il predominio sullo spaccio di droghe a Roma, s'era aggiunto un altro fatto strano: un giovane uomo di nome Marco Anselmi s'era trasferito nell'appartamento di fronte a Laura e Giovanni Santini, e spesso lo andava a trovare Enrico Baschetti, uno degli uomini più fidati del Conte Bianco.
Una notte il mio cellulare squillò, svegliandomi di soprassalto.
<< Oddio, chi è? >> feci, trasalendo e svegliando anche Gabriele.
<< Sono Emma >> rispose la mia migliore amica dall'altra parte dello schermo.
<< Ma come cazzo ti viene in mente di chiamare a quest'ora? >> berciai ancora assonnata.
<< Dovete assolutamente tornare. Il Quartiere ribolle come una pentola. Sta per succedere qualcosa di grosso! >> mi rivelò concitata.
<< Si vabbè, grosso... >> la presi in giro. Gabriele mi guardava attentamente.
<< Non scherzare, Leti. È una cosa seria. Qui se è come penso io salta tutto, veramente esplode un intero sistema, e lo sai come vanno queste cose: bisogna affannarsi per prendere qualche pezzetto e guadagnarci >> rispose, e attaccò prima che potessi replicare.
<< Chi era? >> domandò Gabriele.
<< Emma >> dissi.
<< E che voleva? >> chiese.
<< Mi ha parlato in codice, sembrava che vaneggiasse. Dobbiamo tornare nel Quartiere per capire cos'è successo >> decretai.
La mattina dopo eravamo già sul primo volo per Roma.

La ginestra e il girasole [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora