Capitolo 3.d - Lo scontro

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Come lo ricordo?
Avevo quattro anni, era una giornata di sole stupenda perché maggio è uno di quei periodi in cui le due stagioni si mescolano. C'era fresco e stavamo facendo una passeggiata in famiglia nel quartiere.

Ci fermammo in un piccolo parchetto. I miei mi lasciarono andare sullo scivolo, sull'altalena e le altre giostre insieme agli altri bambini e a mia sorella che allora chiamavo ancora Lilina, credo fosse per abbreviare sorellina perché il suo nome è Denise.

È lì che ho conosciuto in vero Andrea ma da quel giorno ci siamo rivisti solo pochissime volte finché non è cominciata la scuola elementare in cui eravamo compagni di classe.

Dettagli facili da dimenticare ma nessuno mi toglierà mai dalla testa quel giorno. Ricordo quando arrivò una chiamata a mio padre che lo fece arrabbiare molto. Quando posò il telefono baciò mia madre e venne ad abbracciare me e mia sorella. Quella fu l'ultima volta che lo vidi.
Lo ricordo come fosse ieri anche se i dettagli sono sfuggiti col tempo.
Credevo nessuno mi potesse render triste perché avevo un nuovo migliore amico, a quell'età basta mezz'ora in un parco per esserlo.
Tornammo a casa dopo due ore.
La giornata cambiò totalmente quando per la seconda volta la nostra famiglia venne distrutta da una chiamata che anche mamma ricevette.
Trattenne le lacrime e si portò una mano alla bocca. Per non farsi vedere e sentire da noi presumo. È inevitabile non accorgersene, un bimbo capisce al volo lo stato d'animo dei genitori e aimè anche se ignaro lo replica.

La chiamata proveniva dall'ospedale, direttamente dal reparto di rianimazione quando, già dopo tentativi, non ci fu più nulla da fare.

Mio padre ebbe un incidente dal quale non ne è uscito vivo. Non ho mai saputo le dinamiche precise dell'incidente ma mi è stato riferito che un camion gli è venuto addosso mentre lui presumibilmente era al telefono. La distrazione sua e del camionista li ha portati alla morte. Dopo quel giorno, non abbiamo avuto la mamma a casa per molto tempo sia fisicamente che mentalmente.

L'assicurazione pagò bene la mia famiglia ma credo che tutti i soldi siano finiti per le cure psicologiche di mamma.

Stemmo dalla zia Dora finché la mamma non cominciò a star meglio. Io e Denise non abbiamo saputo nulla fino al suo ritorno ovvero tre mesi dopo. Non ci permisero nemmeno di andare al funerale perché la mamma ha voluto che lo ricordassimo in modo diverso da lei. Quando lo abbiamo saputo eravamo molto tristi ma nessuno dei due ha pianto. La mamma ha saputo rassicurarci che anche se lui non lo avremmo visto mai più è ancora con noi a proteggerci. L'ha detto in maniera tanto convincente che per me, ancora tutt'ora, il mio vero padre non è morto. È una di quelle cose che quando ti vengono dette da bambino poi per tutta la vita ti convinci che sia così. Per un breve periodo ho creduto che i miei ci avessero abbandonato e anche dopo il ritorno di mia madre, considerai Denise come mio genitore. Insieme a mia zia lei si prese cura di me. Probabilmente è ancora così. Mia mamma non è più quella di un tempo da allora. È come spenta, impassibile e probabilmente sono i medicinali che non ha mai smesso di prendere a far in modo che non si arrabbi per nulla.

Quella nostra scomoda panchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora