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Le giornate passavano tranquille con gli unici pensieri rivolti all'esame...
...E a Bakugou.
Aveva promesso di non ricascarci, eppure era accaduto.
Sapeva che quei sentimenti non erano corrisposti: innanzitutto l'altro non gli faceva intendere che avesse i suoi stessi gusti, inoltre sembrava che il biondo gradisse la sua compagnia solo per uscire o per le ripetizioni.
Nulla che gli facesse capire che poteva essere interessato a lui sotto altri aspetti.
Era raro che andasse a trovarlo a bar, ma era una piacevole compagnia quando si fermava con lui a fine turno.
Facevano anche il pezzo di strada in comune al ritorno!
Aveva notato un nuovo cliente assiduo.
Era un uomo sulla cinquantina, vestito sempre in tiro con giacca e cravatta, mentre i capelli brizzolati erano tirati indietro a lucido da lacca o gel.
"Chiede sempre di me e mi lascia sempre la mancia." confessò una di quelle sere al biondo.
"A me non piace: ti fissa tutto il tempo. Non fidarti."
A quella strana risposta batté un paio di volte le palpebre, scoppiando poi a ridere subito dopo.
"A te non piace nessuno. Secondo me apprezza solo come svolgo il mio lavoro."
Il mugugno di Bakugou lo fece leggermente accigliare, ma non gli dette molto peso.
Era prossimo alla data dell'esame, l'ansia iniziava a farsi strada in lui.
Se lo avesse superato, avrebbe probabilmente messo fine alle ripetizioni, ma in caso contrario, sarebbe finito in pronto soccorso, mettendo fine anche a quelle uscite.
Non poteva deluderlo: ce l'avrebbe fatta, ne era sicuro.
E fu così che il fatidico giorno arrivò, ma Kirishima non si presentò.
Era in confusione totale.
Non aveva compreso bene cosa fosse successo.
E soprattutto perché quell'uomo lo aveva legato con le braccia sollevate.
La sera precedente era uscito dal bar.
Bakugou non era andato al locale, quindi, una volta finito il turno, aveva chiuso in orario e si era diretto verso casa.
Mentre stava cercando le chiavi dell'appartamento, si era sentito braccare con un fazzoletto appoggiato sul viso, perdendo i sensi poco dopo.
Quando si era risvegliato, la luce, nonostante fosse fioca per il neon sporco come il luogo in cui si trovava, gli aveva fatto venire subito un gran mal di testa.
Una risata bassa e cupa attirò la sua attenzione, rivelando il suo rapitore.
Tentò di dirgli qualcosa, ma la benda sulla bocca gli impediva di far uscire le parole rendendole dei mugugni incomprensibili.
"Ti ho seguito ogni giorno. Ho atteso la sera in cui fossi solo per prenderti con me. Ora non ti lascerò più andare: diventerai il mio sottomesso perfetto. Chiunque vorrebbe averne uno con il tuo fisico e il tuo sorriso. Perché continuerai a sorridere, ma da adesso in poi sarò l'unico al quale dovrai farlo."
Il terrore prese il sopravvento sulle altre emozioni: lui, che si fidava sempre di tutti quelli che gli sorridevano, si era fatto abbindolare finendo nelle mani di un depravato.
Nessuno in quello scantinato avrebbe udito le sue urla, venendolo a salvare.
Nessuno lo avrebbe trovato.
Doveva forse aspettare che si accorgessero della sua assenza?
L'uomo gli andò alle spalle, spostando la benda dalla bocca agli occhi.
La paura di non vedere cosa gli voleva fare, lo fece rabbrividire.
"Non aver paura, ti farò star bene, ma non devi farmi arrabbiare. Dovrai solo fare quello che ti ordinerò: non ci saranno punizioni se collaborerai."
La risata dell'uomo era sadica, quanto terrificante, scatenata dall'averlo sentito ingoiare a vuoto.
Iniziò a percepire le sue mani sotto la sua maglia, provocando brividi a lui sconosciuti, ma per nulla piacevoli.
"Ti prego, lasciami andare. Non farò parola con nessuno di quello che è successo."
"Continua ad implorarmi, disperati, piangi: mi stai eccitando."
Una goccia di sudore gli percorse il bordo del viso, morendo sulla stoffa della t-shirt.
Con uno strattone ai capelli, la testa venne tirata verso l'alto, mentre la lingua umida dell'uomo attraversava la sua gola.
Provò a ribellarsi, ma le gambe, rese divaricate appena, erano state legate anch'esse a un qualcosa che non riuscì a vedere.
La stretta fra i suoi capelli si fece più rigida, accompagnata da un grugnito nervoso.
"Stai fermo."
Era forse una minaccia?
Sì, lo era sotto ogni aspetto, visto il pizzico forte su uno dei suoi capezzoli.
Iniziava a capire quali fossero le intenzioni di quell'uomo: non voleva.
Voleva scappare, tornare a casa, anzi sarebbe andato a casa di Bakugou e gli avrebbe detto tutti i suoi sentimenti.
Le conseguenze non gli interessavano: voleva fargli sapere che era innamorato di lui, che era diventato il suo chiodo fisso.
Sentì freddo alle gambe, cercando di divincolarsi quanto più riusciva, ma la mobilità era ridotta anche dalle mani dell'uomo poggiate saldamente sui suoi fianchi.
"Lasciami andare! Non dirò niente a nessuno! Non voglio!"
Le parole vennero sostituite da un urlo di dolore mentre sentiva le proprie carni stringere il membro rigido dell'altro.
Aveva sperato che la sua prima volta sarebbe stata con Bakugou, se avesse accettato i suoi sentimenti.
Aveva sempre sognato che se fosse accaduto, sarebbe stato con la persona che amava.
Doloroso, fisicamente e psicologicamente.
Non smise un secondo di piangere, sentendosi sporco quando lo sperma disegnava linee casuali sulle sue gambe mentre scivolava fuori dalla sua apertura.
Si era addormentato con una smorfia di dolore, ma al suo risveglio capì che l'inferno era appena iniziato.
Sdraiato, con le braccia e le gambe divaricate, supino e con la testa bloccata in una morsa come se fosse la ghigliottina: ora, una volta spento il suo sorriso perenne, desiderava solo di morire.

Sunshine [Bakushima]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora