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Erano giorni che aveva perso il suo sorriso.
Forse troppo tardi aveva capito di aver avuto una sottospecie di colpo di fulmine.
Tardi perché spesso si trovava a pensare al biondo con il groppo in gola e gli occhi lucidi.
Non aveva smesso di andare in biblioteca.
Forse per rispetto nei confronti del biondo che si era preso l'impegno di aiutarlo nello studio, oppure semplicemente perché era l'unico modo per vederlo.
Cercava comunque di comportarsi normalmente: si sforzava di ridere e di fare qualunque cosa.
Le ore di sonno si accumulavano, una dopo l'altra: appena chiudeva gli occhi, il sorriso del biondo di quel pomeriggio gli faceva passare tutta la stanchezza, passando le notti in bianco.
Si era così scoperto innamorato.
Non che capisse qualcosa su questo tema, ma le ragazzine su internet definivano questa sensazione 'amore', quindi si era ritrovato innamorato senza accorgersene.
Nemmeno al bar o in palestra trovava sollievo.
Una sera una donna seduta al bancone gli raccontò del marito che era scappato con un'altra. L'aveva ringraziato per la forte empatia quando scoprì che la pelle ambrata era solcata da due lacrime solitarie.
Un pomeriggio di rientro dalla biblioteca, era talmente assorto dai propri pensieri, che per poco non ci rimise le penne.
Solitamente era un ragazzo diligente, senza colpi di testa strani, ma quel giorno non prestò minimamente attenzione a ciò che lo circondava.
Fu un attimo: le urla, il suono stridulo delle gomme sull'asfalto e il silenzio.
D'istinto aveva chiuso gli occhi, ma il calore che lo pervase fu tutt'altro che spiacevole: non percepiva dolore, solo un buon profumo.
"Che cazzo fai capelli di merda?! Vuoi per caso morire?!"
Alzò la testa e si trovò a pochi centimetri dal viso che tanto lo mandava in confusione.
Intorno a loro si creò una folla di persone che gli chiedevano se stesse bene, ma non rispose a nessuna domanda: il cervello andò in tilt.
"Ohi, stai bene?"
Si riscosse a quest'ultima, prendendo a guardarsi intorno.
Solo così si accorse che quella testa calda gli aveva appena salvato la vita.
Rassicurò i passanti e porse le sue scuse per aver creato scompiglio: qualcuno lo riprese per la distrazione, altri furono sollevati per il pericolo scampato.
Quando si voltò, il ragazzo non era più lì.
Decise di mandargli un messaggio per ringraziarlo, ma non si stupì di non ricevere la risposta.
La sera fu un continuo movimento: il locale era pieno, il caos regnava sovrano e le persone erano intrattabili.
Come se non bastasse, ad un tavolo poco distante dal bancone, la bionda provocava vistosamente Bakugou.
Inutile far conto dei bicchieri rotti o rovesciati, delle risposte stizzite che iniziò a dare o del fatto che ignorava quel tavolo, affidandolo al collega.
Lasciò il locale prima della fine del turno, quando la ragazza aveva posato le labbra su quelle del biondo.
Iniziò a vedere tutto sfocato e scappò, avvisando il titolare e i due colleghi di stare poco bene.
Non vide cosa accadde dopo, forse sarebbe stato meglio per lui, ma nella sua ignoranza rientrò in camera e prese a piangere sul letto, affondando il viso nel cuscino.
Amare faceva schifo.
Amare qualcuno di irraggiungibile faceva male.
Lui non voleva amare!
Non andò più in biblioteca: inizialmente la scusa utilizzata era che stava male, non andando nemmeno a scuola, in palestra e all'università.
Voleva star solo con il suo dolore.
Era la prima volta che si innamorava di qualcuno.
Aveva sempre pensato che la sua cotta potesse essere una ragazza, magari timida e gentile.
Non gli era nemmeno passato per l'anticamera del cervello che potessero piacergli tipi arroganti e scontrosi, ma soprattutto dello stesso sesso.
Forse era per questo che aveva sempre rifiutato le proposte delle ragazze e che si era sempre circondato di amicizie maschili.
Eppure, senza sapere come, invece di essere lui ad aver aggirato le barriere di quel ragazzo, era accaduto proprio il contrario.
Probabilmente si era indebolito: non poteva pensare a quel sentimento se aveva altri obiettivi.
Ma per quanto si sforzasse, non riuscì ad uscirne rapidamente, in quanto star chiusi in camera aveva dei vantaggi, come il salvarsi dalle domande inopportune, ma rendeva i pensieri più liberi, sovrastando il silenzio.
Spesso si chiedeva se quella ragazza conoscesse anche il lato pacato del biondo o se era attratta da lui solamente perché era uno stronzo.
Ogni volta che cercava di pensare ad altro, ecco che ricollegava ogni cosa a quel ragazzo.
Qualcuno era passato al dormitorio per fargli visita, ma non aveva nemmeno aperto la porta.
Non seppe quanto tempo trascorse lì dentro, forse settimane, uscendo dalla camera per prepararsi il cibo, ma una mattina si svegliò e decise che il momento di piangere era finito.
Non poteva buttare all'aria la sua vita per una persona, specialmente se questa continuava a chiamarlo con nomignoli poco gentili ed era impegnato con un'altra persona.
Fece un enorme respiro ed uscì da quella camera.
Nella sala comune incontrò qualche compagno di corso, chiedendo loro se potevano passargli gli appunti.
Era un inizio, nuovo, in cui doveva riprendere la sua quotidianità, dimenticando quel ragazzo e tutto ciò che ruotava intorno a lui.
Trascorsero altri giorni: lentamente aveva ripreso il controllo di ogni cosa, tornando persino a lavorare al bar.
Cercò di sedare una rissa, finendo con il labbro spaccato per una gomitata involontaria, ma affrontò il tutto con il suo sorriso ed una risata che sedò i due litiganti, trovandoseli ubriachi al bancone amichevolmente.
Tutto stava tornando alla normalità, ringraziando anche che il biondo non fosse più andato al locale.
Aveva anche cancellato il suo numero di telefono e i messaggi scambiati, anche se erano richieste di aiuto nello studio mix insulti.
Lentamente si sentì nuovamente felice, come se tutto quel dolore fosse stato solo un terribile incubo.
Magari anche Bakugou aveva capito che era meglio stargli alla larga ed evitando di incrociarlo, quel sentimento tanto doloroso sarebbe scomparso il prima possibile.
Si era ripromesso di non cadere più in quella ragnatela: mai più avrebbe permesso all'Amore di sfiorarlo.
Lo credeva fermamente, ne era convinto.
Convinzione svanita nell'istante in cui incrociò di nuovo i rubini.
Erano in mezzo ad un incrocio, entrambi fermi davanti al semaforo rosso, uno di fronte all'altro e in procinto di attraversare la strada.
Non si sarebbe mai immaginato di essere così codardo: aveva deciso di non attraversare la strada, proseguendo sul marciapiede e confondendosi con la folla.
Una mano sulla spalla lo fece fermare, tuttavia non si voltò, ma rimase comunque fermo.
Era troppo presto per parlargli nuovamente, per osservare il suo viso, per rimanergli accanto.
L'avrebbe mai superato?

Sunshine [Bakushima]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora