Era strano essere trattato nuovamente bene.
Sua mamma e i medici avevano fatto tutto il possibile per aiutarlo, ma a parte la prima, gli altri avevano solo svolto il loro lavoro, probabilmente dimenticandosi di lui una volta uscito dall'ospedale.
Ed ora era seduto al tavolino della sua camera, matita alla mano e libro davanti, mentre cercava disperatamente di capire quell'esercizio di matematica.
"Ma sei scemo o cosa?! È uguale a quello di prima!"
Sicuramente il carattere del biondo non lo faceva sentire propriamente trattato bene, ma almeno non stava in sua compagnia perché era un oggetto.
Perché proprio così si era sentito quando quell'uomo lo prendeva come meglio gradiva.
Un oggetto inanimato, quasi una bambola priva di sentimenti, che serviva solo a soddisfare le perversioni più disparate.
Si era fatto coinvolgere dai propri pensieri così tanto, che una sonora pacca sulla testa lo riportò alla realtà.
"Mi stai ascoltando?!"
Annuì passandosi la mano sulla parte lesa e si rimise a leggere per l'ennesima volta il quesito matematico.
Alzò leggermente lo sguardo dal libro, osservando i lineamenti del ragazzo di fronte a sé: benché in quel momento avesse un'espressione seria ed imbronciata, i tratti erano fini, quasi delicati.
Tornò a guardare la pagina solo quando gli occhi rubini si spostarono sui suoi, arrossendo lievemente.
"Bakugou, cosa sai di quel che mi è successo?" domandò titubante, rialzando lo sguardo.
Gli sembrò di vederlo rabbrividire prima del sospiro.
"In televisione e sul network ne hanno parlato parecchio. Non so quanto di quello che si è detto sia vero. So solo che non è stata una bella esperienza."
Forse era la prima volta che usava con lui quel tono di voce pacato.
Annuì con un mugugno, per poi allungare il libro, indicando un punto sulla pagina con la punta della matita.
"Quindi se moltiplico x per y ottengo z?"
Doveva cambiare subito argomento.
Quello era l'unico momento della giornata dove non veniva perseguitato dai fantasmi: aveva sbagliato a tirare fuori la questione, soprattutto con quel ragazzo che si stava tanto sforzando di aiutarlo.
Anche quel pomeriggio trascorse tranquillo, come quelli che seguirono.
Dopo circa una settimana da quella domanda, si ritrovò ad addormentarsi, ciondolando con la testa mentre la matita gli scivolava dalle dita.
Bakugou, per quanto sbraitasse quasi tutto il tempo, in qualche modo lo rilassava.
Poi tornavano, quelle mani protese verso di lui che lo afferravano per i capelli, lo toccavano senza meta, lo violavano. La voce non usciva, bloccata da una presa salda alla gola, mentre occhi sconosciuti lo puntavano tra sorrisi e risate macabre.
Si svegliò tra le lacrime, accorgendosi solo in quel momento di essere sul suo letto e di aver afferrato con forza la maglia del ragazzo che gli era seduto accanto.
Quei rubini erano la sua maledizione: prese a singhiozzare vistosamente, nonostante sapesse di star facendo una pessima figura.
"Non andare via."
Prima lo allontanava e poi gli chiedeva di restare?
Coerenza zero.
Il problema è che non voleva proprio allontanarlo, voleva che rimanesse sempre con lui.
Perché era proprio al suo fianco che si sentiva al sicuro, che sentiva di poter tornare a vivere.
Un tocco delicato e un dolce profumo muschiato lo invasero, ritrovandosi tra le sue braccia e con la testa sul suo petto.
Fu così, che per la prima volta dopo tanto tempo, si fidò di qualcuno.
Prese a raccontare ogni cosa dando sfogo ad un continuo pianto.
Era una figura patetica, per nulla virile a detta sua, ma, senza volerlo, quelle braccia stavano diventando la corazza di cui aveva bisogno.
Voleva continuare a rimanerci per tutto il tempo, forse per sempre, riaccettando quei sentimenti che tanto lo avevano fatto soffrire. Forse avrebbe di nuovo fallito, ma non importava: finché Bakugou gli fosse rimasto accanto, avrebbe potuto superare ogni cosa.
Avrebbe permesso all'altro di raggiungere il suo obiettivo: fargli superare l'esame.
Un obiettivo alquanto insolito, il biondo poteva aspirare a molto di più, ma non importava: finché poteva rivedere quei rubini ed avere quel posto tra le sue braccia, andava bene.
"È tutto finito, Kirishima. Adesso ci sono qui io."
Probabilmente era la classica frase di circostanza, ma era come una ventata di aria calda, quella che fa pervadere da una bellissima sensazione.
Tirò su con il naso, distaccandosi leggermente per osservarlo: non gli piaceva quel viso preoccupato e triste.
Rivoleva il broncio costante, la voce alta, i gesti buschi, ma allo stesso tempo voleva rivedere quel sorriso che lo aveva fatto innamorare.
Era un male avere Bakugou costantemente presente, non avrebbe mai dimenticato quei sentimenti che facevano bene e male allo stesso tempo, ma era la terza volta che rientrava in quel vortice di emozioni.
"Mi sono innamorato di te."
La presa intorno alle sue spalle si fece lenta, lasciando che il freddo prendesse il posto da quel calore di poco prima.
Lo sguardo rubini si spostò seguendo la testa, evitando poi ogni contatto con lui.
Forse non era il caso di farglielo sapere.
Ora anche quei pomeriggi sarebbero finiti.
Ora sarebbe tornato ad essere solo.
Ci vuole un sacco di tempo per costruire un rapporto, qualunque esso sia, ma ci vuole un secondo per distruggerlo.
Anche con una frase.
Come quella che aveva appena pronunciato, sperando in qualcosa che forse poteva accadere.
Calò il silenzio ed abbassò la testa.
Faceva di nuovo male.
Si portò una mano a stringere la stoffa sulla maglia per fermare la coltellata che era arrivata.
Si era fatto prendere dal momento, aveva approfittato della situazione per permettere al cervello di spegnersi e alla bocca di pronunciare quelle parole.
Doveva rimediare: doveva dire qualcosa di stupido, doveva cancellare quel momento.
Non voleva di nuovo perderlo: era successo troppe volte e sapeva che non avrebbe retto ancora.
Accennò una risata imbarazzante, portandosi la mano dietro la nuca.
"Avevi un'espressione diversa e volevo sostituirla con una delle tue. Stavo scherzando."
Si era abituato ad essere spontaneo, rivelando da subito, con quel comportamento insolito, che stava mentendo.
Il sospiro del biondo ruppe quella risatina, spegnendola all'istante.
Si concentrò a guardare le sue mani, poggiate mollemente sulle sue caviglie, pur di celare l'imbarazzo, la vergogna, la voglia di sparire.
"Kirishima."
Era strano sentirsi chiamare senza nomignoli strani, forse perché la situazione era seria e delicata o forse perché bastava poco per distruggerlo definitivamente.
Due dita gli fecero sollevare la testa con un lento movimento e il contatto che ne seguì immediatamente dopo gli fece perdere un battito, poi il cuore prese a pompare rapidamente.
"Lo sono anch'io."

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Sunshine [Bakushima]
FanfictionNon è ambientata nella realtà della storia originale. Due ragazzi normali, senza poteri e minacce. Bakushima.