Capitolo 3.l - Chissà se riuscirò

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Il negozio è quasi invisibile, nessuna insegna, nessuna vetrina. Solo un foglio sulla porta a vetri con gli orari e un cartello con una scritta rossa "qui vendiamo schede telefoniche e telefoni-cellulari". Entro nel negozio. I neon sul soffitto rendono la luce angusta e la grandezza del locale ancor di più. Dietro al bancone vi è una grassa signora che si mette subito in piedi appena il campanellino della porta annuncia un nuovo cliente. Mi saluta molto dolcemente e mi chiede subito cosa mi serve. Chiedo prima del caricatore. E mi conferma che ne ha uno per me. Il prezzo è un tantino esagerato ma probabilmente è l'unico negozio ad averlo quindi è abbastanza scontato che sia così. Lo poggia sul bancone dentro la sua scatola in plastica. Chiedo anche della scheda telefonica. Comincia ad elencare le tariffe, anche queste abbastanza care. Sono obbligato purtroppo se voglio avere un po' di segnale in quel posto. Scelgo comunque la più economica. Mi dà alcuni fogli da firmare e in pochi minuti ho tutto quello che mi serve. Pago ed esco dal negozio contento.

Adesso potrò chiamare Andrea e la musica mi terrà compagnia per il resto della vacanza. Il telefono però è scarico per via del viaggio. Mi dirigo verso il bungalow ma affitterò una canoa per il ritorno che potrò tranquillamente lasciare sulla riva opposta.

Faccio la strada al contrario ma questa volta giro per il molo. Ci sono molte persone che fanno il bagno, altre che imparano ad andare a vela e altre ancora che girano in motoscafo. Un'altra novità di quest'anno, stanno cambiando molte cose in questo posto. Vado alla biglietteria del molo. La differenza di prezzo tra una canoa e un motoscafo non è molta ma questa volta prendo la canoa per aver già speso molto al negozio di telefonia. Prendo quella indicata dallo staff del molo. Metto il telefono e i nuovi acquisti nel bauletto e comincio a remare. Le mie braccia chiedono subito di fermarmi ma continuo lo stesso. Dovrò abituarmi perché, almeno che io non decida di prendere il motoscafo, è l'unico mezzo che ho per muovermi. Impiego circa la metà del tempo rispetto l'andata. Mamma sta prendendo il sole mentre papà è al suo fianco che legge un giornale e la canna da pesca è già tesa in attesa che abbocchi il pranzo. Li vedo da lontano ma posso dire per certo che quella che ha vicino è una birra. Mi avvicino al molo e consegno la canoa. Anche se il nostro bungalow si trova nella parte più estrema del campo non c'è molto da camminare. Raggiungo subito mia sorella. Lei probabilmente è più contenta di me ma già cominciamo a litigare per chi userà prima il caricatore. Raggiungiamo un compromesso subito dopo. Non gli ho detto della scheda. Sono sicuro che riuscirebbe a finire i pochi minuti di chiamate che ho a disposizione. Metto il telefono in carica e senza farmi vedere cambio la scheda. Non c'è campo. Probabilmente non arriva fino a questa zona. Inserisco il numero di Damiana in rubrica e lascio il telefono su un tavolinetto. Sono abbastanza stanco. Vado verso le docce e, tolti i vestiti, sto lì ad aspettare di trovare il coraggio di buttarmi sotto l'acqua corrente gelida. Finalmente riesco ma sto solo pochi secondi, non resisto oltre. Mi asciugo in tutta fretta e torno da Denise. Mi metto su una sdraio accanto la sua e parliamo un po'. Gli dico che ho conosciuto Damiana e comincia a fare quelle facce che tanto odio come se dovessi provarci, come se avessi già fatto conquiste. Cerco di cambiare discorso perché odio quando mi chiedono se ho una ragazza o insistono sul provarci, ma lei insiste troppo e mi giro dalla parte opposta dandogli le spalle. Riesco solo a pensare a Andrea, se solo Denise sapesse che parlerei più volentieri di lui che di una ragazza a caso in un bar. Probabilmente non avrebbe alcun problema, anzi ne sarebbe contenta, ma aspetto solo il momento giusto. Sento però di doverne parlare. L'emozione di frequentare Andrea è così forte che vorrei proprio dirlo a qualcuno. Non Denise, non ora. Credo mi venga più facile parlare con uno sconosciuto piuttosto che avere il giudizio di una persona cara. Piuttosto di rischiare di perdere qualcuno a cui tengo davvero. Chissà se riuscirò a dire ad alta voce "sono gay". Conoscendomi, mi immagino con un drink in una mano e la sigaretta nell'altra che continuo ad ascoltare mentre la mia mente divaga altrove, aspettando il momento adatto per dirlo che non arriva mai.

Quella nostra scomoda panchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora