Capitolo 65

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Non ricevemmo la migliore delle accoglienze dalla mia famiglia: specialmente mia madre, appena suonammo al campanello fece una smorfia di disappunto.
<< E voi che ci fate qui? >> esordì, aprendoci la porta.
<< Ciao, mamma. Anch'io sono felice di vederti >> risposi sarcastica.
<< Fai 'ste cazzo di sorprese e hai anche il coraggio di essere spiritosa... Comunque come mai siete a Roma, senza i bambini, per giunta? >> ricominciò lei.
<< Camilla e Alessandro stanno con gli zii e con la prozia >> replicò Gabriele.
<< Siamo venuti a Roma perché Emma ci ha detto che sta succedendo qualcosa, qui nel Quartiere >> spiegai.
<< Sta succedendo più di qualcosa. È pieno di sbirri, da quando si sente di tutti quei morti al telegiornale. Cosa cercheranno qui, proprio non lo so... >> sbuffò mia madre.
Invece sì che lo sapeva. Lo sapevano tutti. Erano talmente omertosi da coprire Italo, ma avevano paura di una nuova ritorsione da parte di qualche uomo di Di Maggio, magari residente al Villaggio come Rocco.
Non volevo rientrare in questo meccanismo infernale, desideravo solo una vita tranquilla accanto all'uomo che amavo: invece Emma ci aveva trascinato di nuovo in quello schifo, dimostrandoci ancora una volta che per quanto potessimo scappare, la nostra provenienza sarebbe stata sempre lì, ad aspettarci al varco.

                                     ***

Ci sistemammo nel vecchio appartamento degli Altieri: quelle scale mi facevano sempre un po' impressione, da quando ci avevamo ritrovato la signora Agata penzolante da una corda alla ringhiera.
<< Ma non ti è mai venuto in mente di venderlo? >> gli domandai per curiosità.
<< C'è comunque un pezzo della mia vita qui, dovresti saperlo >> mi rispose lui.
Quella scelta di tenersi l'appartamento dei genitori, da parte dei fratelli Altieri, non l'avevo mai capita: non solo perché ormai abitavamo tutti a Londra, ma anche perché c'erano dei ricordi talmente dolorosi che al posto suo avrei voluto tagliarli via come si fa con una parte del corpo invasa dalla cancrena.
Aprii le finestre mentre Gabriele portava dentro le valigie: non vedevo più quel triste panorama da un anno, ma mi bastò un'occhiata al cortile interno ormai abbandonato dalle nuove generazioni che preferivano smartphone, tablet e PC, ai balconi scorticati dalla ruggine dove i proprietari spiavano i dirimpettai, agli usci dove i portinai sparlavano di chiunque, per darmi quasi l'idea di non essermene mai andata.
<< Quando vedi Emma? >> domandò mio marito.
<< Non lo so, non mi ha ancora scritto. Ma verrai con noi, giusto? >> risposi.
<< Macché... Sicuramente Carmine nemmeno ci sarà, è una roba tra voi. C'entrerei come i cavoli a merenda... >> commentò.
<< E che farai nel mentre? >> gli chiesi.
<< Un giro, magari a trovare dei vecchi amici che forse pensano che sia morto... >> rise amaramente lui.
Non capivo il motivo di tutto quel mistero, ma neanche di tutta quell'amarezza.

                                     ***

Emma mi diede appuntamento al bar Martini, a quello che era sempre stato il nostro tavolo, dove ci scambiavamo le confidenze da adolescenti.
Aveva continuato a tenere i capelli rosso chiaro e della stessa lunghezza, anche se pettinati in modo diverso; indossava una giacca nera, una canottiera rossa, scarpe col tacco dodici dello stesso colore e jeans stretti; io avevo un vestito azzurro polvere, calze color carne e dei tronchetti neri col tacco largo.
<< Non pensavo che mi dessi appuntamento qui >> commentai.
<< Non mi va poi così stretto questo posto >> mi rispose tranquilla.
Ordinammo due cappuccini, come facevamo un tempo.
Mi aspettavo che cominciasse a raccontare tutto quello che le passava per la testa, come un fiume in piena, come facevamo quando ci rincontravamo, dopodiché avrei fatto lo stesso; a trentacinque anni ci sentivamo come due sopravvissute, due reduci che hanno affrontato di tutto: i processi alle Brigate Rosse, la Cometa di Halley, il Crollo del Muro di Berlino, la nascita dell'Unione Europea, le Stragi di Capaci e Via d'Amelio, la fine di Tangentopoli, il tentativo fallimentare dell'ECU, l'attentato alle Torri Gemelle, l'introduzione dell'Euro, lo tsunami nel sud-est asiatico, la nascita di YouTube, la morte di Giovanni Paolo II e l'elezione di Benedetto XVI, il matrimonio tra Carlo d'Inghilterra e Camilla Parker-Bowl, la crisi finanziaria, quella del debito pubblico, l'affondamento della Costa Concordia e la paura della fine del mondo, e poi il terrore seminato dall'Isis, che da mesi portava le grandi città europee a circondarsi di militari in tutti i luoghi pubblici.
Ogni volta ci guardavamo intorno, vedevamo gli adolescenti chini sugli smartphone e decretavamo che erano fortunati a non aver conosciuto altro che un mondo libero, ma che la loro vita sarebbe stata vuota e senza stimoli: noi eravamo la cosiddetta "Generazione X", nate nel pieno della Guerra Fredda, e la nostra memoria storica cominciava coi Mondiali di Spagna del 1982, ma almeno potevamo dire di aver vissuto sulla nostra pelle cambiamenti epocali.
Quella volta, però, rimanemmo in silenzio per cinque minuti, sorseggiando i nostri cappuccini, prima che lanciasse una frase lapidaria, come se fosse una pietra.
<< Mi vedo con uno >> confessò.
<< Sai che novità >> risposi. L'infedeltà di Emma nei confronti di Carmine non era più un segreto per nessuno.
<< Mi viene sempre a prendere sotto casa. È ricco >> aggiunse.
<< E chi sarebbe il fortunato? >> domandai con tono di sfottò.
<< Questo non te lo posso dire. Non lo posso dire a nessuno. Ma è necessario  che mi veda con lui, specialmente adesso che qui sta per succedere un casino >> concluse lei, con aria cospiratrice.
Non riuscii a capire quello che mi stava dicendo, a dire la verità non stavo capendo niente da quando Gabriele eravamo tornati laggiù.

La ginestra e il girasole [Saga del Quartiere Anceschi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora