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Era un contatto nuovo, strano, diverso.
Le labbra del biondo erano morbide, ma la mente ancora invasa di ricordi ancora vivi non gli fece assaporare il momento, restando quasi immobile.
Allungò le braccia, circondandogli il collo, per tenerlo stretto a sé, quasi a non interrompere quel bacio.
Da parte sua, il biondo non cercava di forzare il rosso, ma quella stretta era un incentivo a continuare.
Se si fosse concentrato su chi aveva davanti, forse avrebbe superato tutto, vero?
Titubante, tremando appena, si abbandonò a quel contatto.
Era dolce, affettuoso, per nulla paragonabile a quello che aveva ricevuto.
Gli mancò il fiato, ma non per lo sforzo di non vomitare come quando la sua bocca era stata violata, ma per le emozioni forti che stava provando.
Gli mancavano anche le parole.
Cosa si diceva in questi casi?
Si diceva qualcosa, no?
Un bacio sulla fronte lo fece arrossire ancor di più, mentre le braccia dalla pelle pallida lo avvolgevano di nuovo per stringerlo a sé.
Sentiva il cuore del ragazzo battere forte: lo trovò un suono veramente bello, quasi cercasse di dirgli qualcosa che lui non capiva.
Probabilmente anche il suo era nel medesimo stato, ma anche del proprio non riusciva a comprendere cosa volessero dire quelle sensazioni.
Era quello che chiamavano "Amore"?
Nulla toglieva il fatto che quello era stato senz'ombra di dubbio il suo primo vero bacio.
E con la persona che gli piaceva!
Un momento: gli aveva detto che anche lui era innamorato.
Quindi era una cosa reciproca?
Quindi ora come doveva comportarsi?
Lui non era mai stato fidanzato!
E soprattutto, nella sua situazione, aveva persino paura di se stesso!
Si staccò appena, alzando lo sguardo per osservarlo.
Gli occhi si fecero grandi per lo stupore quando vide il viso imbarazzato del biondo.
I rubini vagavano per la stanza e quando si soffermarono sui suoi occhi, ci fu quello che comunemente si chiama "silenzio imbarazzante".
Una mano gli portò nuovamente la testa contro il corpo del biondo, tenendolo stretto, ma si ritrovò con il naso schiacciato e la mancanza di ossigeno iniziò presto a farsi sentire.
"Mi soffochi!" disse con la voce coperta mentre gli batteva una mano sulla spalla.
La presa si allentò appena, ma rimase.
Non seppe quanto tempo rimasero in quella posizione, ma aveva scoperto che gli piaceva.
Si sentiva finalmente al sicuro, come se avesse ritrovato la speranza di poter riprendersi da quello stato in cui era caduto.
La porta si aprì improvvisamente, rivelando la mamma del rosso che aveva portato loro la merenda.
Non si scusò dell'interruzione di quel momento di pace del figlio e non disse nulla a riguardo.
"Ho fatto una crostata all'arancia. Ditemi poi se è venuta bene."
Posò il vassoio sulla scrivania e, com'era entrata, uscì.
Immediatamente i due si staccarono.
Lo slancio lo fece cadere dal letto e prese a massaggiarsi la schiena.
"Beh, mangiamo allora." disse il biondo alzandosi, fregandosene se l'altro si fosse fatto male o meno.
Annuì e si alzò a sua volta, prendendo la sua fetta e sedendosi al tavolino.
Fece spazio tra libri e quaderni, illuminandosi improvvisamente.
"Torno subito."
Cos'era quell'improvvisa felicità?
Scese le scale di corsa, quasi avesse i piedi che poggiavano sulle nuvole.
Tornò con un paio di bibite, ringraziando ancora una volta che la madre non gli avesse fatto alcuna domanda quando lo aveva visto saettare in cucina.
"Tua mamma è una cuoca nata." bofonchiò il biondo all'ennesimo morso.
Annuì sorridendo.
Non avrebbe superato ogni cosa solo per se stesso: avrebbe dato a Bakugou un po' di orgoglio nell'averlo salvato.
Nei pomeriggi successivi non accadde nulla tra i due, ma il suo cambiamento era visibile: iniziava a sorridere, parlava di più e, soprattutto, aveva affrontato da solo la gente per strada per andare nuovamente all'università.
Inizialmente camminava guardandosi continuamente intorno, spaventato anche dalla signorotta carica di buste per la spesa che apparve all'improvviso.
Oppure si metteva a contare i passi che lo separavano dai compagni.
Una distanza di sicurezza.
Sicurezza di cosa, poi?
Non gli sarebbe più accaduto nulla: bastava solo non fidarsi subito di un sorriso gentile.
Titubante, aveva anche chiesto al suo titolare di poterlo riprendere a lavorare.
Fu strano notare una testa bionda con il grembiule dietro al bancone.
"Siccome qualcuno non mi paga le ripetizioni, ho dovuto cercare lavoro pure io."
Era scoppiato a ridere genuinamente: Bakugou aveva preteso di non essere pagato, quindi sapeva che era un modo come un altro di aiutarlo anche ad affrontare il lavoro.
Tutto era iniziato lì: sia l'incontro che aveva sconvolto la sua vita, sia quello che ora gli faceva percepire tutto dal colore roseo.
L'amore fa soffrire, tanto.
Se non ci si sta attenti, logora l'animo.
Ti mantiene la testa in continuo pensare, ti rende imbecille a tal punto, che tutto inizia a ruotare intorno a quella persona e, senza rendertene conto, inizi a soffrire.
Bastava niente per cascarci, quanto era difficile uscirne.
Dopo mesi di sofferenza, proprio la persona più inaspettata gli aveva fatto assaggiare il sapore della vita, diventando una costante positiva.
Lentamente stava riprendendo in mano la sua vita e di questo doveva solo ringraziare Bakugou.
"Capelli di merda, che cosa combini?!"
La voce del biondo lo riportò con i piedi per terra, accorgendosi che stava continuando a versare la schiuma di un cappuccino, nonostante straboccasse sul ripiano.
Si era voltato con un sorriso ebete a guardarlo, aspettandosi chissà che cosa, per poi tornare a guardare la tazza.
"Oh, merda!" imprecò impanicato.
"Lascia stare, me la sbrigo io. Vai a prendere gli ordini di quelle oche laggiù."
Sospirando di rassegnazione, era andato al tavolo indicato: esatto, proprio oche.
Tra risate e commenti poco signorili, non toglievano gli occhi di dosso dal biondo.
Fece notare la sua presenza con un colpo di tosse indispettito.
"Ti stanno mangiando con gli occhi. Forse preferivano il nuovo superfigo del locale a servirle. Poco ci manca che le sbatta fuori. Che insolenti!"
Lo sbuffo di risata dell'altro lo prese totalmente in contropiede.
"Lasciale parlare: io sono già impegnato."
Impegnato?
"Con chi?"
La domanda gli uscì spontanea.
Non voleva pronunciarla.
Tra di loro non c'era nulla di deciso.
Certo, era uscita una specie di dichiarazione e un bacio, ma poi era finita lì, no?
"Con te, stupido."
Arrossì violentemente mentre l'altro gli passava accanto con il vassoio per andare da quelle.
Con lui?!
Stavano quindi insieme?!
Perché non ci capiva nulla di queste cose?!
Lo osservò per tutto il tempo: l'amore era complicato quanto la matematica.

Sunshine [Bakushima]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora