Capitolo 35

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Mi misi in testa di fare quello che mi aveva chiesto Sonia, ma stranamente non la trovai in casa: sua madre disse che era al banco di fiori, a lavorare; mi parve insolito: non si faceva più vedere nella piazza principale dall'inizio di settembre.
Quando le chiesi il motivo, mi disse che mia sorella aveva voluto anche lei, insieme al signor Giulio e a Beatrice, nell'allestimento delle decorazioni per il matrimonio con Orlando; mi parve abbastanza strano che fosse stata Simona a volerla - non aveva mai potuto sopportare Emma né avrebbe cominciato in quel mentre, a tre mesi dal Terzo Millennio - e cominciai a pensare seriamente che fosse stato il giovane Floris a fare il nome della mia amica per questo importante compito, forse in nome di un'antica simpatia risalente al 1995, poco prima che lei e io ci prendessimo la licenza media.
Ad ogni modo volevo sentirlo dire da lei: non ero sicura che ad uscire dalla sua bocca sarebbe stata la verità, ma comunque avrei tentato.
La risposta a Sonia si palesava senza troppe indagini: Emma non la stava accannando, era solo molto impegnata.

                                      ***

Mi diressi perciò in piazza, dove il signor Giulio mi disse che Emma stava sul retro del banco, a fare le composizioni per Simona e Orlando, e mi esprimeva le sue congratulazioni come se si fossero già sposati.
Quando la vidi sembrava una di quelle creature mitologiche per metà umane e per metà animali: portava i guanti, il grembiule, maneggiava diserbanti e cesoie, ma non rinunciava ai vestiti e alle calzature eleganti; se in un primo momento avevo dato subito torto a Sonia e alle sue vere e proprie illazioni su Emma, a vederla in quello stato ambivalente non sapevo più cosa pensare.
Levò gli occhi verso di me nel momento in cui stava tagliando un ramo secco. Sorrise soddisfatta.
<< Hai visto che tua sorella non disdegna le mie creazioni? >> mi fece presente.
<< È strano. Non ti sei chiesta perché? >> replicai.
<< Sinceramente non me ne frega molto, l'importante è fare pratica >> ribatté.
<< E i vestiti? Ci state più lavorando, tu e Sonia? >> chiesi allora.
<< Certo che ci stiamo lavorando. Stiamo raccogliendo le idee. Intanto faccio anche altro >> mi rispose tranquillamente.
Non avevo idea se crederle o no. Lei era la mia migliore amica, avrei dovuto darle ragione a prescindere; d'altra parte, però, se Sonia era venuta a farmi presente il nuovo modo di porsi di Emma, significava che quest'ultima gli aveva dato appiglio per dubitare su tutto, a partire dalla loro amicizia e collaborazione.
Mentre rimuginavo su tutta la situazione, potò un altro ramo.
<< Ma tu sempre con i libri in mano stai? >> domandò poi.
<< Voglio ricordarti che quest'anno abbiamo la maturità. Dovresti pensarci anche tu >> le ricordai.
Passò alcuni minuti in silenzio, poi piantò i suoi occhi nei miei.
<< E certo che ci penso. Ma la prendo in maniera scialla. Tu invece ti stai preoccupando troppo, va a finire che entro gennaio del 2000 ti verrà la gastrite... >> affermò, posando le cesoie e cominciando a spruzzare il diserbante sulle foglie.
Era una di quelle frasi a cui non potevo controbattere. Da un po' di tempo mi cadevano le braccia davanti alle sue uscite.

                                      ***

Ma il punto era che Emma, pur con tutti i suoi ragionamenti sui generis, aveva indovinato una cosa importante: mi stavo attaccando allo studio come se fosse l'unica via d'uscita possibile dal mondo in cui vivevamo, solo che era veramente così; la cultura e il sapere mi parevano davvero le uniche maniere di affrancarmi dallo stereotipo di donna in particolare e di persona in generale nata e cresciuta in un posto come il Quartiere, dove le regole non scritte ti portavano agli unici sbocchi di criminale, di colluso o di manovalanza, maschio o femmina che fossi. Ormai avevo conosciuto troppo il mondo esterno - e lo avrei conosciuto ancora di più visto che si vociferava di una gita scolastica ad Amburgo, in primavera - per accontentarmi di una vita recintata in confini ben precisi e invalicabili che mi sarebbe spettata se anche avessi conseguito il diploma di liceo classico: non potevo fermarmi lì, sentivo che dovevo continuare a studiare, anche se mia madre non fosse stata d'accordo e mi avesse soffocato di paragoni con Simona talmente tanto da seppellirmici sotto. Viva.

La ginestra e il girasole [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora