Chapter 15

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Dei forti colpi alla porta li fecero scattare in piedi all'istante.
«Signor Malfoy» lo chiamò la voce della preside dall'altro capo della porta.
«Nasconditi!» sussurrò in fretta lanciandole i vestiti che aveva fatto lavare e che ancora non aveva indossato al posto della camicia. Lei lo guardò con gli occhi sgranati e afferrò le sue cose al volo correndo a nascondersi in bagno.
Lui non fece nemmeno caso al fatto di essere ancora senza camicia quando aprì la porta, ma l'espressione sconvolta della preside glielo ricordò immediatamente. Le richiuse la porta in faccia, si infilò una maglietta e tornò ad aprire.
«Mi perdoni Preside. Mi ha preso alla sprovvista. Come posso aiutarla?» chiese cordiale sfoderando il suo solito sorrisetto. La donna scosse la testa e poi sbirciò oltre le spalle dell'uomo.
«Come ben saprà la signora Granger è a casa per malattia, dunque vista la sua assenza sono venuta a controllare personalmente che non ci sia alcun problema. Sa come è apprensivo il consiglio... Posso entrare?» domandò retoricamente mentre oltrepassava l'ingresso senza aspettare il consenso del proprietario. Draco sbiancò quando con la coda dell'occhio vide il libro ancora aperto sulla scrivania, in un gesto che cercò di camuffare nel modo più naturale possibile si appoggiò proprio davanti al tomo coprendolo con il suo corpo.
«Stavo per farmi una doccia veramente, ma faccia pure. Posso offrirle qualcosa?» cercò di distogliere la sua attenzione da ciò che aveva nascosto dietro di sé il più possibile, mentre la donna continuava a curiosare in giro insospettita. Proprio nel momento in cui si era voltata in direzione opposta, fece sparire il contenuto della scrivania con un colpo di bacchetta e si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
«Oh non si preoccupi, finisco e me ne vado» disse avvicinandosi all'ingresso del bagno. L'uomo scattò mettendosi davanti alla porta e guadagnandosi un occhiataccia da parte della donna.
«Il bagno è meglio che lo lasci perdere... Sa, noi uomini siamo piuttosto disordinati» buttò una scusa a caso.
Lei alzò un sopracciglio e scansò l'uomo senza troppe cerimonie. Il suo cuore perse qualche battito vedendo scattare la maniglia, avrebbe scoperto che Hermione si stava nascondendo proprio lì e avrebbe fatto una miriade di domande, l'avrebbe sollevata dal suo incarico poiché compromessa, se avesse scoperto la vera ragione per la quale si trovava lì, sicuramente gli avrebbe impedito di continuare le loro indagini e chissà quali altre strane idee si sarebbe potuta fare. Si voltò verso l'ingresso e sbirciò oltre la figura della vecchia professoressa, consapevole della loro disfatta imminente. Rimase a bocca aperta quando nel bagno non vide niente, se non la sua camicia buttata malamente sul pavimento. La donna si guardò intorno e poi soddisfatta uscì, ringraziandolo per la sua collaborazione.
Dopo aver chiuso la porta dietro la preside, finalmente si rilassò. Non li aveva scoperti. Poi gli sorse un improvviso dubbio, dov'era finita Hermione? Si guardò attorno spaesato non vedendola in giro, diede anche lui un occhiata in bagno ma non vi era nessuna traccia. Non poteva essersi smaterializzata così senza nemmeno la sua bacchetta, per di più all'interno della scuola non era consentito e la avrebbero scoperta subito.
«Granger?! Dove ti sei cacciata, dannazione!» imprecò a denti stretti.
«Proprio qua» disse facendo notare la sua presenza alle spalle dell'uomo, che si girò stupito.
«Come hai fatto?» chiese incredulo continuando a spostare l'indice puntato, dal bagno alla donna. Lei sorrise enigmatica.
«Ho i miei trucchetti...» rispose facendo spallucce soddisfatta.
«cosa voleva?» chiese cambiando argomento. L'uomo la osservò sospettoso, ma avrebbero ripreso il loro discorso più avanti.
