Capitolo 66

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Passarono tre mesi esatti tra il suicidio di Laura e la fuga di Emma: pensavamo che dopo la morte della Santini e l'assalto del Quartiere da parte di polizia e stampa, quella torbida storia finisse lì, e che ognuno di noi potesse tornarsene per la sua strada, magari con un po' di vergogna per aver coperto un criminale per anni, ma almeno con un atteggiamento un po' più low profile.
Soprattutto però, non avremmo mai pensato che Emma potesse c'entrare in qualche modo in quella vicenda: tornare in questo posto mi ha spinto a cercare, nella storia della nostra amicizia, le cause che potevano averla portata ad invischiarsi in simili loschi traffici.
Quando ho deciso di mettere le mani nel passato, sapevo benissimo che sarei andata incontro ad una battaglia la quale al 99% era persa in partenza: il passato sfodera, come assi nella manica, emozioni provate al suo tempo, ma talmente indimenticabili - nel bene e nel male - che ogni azione compiuta nel presente appare sbiadita, pallida e incolore; e non puoi nemmeno fare appello a quell'1% di possibilità di vittoria: è come se non esistesse, vince sempre lui.

                                    ***

Suono a casa di Carmine: ormai sto più lì, o in commissariato, che a casa Altieri.
<< Sei stata dalla polizia? >> mi chiede.
<< Sì, come al solito. Il commissario Fortis mi ha fatto un sacco di domande >> gli rispondo.
<< Lui e la Pellegrino sono stati anche qui, e mi hanno riempito di domande. Sai qual è la cosa più assurda? >> mi fa. Immagino quello che sta per dirmi, ma lo lascio parlare.
<< No, qual è? >> domando allora.
<< È che più mi fanno domande su Emma, più mi sembra di non conoscerla, di non averla mai conosciuta davvero >> sospira.
Non me ne stupisco, d'altra parte Emma è sempre stata brava a mascherare le sue emozioni, proprio perché erano troppe, caotiche e devastanti, come aprire un Vaso di Pandora: solo che quel vaso doveva rimanere debitamente sigillato, anche se il prezzo era l'infelicità.

                                     ***

Non vedo l'ora di andarmene da qui, sapere che il mistero della sparizione di Emma è stato risolto e non tornare in questo posto di merda per i prossimi mesi, magari anche i prossimi anni: ogni ora che passo in questo posto mi distrugge dentro, mi sussurra subdolamente all'orecchio che posso allontanarmi quanto voglio ma basterà un minimo avvenimento per riportarmi in mezzo a questo covo di vipere, a questo imbuto che quando ti risucchia non ne esci più.
Così continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinti senza sosta verso il passato: questa era la frase finale del romanzo "Il grande Gatsby" di Fitzgerald; anche lì il protagonista e la donna che ama, Daisy, tentano di scappare da un passato comune che li ha visti amarsi alla follia, ma col solo risultato di provare più desiderio di prima.
Ho intenzione di chiamare Gabriele, sebbene abbia perso interesse per tutta questa storia: dice che questa è una storia che riguarda Emma e me, che lui non c'entra niente; in realtà c'è sempre entrato, ma era costantemente in bilico tra due fuochi. La verità è che, seppur sposando me, non ha mai veramente fatto una scelta definitiva, per questo non ha voglia di essere coinvolto nella ricerca di Emma: una piccola parte di lui è ancora presa da lei, ma non gliene voglio fare una colpa. No, qui è altra la gente da colpevolizzare: sono le comari affacciate ai balconi, le casalinghe che spiano dalle finestre, i commercianti che spettegolano sugli usci delle loro attività, i perdigiorno stravaccati sulle sedie ai tavoli del bar Martini. Parlano di Emma, dicono che è sempre stata una testa matta, ma la verità è che non sanno nulla di lei, come non sanno nulla di chiunque finisca bersaglio delle loro parole, che dure come pietre lapidano la vittima prescelta fino a farla fuori.
Questa è una cosa che mi fa venire letteralmente il sangue al cervello, perciò, con un inaspettato coraggio che non credo di avere mai posseduto in vita mia, mi piazzo al centro tra quattro casermoni e grido: << DIVERTENTE, VERO? IERI TOCCAVA AD ITALO, OGGI AD EMMA, MA UN GIORNO ANCHE PER VOI, PER TUTTI VOI, FINIRÀ COME NON DOVEVA! >> .
Dopodiché mi sento bene, per la prima volta dopo parecchi giorni.

La ginestra e il girasole [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora