Capitolo 3.h - Come un -vero uomo-

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Le due interrogazioni finali non sono andate molto bene ma i professori non mi hanno messo comunque un voto troppo basso perché i miei voti sono stati perfetti quasi tutto l'anno e hanno detto che può capitare di un'interrogazione andata male. Io sono felice lo stesso. In realtà quelle interrogazioni sono state il mio ultimo pensiero di questi giorni. Ho la testa presa da Andrea e parlo con lui continuamente al telefono. Ho dovuto comprare degli auricolari perché ormai non riuscivo più a sentirlo. La mamma mi ha fatto lo stesso i complimenti nonostante il voto in Latino ed in Algebra sia più basso del solito. In fondo è solo qualche numero in meno, non è poi così tanto più basso della norma e in genere ci sarei rimasto male. Gli anni precedenti, infatti, mi sarei addirittura infuriato con me stesso per questo calo finale, quest'anno non mi importa per nulla. Il mio patrigno non dice nulla, si lamenta solo che non potrà vedere la partita per tutto il resto della vacanza ma come dice sempre: «Il campeggio è fondamentale per diventare uomo perché ti insegna la sopravvivenza». Questa storia di esser un vero uomo lo ossessiona. A me non importa un fico secco di quello che dice sull'essere forte, sempre in forma ecc. ecc... Io preferisco leggere un libro, uscire con gli amici e non perdere gli allenamenti con Andrea. Chissà cosa penserebbe il mio vero padre se sapesse che sono fidanzato con lui. Lui era come la mamma, quella di un tempo. Sempre col sorriso, giocosa e piena di vita. Cal invece se sapesse di me e Andrea credo non ci penserebbe due volte e mi butterebbe fuori casa. Sono sicuro che mamma non glielo permetterebbe. Sin dall'inizio hanno chiarito che solo lei può prendere decisioni che riguardano me e Denise.

Viaggiamo con la macchina strapiena, quasi non riesco a muovermi. Abbiamo portato tantissima roba, come ogni anno. Ed io sono costretto a stare ad un angolino con un po' d'aria dal finestrino. Mia sorella Denise non la vedo quasi perché sommersa anche lei dai bagagli, la immagino triste e sicuramente annoiata per la strada che ci aspetta. Come me d'altronde. Mi metto gli auricolari e guardo fuori dal finestrino. Non ho altro da fare. Ogni tanto, gli occhi mi si chiudono soli ma quando cambia canzone nella playlist mi sveglio quasi sempre. Finché non mi addormento del tutto. Mi sveglio solo quando arriviamo in area di sosta. Figuriamoci se Cal guida senza aver bevuto caffè e fumato due o tre sigarette. Non ricordo cosa stessi sognando ma di sicuro era un bel sogno perché mi sento quasi felice. Quando Cal esce dai bagni tirando su la zip mi prende sotto spalla. Odio quando ha questo comportamento con me ma stavolta mi stupisce dicendomi: «ehi uomo – trovo già strano che mi chiami così o che solo pensi di me che sia un uomo per l'idea che ha di uomo- che ne dici di guidare al posto mio? Dovrai pur saperla portare alla tua età». Quasi mi emoziona il suo comportamento. No, in realtà assolutamente, sono emozionato di portare l'auto e di non dover stare tra i bagagli. Mia madre sale in auto sui sedili posteriori. Mi spiace debba star scomoda al posto mio. Mi sarei divertito di più ad avere lei al mio fianco piuttosto che Cal. Salgo anche io e, cintura allacciata, giro il quadro.

«Metti la prima» dice Cal e io rispondo scorbutico «si Cal, so come si guida». Ho portato poche volte l'auto ma non ho mai avuto problemi nel farlo. Mi viene naturale anche se le prime volte i problemi con le marce non potevano mancare. Mi metto in strada e scelgo la musica alla radio.

Cal che inizialmente faceva il gradasso perché doveva insegnarmi a portare l'auto, dopo un po', fortunatamente, si distrae guardando il suo smartphone. Con la coda dell'occhio lo vedo ridacchiare solo come uno stupido.  Io ogni tanto prendo una buca di proposito per fargli un dispetto e mi lancia un'occhiata infastidita. Mi piace davvero irritarlo senza che lui se ne accorga. Passano delle ore e si fa buio. La strada davanti a me è poco visibile e per le prossime ore sono sicuro che non vedrò altro che fanali e il luccichio del guardrail.

Dopo un centinaio di chilometri, Cal mi dice di accostare poiché ci stiamo avvicinando ad una città e non è sicuro che io porti l'auto, da lì proseguirà lui. Non vedevo l'ora perché dopo un po' di strada retta, l'eccitazione di portare l'auto è finita. Così una volta passato al lato del passeggero chiudo gli occhi. Guidare mi ha stancato.

Riapro gli occhi per via del movimento dell'auto. Abbiamo appena imboccato la stradina non asfaltata che porta ai bungalow. Mi stiro braccia e gambe per quanto possibile e mi metto seduto sul sedile essendo scivolato giù parecchio durante il sonno. Arriviamo ed è tutto spento. Scendiamo dall'auto e già le zanzare ci sono addosso per un appetitoso banchetto servito. Cal si allontana per andare ad accendere il generatore e noi, nel frattempo, cominciamo a prendere le nostre cose dall'auto. Io aiuto Denise e mamma, ho portato con me solo un bagaglio e uno zainetto quindi finisco subito di scaricare le mie cose. Loro invece esagerano come sempre, portandosi dietro un armadio intero anche se poi hanno addosso gli stessi vestiti per la maggior parte del tempo. Portiamo tutto dentro e mamma si dà da fare per cominciare a pulire. Denise gli dà una mano e Cal monta la sua attrezzatura da campeggio: tavolini, sedie e fornelli da campo. Io invece mi isolo e vado verso il lago. Tolgo le scarpe e le poggio vicino a me seduto. Una tra le poche cose belle di questo posto è stare in riva e mettere i piedi nell'acqua calda della notte. Con questo freddo notturno, dà un grande sollievo. Osservo dapprima il cielo chiarissimo per via della luna e poi gli affascinanti riflessi sull'acqua.

Mi sdraio sul bagnasciuga, chiudo gli occhi e immagino che in quel momento ci sia Andrea con me ad osservare le stelle che senza le luci della città sono un contrasto netto nel cielo. Sono sicuro che la maggior parte di esse rimarrebbe offuscata dai lampioni. Credo di esser stato lì per ore perché quando mi alzo si vedono già il chiarore dell'alba e le stelle cominciano a svanire. È molto probabile che io mi sia addormentato per un po'.

Quella nostra scomoda panchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora