Capitolo 3.f - Non sarebbe dovuto partire

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Il telefono vibra. Subito lo prendo sperando sia lui. È un suo messaggio: «ehi! Non posso parlare al telefono, dormono già tutti. Stavo per andare a letto pure io».

Letto il messaggio più volte come se fosse una lettera d'amore penso a cosa scrivere. Vorrei davvero parlare con lui ma forse è meglio lasciarlo dormire.

No, ho troppo entusiasmo in corpo, ho bisogno di sentirlo: «Volevo solo parlare, ti va? Mi manchi tanto».

Aspetto qualche minuto e poi arriva la risposta: «Certo che mi va. Solo un secondo. Metto una giacca ed esco in giardino così posso chiamarti».

Sorrido e vado anche io alla ricerca di un posto dove nessuno può sentirmi. Salgo nel terrazzo e mi sdraio sulle tegole del tetto a fianco. Le stelle stasera sono fantastiche anche se ancora appena accennate. Il telefono inizia a vibrare ma non suona perché l'altoparlante non funziona più. «Ehi Matti! Bello mio, come andiamo?» lo sento appena.

Sono sorpreso che mi chiami "bello mio", ma lascio stare come se lo abbia sempre fatto e rispondo: «Senza te e Cara è uno schifo. Passo le giornate senza far nulla e a studiare. Mi manchi tantissimo Andi, non faccio che pensare a te, ho voglia di stringerti a me o di... insomma stare insieme».

C'è un attimo di silenzio poi dice: «a me mancano i tuoi occhi su di me» e io sorrido.

Questa risposta mi fa scendere un rivolo di lacrime sulle guance e ci manca poco che comincio a piangere sul serio. Mi manca davvero troppo, non sarebbe dovuto partire, non dopo quello che è successo tra noi. Non abbiamo avuto tempo.

Andrea sa sempre cosa dire ma questa volta ascolta e basta. Smetto solo dopo qualche secondo. Non me ne ero reso conto ma anche lui sta piangendo.

«Stiamo cominciando ad essere troppo sdolcinati Andi» i nostri pianti si trasformano in un piccolo ed appena accennato sorriso da parte di entrambi. So che dall'altra parte anche lui lo sta facendo, lo conosco fin troppo bene.

Cominciamo a parlare poi di quando ci rivedremo e fino a che la discussione ricade sulla nostra "amicizia". Non resisto e butto giù la domanda: «Andrea, noi due stiamo insieme? Simo fidanzati? Io sono abbastanza sicuro di volerlo ma sono confuso. – sono consapevole che quando ho una domanda che mi gira in testa e che mi tengo dentro troppo a lungo finisco per farmi pervadere dall'ansia e comincio a parlare a raffica -Da come ne abbiamo parlato prima che partissi credo di sì, non so forse ho solo un po' di paranoia, un po' di paura. Non riesco a pensare altro che te. Non voglio correre, assolutamente, non voglio distruggere anni di amicizia se dovesse succedere qualcosa... Poi però credo che ci conosciamo abbastanza da poter darci un'occasione nel provare qualcosa di nuovo, formando una vera coppia». Andrea, nel frattempo, aveva dato segni di approvazione durante il mio discorso.

Quella nostra scomoda panchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora