Chapter 8

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Solo in quel momento realizzò che quella notte non se lo era immaginato, il serpente tatuato sul braccio dell'ex mangiamorte si era mosso sul serio, esattamente come stava facendo in quel momento. Istintivamente si portò una mano a coprirsi la bocca e gli occhi presero a pizzicarle. Non vedeva quel simbolo da molto tempo... Iniziò a mancarle l'aria e le presero le vertigini. Barcollò fino al muro mentre la tachicardia prendeva il sopravvento.
«Hermione che hai?» scatto nella sua direzione appena in tempo per afferrarla prima che cadesse a terra.
«Hermione calmati. Ora inspira ed espira. Lentamente, da brava. Inspira ed espira. Va tutto bene» la rassicurò, cercò di aiutarla portandola vicino alla finestra e con il suo intervento in pochi minuti si calmò.
Quando finalmente riuscì di nuovo a stare in piedi da sola, Draco si accinse a coprirsi il braccio più in fretta che potè.
«Scusa non volevo che ti spaventassi... È meglio che vada» Sussurrò imbarazzato cercando di abbottonarsi di nuovo il polsino, mentre si avvicinsva alla porta.
«No Draco aspetta. Non è colpa tua...» lo fermò prendendolo per il polso. L'ex serpeverde rimase immobile ancora voltato verso la porta.
«Soffro di attacchi di panico...» gli disse senza guardarlo, ne era troppo imbarazzata. L'eroina del mondo magico che ogni volta che sentiva parlare della guerra, stramazzava al suolo. Era il colmo.
«Da quando?» le chiese voltandosi verso di lei.
«Da quando è morto Ron» rispose lasciandogli la manica. Era la prima volta che diceva quella frase ad alta voce. Si rese conto solo un quel momento di quanto poteva sembrare stupida. Ma purtroppo era la verità, da quando lui era mancato lei si sentiva così tremendamente fragile. Lui era sempre stato la sua forza, ed ora doveva contare solo più se stessa. Questa volta si proibì di piangere, anche quello sarebbe stato davvero troppo.
«So che lo amavi molto, ma tu sei più forte di quello che pensi. Non hai mai avuto bisogno di nessuno, non farti fregare dalla tua stessa mente. Il tuo unico limite sei tu» esordì lasciandola senza parole. Mai si sarebbe aspettata tali lodi da parte sua. Poi le venne spontaneo sorridere all'ironia di quella frase.
«È strano che a dirmelo sia proprio tu... Dovresti seguire di più i tuoi stessi consigli, sai?» gli domandò retorica facendolo sorridere a sua volta.
«Hai ragione, ci proverò. Entrambi ci meritiamo una nuova opportunità.» rispose uscendo dalla porta.
«Non abbiamo ancora risolto il nostro mistero però, vediamoci sta sera in biblioteca. Vediamo se troviamo qualcosa» aggiunse chiudendosi la porta alle spalle e lasciandola di nuovo sola nel silenzio della sua stanza con la consapevolezza che quella sarebbe stata una lunga serata.

In biblioteca dopo l'orario di chiusura non volava una mosca, o almeno così era di solito. Aveva sentito delle voci fin da quando si trovava nel corridoio. Probabilmente due studenti stavano discutendo proprio lì. Si accostò alla porta incuriosita e vide i due ragazzi agli estremi opposti del tavolo da lettura. Li conosceva bene, erano i due serpeverde del quinto anno che già le avevano creato problemi durante le ore di lezione con le loro continue frecciatine: Jessica Catch e Lewis Harris.
«Cosa ti è saltato in mente?! Mi hai baciata!» strillò la ragazza sconcertata.
«Si. E non me ne pento, da quanto cerchi di resistermi? Non sei stanca di mentire a te stessa?» la provocò il ragazzo aggirando l'ostacolo per avvicinarsi di più.
«Sei fidanzato con la mia migliore amica, idiota.» gli soffiò contro in tutta risposta, sembrava davvero arrabbiata, ma lui non cambiò minimamente atteggiamento.
«Ero. L'ho lasciata. E in ogni caso non mi pare che ti dispiacesse così tanto baciarmi» continuò a provocarla. Non sapeva se era realmente così sicuro di sé da sfidarla in quel modo, oppure era semplicemente desideroso di morire e aveva trovato il modo per velocizzare il processo.
«Sei un arrogante, un irresponsabile e un immaturo» ringhiò. Lui sorrise scostandole una ciocca di capelli dal viso.
«E ti piaccio da morire...» disse prima di baciarla.
Non avrebbe voluto assistere a quella scena ammise, e si ritirò imbarazzata. Stranamente il silenzio tra i due si interruppe subito a causa di un sonoro schiaffo.
«Non provarci mai più» rispose prendendo le sue cose ed uscendo a passo svelto dalla sala. Passò accanto alla professoressa e nemmeno si accorse della sua presenza. Il ragazzo non proferì più parola, uscì pochi minuti dopo senza nemmeno guardare dove stava andando e sparì dietro al corridoio.
Aspettò di essere certa che non ci fosse nessun altro prima di entrare, era uno dei vantaggi di essere professori: a loro era concesso stare lì quanto volessero, non doveva preoccuparsi degli orari. Praticamente un sogno che diventava realtà per Hermione Granger. Quante notti aveva passato a scappare dal guardiano per poter rimanere di più tra quelle quattro mura che la facevano sentire a casa? Impossibile saperlo.
Si prese qualche momento per rilassarsi tra i vecchi scaffali pieni di libri, lasciando che le sue dita ne percoressero ogni profilo. Si fermò solo quando percepì un respiro lento e regolare non troppo lontano da lei, si voltò trovandosi di fronte a Draco. Se ne stava dall'altra parte appoggiato all'angolo dello scaffale, studiava ogni mossa assorto nei suoi pensieri. Avrebbe pagato qualsiasi cifra per sapere a cosa stava pensando, ma purtroppo le sue doti da legimentis non erano delle migliori e lui era un ottimo occultatore, uno dei migliori forse.
«Da dove cominciamo?» chiese alla fine la donna interrompendo il silenzio. L'uomo sembrò destarsi dai suoi pensieri solo in quel momento, affrettandosi a ricomporsi e raggiungere la collega.
«Non saprei in realtà, non sappiamo nulla di certo» rispose sbuffando rassegnato.
«Beh, qualcosa là sotto è successa. Di questo siamo sicuri. O non ti farebbe male... Il braccio» iniziò indecisa abbassando lo sguardo sul pavimento leggermente a disagio.
«Marchio Nero. Puoi tranquillamente chiamarlo con il suo nome, questo non definisce chi sono» disse indicando il simbolo sul braccio stranamente lasciato scoperto. Senza volerlo rimase a fissare il disegno più del dovuto.
«Ti fa paura?» le chiese quasi in un sussurro, coprendolo poi con la mano. Hermione sollevò lo sguardo trovando quello sconsolato del suo collega.
«Oh no, no.» lo tranquillizzò prendendogli la mano che copriva il braccio ed allontanandola da esso.
«Sono solo curiosa...ti fa male?» chiese avvicinandosi di più per osservarlo meglio, studiò ogni dettaglio di quel serpente attorcigliato che usciva dalla bocca del teschio.
«Si, ma ci si fa l'abitudine...» rispose Draco guardando i lineamenti della donna piegarsi in una piccola smorfia sofferente. Era sempre stata molto empatica.
Con le dita, l'ex grifondoro sfiorò appena la candida pelle dell'avambraccio fermandosi prima di arrivare al marchio. Sollevò lo sguardo su di lui per cercare il suo consenso, che con un piccolo cenno del capo le concesse. Si prese qualche secondo per studiare l'espressione del suo viso prima di riportare la sua attenzione sul simbolo impresso. Con le mani tremanti toccò dolcemente le linee scure che tracciavano il disegno facendo sussultare quasi impercettibilmente l'uomo, il disegno si mosse ed il serpente sembrò sibillare al suo contatto. Percepì ogni piccolo rilievo che creava, ci posò tutta la mano sopra e chiuse gli occhi. Sussurrò qualcosa di incomprensibile e dalle sue mani partirono dei piccoli spruzzi di luce violacei.
«Che stai facendo...» si preoccupò l'uomo, ma non si mosse. Qualsiasi cosa fosse il marchio sembrava fargli meno male.
I fasci di luce si avvolsero attorno al braccio, risalendolo fino al cuore. Poi scomparvero e la donna lasciò la presa.
Entrambi si portarono la mano sui rispettivi avambracci.
«Cosa hai fatto? N-non brucia più come prima» si sorprese, osservò la donna che invece aveva ancora quello sguardo sofferente. Ma questa volta non sembrava essere l'empatia a provocarlo.
«Non potevi continuare a portare quel fardello da solo. Avrei dovuto fartelo capire davvero molto tempo fa...» sollevò la mano mostrando la cicatrice con la scritta MudBlood che gli aveva fatto Bellatrix durante la guerra, non era più bianca come tutte le cicatrici. Era diventata nera e perdeva sangue da un angolo come se fosse appena stata incisa.
«Granger che cazzo hai fatto? Il marchio poteva ucciderti!» sbraitò iniziando a gesticolare. Ma la donna parve farci appena caso, sorrise e alzò le spalle ignorando lo sclero che stava avendo il biondo.
«Quando hai finito di dare di matto, abbiamo del lavoro da fare» continuò senza prestargli attenzione e iniziando a sfogliare un libro.
«Non fare finta di nulla! Dimmi cosa hai fatto. Come è possibile che mi faccia meno male? In questi anni penso di aver provato qualsiasi incantesimo possibile» si impuntò più testardo che mai mettendosi tra lei e il libro.
«Oh non ho dubbi sul fatto che tu li abbia provati tutti. Ma il fatto è proprio questo, non sei solo ora. Semplicemente stai condividendo il tuo dolore» fece di nuovo spallucce e tornò a leggere, come se tutta quella situazione fosse una delle più normali del mondo. L'uomo rimase a bocca aperta dal suo comportamento, sicuramente degno di una grifondoro.
«Come è possibile?» chiese ancora sempre più stranito.
«È un incantesimo complicato, molto antico. In sintesi quello che provi a causa del marchio viene diviso a metà e una parte la senti tu, mentre l'altra la sento io. Ecco perché ti sembra faccia meno male» si spiegò alla fine, poi prese dallo scaffale un paio di libroni polverosi e lo superò, dirigendosi ad uno dei tanti tavoli.
«Perchè l'hai fatto? Quel marchio è il male impresso in un disegno, è il simbolo delle scelte che ho fatto. Tu non dovresti soffrire per un mio errore» la seguì prendendo posto di fronte a lei.
«Tutti abbiamo sofferto per i tuoi errori. Tu per primo. Ti sei già punito abbastanza, le cose cambiano Malfoy. È vero, quel coso poteva uccidermi. Ma avrebbe potuto uccidere anche te. Io ho solo deciso di aiutare un amico» finì continuando a sfogliare le pagine. Lui la guardò stranito e poi sorrise.
«Quindi siamo amici?» chiese come per confermare se avesse sentito bene. La donna sorrise a sua volta ma cercò di nasconderlo.
«Si, qualcosa del genere» rispose guardandolo di sottecchi.
Questi si che erano grandi progressi, passare dall' insultarsi al chiamarsi amici.
Quella discussione si chiuse lì e loro si misero di nuovo a lavoro.
Dopo ore di ricerche ancora nulla.
«Dobbiamo tornare la sotto» esordì all'improvviso l'uomo.
«Non se ne parla, quel coso l'ultima volta ti stava attirando a se. E se sta volta attirasse entrambi?» espresse preoccupata il suo pensiero.
«Hai un idea migliore? Te l'ho detto, questo marchio è male e reagisce al male. Se brucia vuol dire che qualsiasi cosa sia... è malvagità pura. A parte questo non abbiamo nulla, se la mia teoria del solstizio è giusta andrà tutto bene» disse alzandosi per rimettere in ordine i libri che avevano usato.
La donna parve rifletterci su, lanciò uno sguardo verso il proprio avambraccio fissando quella cicatrice che ora sembrava quasi un tatuaggio. Quel gesto così avventato le avrebbe effettivamente potuto procurare diversi problemi, ma ormai era tardi per rimuginarci sopra. Aveva voluto la bicicletta? Era il momento di pedalare.
«Va bene, quando?» rispose alla fine.
«Domani?» propose il biondo raggiungendola.
«No... Domani c'è l'assemblea, noterebbero subito che manchiamo e non sappiamo ancora chi sta usando la polisucco. Quindi direi dopodomani» ragionò lei avviandosi verso le proprie stanze seguita da lui.
«Andata. Buonanotte allora, o meglio... Considerata l'ora, Buon giorno» la salutò sparendo in camera sua.

La riunione procedeva noiosa come ogni volta. Adorava fare l'insegnante, ma le assemblee non le erano mai piaciute. Non amava dover discutere con gli altri dei propri metodi e viceversa.
Ma era inevitabile come ogni mese.
Di fronte a lei, che le lanciava occhiatine e ridacchiava c'era il suo ex nemico d'infanzia. A pensarci adesso non le sembrava nemmeno possibile che tra di loro non ci fossero più i dissapori di un tempo, ma dovevano evitare di farlo sapere a tutti. Gli lanciò un occhiataccia torva per intimargli di smetterla e lui seppur con una smorfia infastidita si fermò.
Osservò velocemente i suoi colleghi e nessuno le sembrò interessato a loro due per fortuna, erano più presi ad ascoltare il discorso della preside sull'organizzazione del ballo.
Un momento... Quale ballo? sgranò gli occhi quando capì di essersi persa parte della spiegazione mentre guardava Malfoy fare lo stupido. Lo avrebbe ucciso dopo, ora doveva trovare il modo per rimettersi al passo con gli altri. Si guardò attorno in cerca di qualcuno che potesse suggerirle. Notò che Wonder stava persino prendendo appunti, gli tirò un calcetto sulla caviglia per attirare la sua attenzione. Si voltò con una smorfia infastidita che si tramutò immediatamente in un sorriso quando capì che era stata lei a colpirlo. Ignorò questo dettaglio e si concentrò sul fargli capire di cosa aveva bisogno mimandogli un "mi fai leggere" con le labbra e indicando il taccuino che teneva tra le mani. lui annuì e le allungò il quadernetto permettendole di vedere.
Lesse il suo nome con una freccia che la collegava al buffet e sotto quello di Wonder alle bevande.
Naturalmente avrebbe anche dovuto occuparsi delle lezioni di ballo da impartire alla sua casa, questo la spaventava di più.
Per curiosità lesse anche di cosa avrebbe dovuto occuparsi Draco: Musica. Chissà cosa avrebbe tirato fuori quella piccola serpe, le canzoncine da ballo smielate non erano esattamente il suo forte probabilmente.
Ridacchiò e glielo restituì, tornando ad ascoltare il discorso della McGranitt.
Dopo poco più di un ora la riunione finalmente finitì e tutti si alzarono dalla tavolata. Raccolse tutte le sue cose e si affrettò a seguire fuori i colleghi. Venne bloccata sulla porta da due occhioni verdi che la squadravano curiosi.
«La grande Hermione Granger che si distrae e chiede suggerimenti... Questa si che me la devo segnare. Ora quindi devi pagare il tuo debito» sorrise il professore a trentadue denti.
La donna arrossì violentemente e cercò di evitare il contatto visivo, imbarazzata. Lei non era "la grande Hermione Granger", non lo era mai stata. Lei era solo Hermione, una umana come tutti gli altri, era curiosa, studiava, rideva, faceva errori e provava sentimenti come ogni persona normale. Non aveva mai capito perché ciò che lei aveva fatto durante la guerra era stato così tanto "celebrato", non erano stati solo loro tre a salvare il mondo magico. Centinaia di persone avevano fatto la loro parte, perché solo loro venivano riconosciuti così non lo avrebbe mai capito. Era ingiusto. Silente, Severus, Sirius, Remus, Tonks, Fred, Dobby... E tutti quelli che come loro avevano dato la propria vita per proteggere gli altri, loro erano i veri eroi. Lei era solo una sopravvissuta.
Cercò di scacciare quel pensiero così profondo e privato, decisamente non adatto a quel momento.
«Che debito?» chiese alla fine alzando un sopracciglio.
«Beh, ti ho fatto sbirciare i miei appunti... Se non vuoi che lo dica alla preside come minimo mi devi una cena» asserì più che convinto che la sua fosse una specie di battuta divertente. Ma una cena con lui, per quanto fosse un uomo affascinante, non era contemplata. Aveva detto a Draco che ci sarebbe stata alla larga visto che non si fidava.
Lo squadrò cercando qualcosa in lui che potesse farle pensare male, ma nulla. Il suo sorriso era molto dolce, gli occhi verdi le trasmettevano tranquillità e i suoi gesti le risultavano sempre molto gentili. Proprio non lo capiva, ai suoi occhi sembrava quasi perfetto. Una brava persona, attraente, con i suoi stessi interessi, un buon lavoro, un passato tranquillo e nessuna ex moglie o figli a seguito. Praticamente rappresentava in tutto e per tutto l'uomo ideale da presentare alla famiglia. Lo stesso non si poteva certo dire di Draco...
Gli estremi opposti. Forse era per quello che non si fidava di lui, troppo diversi. Ma un fondo non gli aveva nemmeno mai dato la possibilità di conoscersi.
Vedendo che ci stava già riflettendo troppo, prese l'iniziativa.
«Non accetto un "No" come risposta. Andiamo!» le afferrò un polso dolcemente e la trascinò fuori dove si smaterializzò all'istante.

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