«Controllarmi al posto tuo, senza offesa per lei... Ma preferisco te, sei meno invadente» disse agitando il bastoncino e facendo ricomparire tutto. Lei rise a quel commento e si sistemò sul divano.
«Oppure io sono solo più furba...» rispose enigmatica un altra volta. Lui si voltò ad osservarla, come per capire se gli stesse nascondendo qualcosa.
«Pensaci: Non ho bisogno di venire a fare dei controlli se ho già accesso libero alla tua stanza, anzi, sei stato proprio tu a rinchiudermi qua dentro»aggiunse sporgendosi in avanti ed assottigliando lo sguardo.
La sicurezza dell'uomo vacillò, che avesse fatto tutto di proposito per controllarlo meglio? A quell'ipotesi sentiva un vuoto allo stomaco, se così fosse stato voleva dire che tutta la fiducia che si erano dati era una menzogna. Che quegli attimi così surreali che avevano vissuto, altro non erano che bugie. Sentì crescere una rabbia nuova dentro di sé, guidata dalla delusione. E questa faceva più male di qualunque altra. Lei gli vide cambiare stato d'animo così velocemente che si pentì subito di ciò che aveva detto, voleva solo provocarlo. Non ferirlo.
«Draco? Sto scherzando... Tranquillo» disse alzandosi e raggiungendolo al centro della stanza. Il mostro che si stava creando nel suo petto si rimise a dormire per il momento.
«Non dire mai più una cosa del genere, sei l'unica persona di cui mi fido» confessò. E in quel momento fu un'altra la creatura a prendere vita dentro il petto di uno dei due. Ed era guidata dai sensi di colpa di Hermione. Lui si fidava di lei, e non era ancora riuscita a dirgli la verità su quello che è successo in quel posto maledetto. Che li aveva condannati entrambi a dividere la vita, senza nemmeno il suo parere.
«Si ma io devo confessarti una cosa...» iniziò lei titubante, era arrivato il momento di dirgli tutto. Doveva solamente dirgli tutta la verità. Lo guardò negli occhi e non riuscì a pensare ad altro che a quel bellissimo viso segnato di nuovo dalla delusione. E il suo piccolo muro di sicurezze crollò come un castello di carte spazzato via dal vento.
«Io... Io... Non ti ho detto che la mia ferita è guarita!» sputò fuori la prima cosa che le passò per la testa. Si diede della stupida da sola per quello che aveva detto, ma aveva avuto paura. Chissà perché dirgli la verità la terrorizzava in quel modo? In fondo anche se la cosa non gli fosse stata bene, non poteva fare più nulla. Poi pensò che però avrebbe potuto non volerle più rivolgere la parola, o forse non avrebbe più voluto nemmeno vederla. E da quando le interessava? Si chiese. Non lo sapeva nemmeno lei, ma evidentemente le interessava, e molto.
«Oh bene, allora vuol dire che sei libera» disse lui con un tono che non gli aveva mai sentito usare. Con un colpo di bacchetta rimosse la protezione che teneva rinchiusa li dentro la donna.
«Tieni la tua bacchetta, puoi andare» Aggiunse restituendole il bastoncino. Lei annuì e si avvicinò alla porta, la fissò per un tempo indefinito. Forse non voleva nemmeno tornarci nella propria camera, forse preferiva stare lì. Si voltò un ultima volta a guardare quei bellissimi occhi che sembrarono vuoti per qualche istante, impassibili a chiunque non li conoscesse a fondo. Lei invece fu quasi certa di aver notato una leggerissima sfumatura di tristezza, ma non rimase lì per scoprire se aveva ragione. Con tutto il coraggio che aveva in corpo si voltò di nuovo, celò il tremore della mano stringendo la maniglia e aprendo la porta. Poi uscì senza guardarsi indietro.
Perché questo piccolo gesto era così difficile per lei? Perché questa separazione che solo pochi giorni prima voleva con tutta se stessa, ora faceva così male? Non seppe darsi una risposta, si limitò a correre fuori dal castello per prendere l'aria che in quel momento i suoi polmoni sembravano reclamare a gran voce.

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