Capitolo 3.c - Il 2 Maggio

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Il gioielliere con mia sorpresa si rivela comprensivo e deve aver intuito il tutto nonostante le mie frasi confuse e balbettate. Sfoggia un gran sorriso. Sembra una brava persona e probabilmente non sono il primo ragazzo a chiedere qualcosa per due maschi. Tira fuori un espositore con degli anelli stupendi. Vanno dal più classico e semplice al più sfarzoso. Me ne salta all'occhio una coppia. Ho già deciso, saranno quelli. Uno è un semplicissimo anello in osso bianco l'altro uno tutto nero. Entrambi hanno una piccola pietra incastonata del colore opposto. Non mi intendo molto di gioielli per cui chiedo informazioni sul tipo di materiale.

Con aria professionale me lo mostra nel dettaglio: «quella dell'anello in questione, caro, è una particolare pietra. Come può notare il colore predominante è il nero ma ha un'ampia variazione di colori brillanti se lo si espone sotto una diversa luce. Si chiama Labradorite». Mi piace tantissimo e sono rimasto ammaliato da quel nero profondo che racchiude in sé tutti quei colori. È in tutto e per tutto una metafora del rapporto tra me e Andrea. Sotto il semplice nero sono state nascoste per troppo tempo tante altre sfumature.

Mi consiglia però di prendere una coppia con le stesse colorazioni di anelli così da assomigliare a delle fedi. Parla lentamente scandendo bene le parole, usandone anche di tecniche e inusuali, per questo fatico a tenere il filo e mi distraggo osservando gli anelli. Decido quindi di prenderli ma di colore opposto perché oltre al fatto che mi ha colpito, sin da subito gli ho attribuito un valore che non riesco a dare a nessun altro anello. Mi ha detto che sono stato il cliente più veloce che abbia mai avuto nella scelta. Mi chiede le misure. Abbiamo la stessa grandezza della mano fortunatamente, non avrei saputo come rispondere altrimenti. Porgo la mia mano e misura il mio anulare. Devo ammettere che mentre confeziona i due anelli do un'occhiata migliore agli altri e ce ne sono anche di più belli, ma questi sono semplici e i primi che mi sono saltati all'occhio. Mi è venuto con spontaneità e naturalezza scegliere quei due, come allo stesso modo mi è venuto naturale baciare Andrea. Mi viene in mente un pensiero.

«Scusi, prima di confezionarli, mi chiedevo se fosse possibile inciderli con una data, è davvero importante che vi sia scritta sopra».

Il gioielliere mi sorride: «ma certo caro, scrivi qui la data e il nome –mi passa un blocchetto con tantissime decorazioni floreali dorate- e domani puoi passare già a ritirarli. Dovresti però lasciare un acconto».

Sollevato dalla risposta sfoggio il migliore dei sorrisi: «certamente» rispondo.

Prendo il blocchetto e scrivo: 02.05.2006. «Non voglio mettere nessun nome sopra» aggiungo.

Il gioielliere curioso controlla la data e mi osserva dubbioso: «quanti anni hai caro? Te ne do al massimo venti e, la domanda mi sorge spontanea, da quanto state insieme?». Ovviamente quella data non è il giorno in cui ci siamo "fidanzati" ma è il giorno in cui l'ho conosciuto.

Quella nostra scomoda panchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora