Capitolo 30

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Per tutto il tempo che rimaneva tra il ritorno a Roma e la fine della scuola non persi di vista un attimo né Gabriele né Emma, anche se ognuno di loro sembrava tornato alle rispettive vite: lui con Irene, lei con Rocco.
Anch'io mi rilassai un po', dividendomi tra lo studio prima dei quadri e Annibale: con lui riuscivo a pensare ad altro, i fantasmi di Como svanivano quando gli ero accanto.
Ma verso la fine di maggio qualcosa spezzò la quiete provvisoria che mi aveva disteso fino ad allora; Irene non stava bene quel giorno, me ne accorsi benissimo stando al banco insieme.
Aveva gli occhi rossi circondati da profonde occhiaie bluastre: sembrava che avesse pianto e passato la notte insonne.
Non capivo fino in fondo cosa poteva esserle successo, sebbene avessi dei sospetti: sperai con tutto il cuore di sbagliarmi.
A ricreazione la seguii, trovandola poi in bagno a piangere, china sul lavandino.
<< Ire, cos'è successo? >> le domandai.
<< Mi ha lasciata, Leti. Gabriele, mi ha lasciata ieri... >> mi rispose disperata.
<< Come sarebbe a dire che ti ha lasciata? >> chiesi, avvicinandomi a lei.
<< Ha detto che tra noi non c'è più niente, che la nostra storia non va da nessuna parte... >> continuò Irene piangendo.
<< E per quale motivo? Gli hai chiesto se c'è un'altra? >> insistetti. Non potevo credere che non avesse sospettato nulla tra lui ed Emma.
<< È stata la prima cosa che gli ho chiesto, ma lui mi ha giurato di no. Ha detto semplicemente che la passione è finita >> mi confidò.
Avrei voluto gridarglielo in faccia, che un'altra c'era eccome, che era Emma e che in quel momento mi vergognavo di essere amica sua, per quello che aveva fatto. Ma non ne ebbi la forza. Non avevo mai la forza di fare niente, io, e all'improvviso mi fu perfettamente chiaro perché Emma aveva avuto Gabriele e io no: perché non aveva paura di bruciarsi, perché si lanciava nell'ignoto, perché se ne fregava altamente dei giudizi, delle malelingue, delle etichette che le appiccicavano addosso da quando era nata.
Se l'era meritato, perché aveva avuto il coraggio di rischiare per lui, lo stesso coraggio che a me era mancato.
Che mi mancava anche in quel momento, per confessare a Irene quello che avevo visto.
<< Mi dispiace, Ire. Mi dispiace davvero >> seppi dire solamente.

                                      ***

Mi metteva il nervoso vedere Emma che si comportava come se nulla fosse accaduto, come se non fosse nemmeno un po' sua la colpa se Irene e Gabriele s'erano lasciati.
Ma specialmente mi faceva ribrezzo come faceva finta di niente con Rocco, facendosi tra l'altro coprire di regali da quest'ultimo: regali che non si sa con quali soldi le comprasse, e mi chiedevo se Emma non ne sapesse davvero la provenienza o se la sapeva ma ci lasciava credere tutti che cascasse dal pero; a me quei soldi sapevano di sporco, forse erano insanguinati o impolverati di coca.
A giugno, poco dopo l'uscita dei quadri, arrivò nel Quartiere accompagnata dal ragazzo, a bordo di una decappottabile rossa fiammante.
Mi parve strano: Rocco non era nostro coetaneo? Come faceva ad avere già la patente.
<< Ciao, Leti! Hai visto che macchina figa? >> esordì a voce alta. Sembrava voler farsi sentire da tutto il Quartiere.
<< La tua amica qui non vedeva l'ora di fare l'entrata trionfale... >> commentò Piaggi.
<< Conoscendola immaginavo... >> dissi sforzandomi di sorridere.
<< Oh, io vado a salutare i tuoi, vieni con me? >> cambiò discorso questi, uscendo dalla macchina.
<< No, vabbè. Mio padre mi vede pure troppe ore al giorno... E poi devo parlare con Leti della sua media stellare... >> rispose Emma, rivolgendomi un gran sorriso. Sapeva benissimo che non approvavo tutto ciò.
<< Ok, a dopo allora >> si congedò Rocco. Lo guardammo andare via.
<< Mi stai biasimando, vero? >> mi chiese poi, quando fu sicura che il fidanzato si fosse allontanato.
<< Perché hai mentito sull'età di Rocco? Perché hai detto che aveva sedici anni quando ne ha palesemente diciotto? >> cominciai.
<< Non sono io che non te l'ho detto. Sei tu che non me l'hai chiesto >> rispose lei tranquilla.
<< Cazzo, Emma... L'età di Rocco è solo la punta dell'iceberg... E questa macchina? E i regali? Ti sei mai chiesta da dove provengono i soldi con cui te li compra? >> sbottai allora, anche se a bassa voce.
<< Hai paura che siano sporchi? Perché, credi che i soldi delle nostre famiglie, di tutti gli abitanti di questo posto siano puliti? >> mi provocò.
<< Pensavo che avessi ambizioni più alte che fare la donna del boss... >> ribattei.
<< Mi annoia, questa conversazione. Mi sa che dovevo andare con Rocco a salutare i miei... >> fece lei, aprendo lo sportello e scendendo dall'auto.
<< Emma, non puoi fare così! Cazzo, stavamo parlando! >> cercai di fermarla, ma fu più veloce di me.
<< E adesso non mi stai parlando più! >> replicò, mentre si dirigeva verso la piazza.

La ginestra e il girasole [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora