Chapter 22

319 14 0
                                    

Dolore.
Era l'unica cosa che avevano sentito varcando la soglia dell'inferno. Un forte dolore in tutto il corpo.
Il marchio sembrava doverli bruciare vivi da un momento all'altro tanto ardeva sui loro avambracci. Sicuramente se Draco fosse entrato da solo e non avesse condiviso il dolore con Hermione, sarebbe già morto. Nessuno sarebbe riuscito a sopportare tale intensità. Lentamente il bruciore si affievolì fino quasi a sparire.
Si voltarono verso dove erano entrati: Non c'era nulla attorno a loro che sembrava poter risolvere il loro problema. Descrivere quel luogo sarebbe stato impossibile, c'era nebbia scura ovunque e l'aria sembrava rarefatta tanto da affaticare la respirazione ad entrambi. Decisamente non sembrava un posto adatto alla vita. Rumori inquietanti attirarono la loro attenzione, ed alla loro destra un'alta figura scura si stava avvicinando lentamente a loro.
I due rimasero immobili, incapaci di compiere qualsiasi gesto. Come paralizzati da un incantesimo.
«E così sareste voi due?» disse quell'essere raccapricciante analizzandoli attentamente.
Non sembrava avere un volto, ne un vero e proprio corpo ad osservarlo meglio. Ricordava un dissennatore, ma con fattezze più umanoidi. Gli arti erano lunghi e piuttosto magri, come fossero solo delle ossa allungate sotto il mantello. Il tessuto nero pareva essere quasi intangibile e si disperdeva tra la nebbia, proprio come se ne facesse parte. Le sue parole non sembravano proveniente direttamente da lui, piuttosto era come se risuonassero nella loro mente.
«Non sembrate un granché... Seguitemi» commentò come schifato. Improvvisamente riacquistarono la capacità di muoversi, Draco andò per primo senza mai lasciare la mano di Hermione.
«Dove stiamo andando? Tu chi sei? Perché dovremmo seguirti?» domandò immediatamente Hermione. Draco la linciò con uno sguardo come a dirle di mordersi la lingua, chiunque fosse, non sembrava per nulla amichevole.
Li portò fino a quello che sembrava un lungo corridoio del quale non vedevano la fine, debolmente illuminato solamente da fiaccole.
«Da qui proseguite soli» disse posizionandosi al fianco dell'ingresso a braccia conserte.
Draco trascinò dentro Hermione prima che potesse aggiungere altro, temeva che quel essere potesse uccidere entrambi con uno schiocco di dita se avesse voluto. Importunarlo ulteriormente non gli era sembrata una buona idea.
L'ingresso dietro di loro si chiuse di scatto facendoli spaventare. Non potevano più tornare indietro, tutto ciò che avrebbero potuto fare sarebbe stato andare avanti e cercare una fine a quel luogo strano.
«Non mi aspettavo che l'inferno fosse così...tranquillo?» disse Draco ascoltando lo strano silenzio che li circondava.
«È troppo tranquillo infatti» concordò. Era troppo buio per vedere bene cosa li circondava, un senso di inquietudine attanagliava entrambi.
Hermione mosse la bacchetta e da essa si accese una luce sufficiente a vedere in che luogo effettivamente si trovassero.
Il pavimento era trasparente e sotto di loro vedevano scorrere migliaia di ombre. Sobbalzarono entrambi quando una di loro sembrò schiantarsi conto il vetro provando a prenderli, ma poi venne trascinata via insieme alle altre.
«Che diavolo era quella cosa?» domandò sconcertato.
«Credo siano anime dannate...» sussurrò lei.
Proseguirono per qualche metro prima che Hermione si fermasse all'improvviso.
«Hai sentito?» gli chiese puntando la luce in giro.
«No, cosa?» si preoccupò immediatamente Draco. Lei rimase zitta per un po', in attesa di sentire nuovamente qualcosa.
"Mamma..."
La sentì di nuovo. Era senza dubbio la voce di Rose.
«Da dove veniva?» chiese Hermione sempre più agitata. Lui la guardò confuso. Non aveva sentito assolutamente nulla.
«Di cosa stai parlando?» cercò di capire a cosa si stesse riferendo.
«Rose... Mi sta chiamando» Rispose avanzando a passo svelto. Lui era sempre più turbato. Non si erano visti spesso con Rose negli ultimi anni, ma era sicuro di poter comunque riconoscere la sua voce. O per lo meno sentirla, ma tutto ciò che poteva sentire lui era il silenzio inquietante di quel posto.
«Hermione... Io non ho sentito nien-» si interruppe quando una voce familiare lo congelò sul posto.
"La Sanguesporco, Draco?"
Adesso sì che aveva sentito qualcosa, forte e chiaro. Ma di certo non era la voce di Rose Wasley. Quello che aveva parlato era Tom Riddle. Meglio conosciuto come Lord Voldemort. Non aveva alcun dubbio.
"Sono molto deluso da te ragazzo mio. Ora dovrò ucciderla" rise maligno Voldemort. Si guardò intorno, non capiva da dove venisse.
«Stai lontano da lei!» gridò puntando la bacchetta attorno a se.
«Draco, è Rose! Le stanno facendo del male, come puoi non sentire le sue urla?! Io sono sua madre, devo proteggerla» disse lasciando la sua mano e correndo via. Provò a fermarla, ma non gli diede ascolto e la perse nell'oscurità. Ora era solo.
"Se solo fosti stato così coraggioso quando avresti dovuto. Forse non sarebbero morte tutte quelle persone a causa tua..." lo provocò.
«Io non ho ucciso nessuno. Tu! Tu eri il mostro! Tu, avresti ucciso anche me e la mia famiglia» urlò spaventato e ferito nell'orgoglio. La voce sembrava rimbalzare in ogni angolo, individuare la fonte era praticamente impossibile.
"Non darmi la colpa della tua vigliaccheria. Guardati ora, la tua bella sangue sporco farà la stessa fine dei suoi amichetti. Magari uccido anche tuo figlio. E tu sei ancora troppo codardo per fare qualcosa" rise ancora di lui.
"Draco!" l'urlo disperato di Hermione lo uccise dentro. Doveva trovarla, doveva salvarla questa volta. Inizió a correre lungo il corridoio, fino a quando non la trovò. Era a terra in ginocchio con la testa china. Scossa ogni tanto da dei piccoli singhiozzi.
"E così hai scelto lei alla fine... Io ero solo un rimpiazzo, non mi hai mai amata. Hai trattato nostro figlio come una merda per tutta la vita, accusandolo della mia morte! Sei diventato come tuo padre!" Questa era la voce di Astoria. Nonostante gli anni era ancora nitida nella sua memoria e sentirle pronunciare quelle parole gli provocò una stretta al cuore.
«Non sono come Lucius... io ti amavo. E amo Scorp. Non avrei mai permesso che qualcuno ci facesse del male» disse con voce tremante.
"È tutta colpa tua" la sentì piangere. Lui rimase fermo immobile a quelle parole, quelle furono le parole che gli fecero più male. Perché nel profondo lo aveva sempre creduto anche lui.
"Vedi Draco? Non importa quanto credi di essere cambiato. Rimarrai sempre quel ragazzino codardo e solo. Sia Scorpious che Hermione ed Astoria, nel profondo... ti odieranno sempre, perché sei solamente un fallito, una nullità" disse semplicemente Voldemort.
«Basta! Stai zitto!» lo supplicò quasi, tenendosi la testa tra le mani e cadendo anche lui in ginocchio. Gli sembrava di stare impazzendo, doveva essere un incubo. Uno dei tanti che faceva.
«Tu sei morto! Non puoi essere qui, stai lontano da loro» urlò disperato.
"Oh... Ma tu sei all'inferno mio caro ragazzo, sono esattamente dove dovrei essere" ghignò. Era come se le sue peggiori paure avessero preso vita.
«Devi lasciarli stare ho detto!» esplose iniziando a lanciare incantesimi in ogni direzione. Senza smettere, raggiunse la donna. Creò una cupola magica attorno a loro che li avrebbe isolati e protetti per un po', quelle che sembravano ombre senza una vera forma, iniziarono a volteggiare attorno ad essa.
«Hermione» provò a chiamarla, ma lei non lo degnò di uno sguardo. Continuava a piangere guardando il pavimento come in trance.
«Avevate bisogno di me e io non c'ero...» disse all'improvviso. Lui si avvicinò e l'abbracciò semplicemente, lasciando che apoggiasse la testa contro il suo petto. Non seppe spiegare nemmeno a se stesso se quel abbraccio fosse stato un atto di altruismo oppure di egoismo. La verità era che entrambi ne avevano un disperato bisogno.
«Io non so cosa sia successo la fuori, non so cosa hai sentito. Ma sono certo che Rose stia bene» disse lasciandole un bacio sulla testa. La donna si calmò, alzò finalmente gli occhi da terra trovando subito due iridi grigio tempesta che la scrutavano preoccupati. Le sistemò delle ciocche disordinate, spostandogliele dal viso.
«Rose e Hugo urlavano, li stavano torturando. Non li trovavo da nessuna parte, poi ho perso anche te.
C'era questa voce, la mia voce in realtà... Diceva che non sarei mai stata abbastanza, che ormai era troppo tardi ed era solamente colpa mia.
Non ho mai avuto così tanta paura» sussurrò sincera. Capì che anche lei aveva subito la stessa sorte. Le loro più grandi paure si erano materializzate.
«Lo so... Anche io» rispose accarezzandole il viso. La stanza sembrò illuminarsi un poco e le anime si allontanarono come scottate dalla luce.
«Credo stiano giocando con le nostre più profonde incertezze, vogliono farci crollare» ragionò la donna.
«E come ne usciamo? Ci entrano letteralmente nella testa, siamo riusciti a resistere per puro caso. Non credo di poter continuare a lungo» disse riferendosi sia alla situazione che al fatto che l'incantesimo stava perdendo di potenza e le ombre erano tornate ad attaccarli, più arrabbiate di prima.
«Ci uccideranno o peggio, ci faranno impazzire...» aggiunse guardandole scontrarsi contro la barriera che si crepò.
«Se questa è veramente la fine non voglio avere dei rimpianti: mi dispiace di aver fatto quell'incantesimo e aver legato la tua vita alla mia, per sempre. Ma non potevo perderti» sputò fuori d'un fiato. Lui rimase a bocca aperta, non si sarebbe mai aspettato che tirasse fuori tutto, proprio un un momento come quello. Quelle parole lo fecero sorridere, era così bello sapere che tenesse a lui fino a quel punto.
«E ti ho baciato. Perché Wonder ha ragione... mi sono innamorata di te» sussurrò alla fine. Non era certo andata come sperava con lui, ma almeno si era tolta un enorme peso dal cuore. Anche se non era ricambiata, almeno sapeva la verità.
La stanza sembrava essersi fatta ancora più luminosa e le anime saettavano in giro incontrollate, come se stare in quel luogo iniziasse a fargli male.
Draco la fissò qualche secondo in quei meravigliosi occhi che gli ricordavano il miele fuso, pensò che forse aveva ragione, se quelli erano gli ultimi loro istanti insieme non voleva avere rimpianti.
Le prese il viso tra le mani e la baciò.
Hermione strabuzzò gli occhi sorpresa, non si aspettava quella reazione ma di certo non le dispiacque per nulla. Gli buttò le braccia al collo, stringendolo di più a se. Come sentì la sua reazione, lui ne approfittò per morderle dolcemente il labbro inferiore e farle aprire la bocca per approfondire il bacio. Le mani iniziarono a scorrere percorrendo ogni curva del corpo. Draco l'afferrò per le natiche e la portò su di sé, dove le fu inevitable sentire la sua eccitazione premerle contro. Si strusciò mandando completamente in tilt il cervello dell'uomo. Iniziò a lasciarle dei segni sul collo, fino a scendere sui suoi seni. Gemmette stringendo le gambe contro il suo bacino. Se fossero morti in quel momento, non sarebbe poi stata una fine così orribile.
Colta da un improvviso attimo di lucidità si allontanò dalle sue labbra per guardarlo negli occhi, il suo stomaco sembrava ballare la macarena dentro di lei, davanti a quel ghiaccio profondo che la scrutava in ogni sua sfaccettatura.
«Che significa?» chiese. Non avevano più tempo per aver paura, doveva saperlo.
Lui sospirò, era arrivato il momento di mettere tutte le carte in tavola. Tanto non avevano più nulla da perdere arrivati a quel punto.
«Significa che sono stato un codardo per l'ennesima volta. Ho preferito allontanarti piuttosto che rischiare di trascinarti nel casino che è la mia vita e finire per perderti del tutto» rispose stringendo le braccia attorno ai suoi fianchi. Un lampo di luce improvviso li accecò. La cupola che li proteggeva s'infranse, ma le anime vennero scacciate da quel bagliore che riempì il corridoio. Non appena gli occhi si abituarono alla diversa luminosità, finalmente riuscirono a vedere l'uscita di quel posto.
«Ma che diamine...?!» chiese stranita Hermione guardandosi attorno. Erano rimasti solo loro due, ancora seduti sul pavimento freddo.
«Di paure lui si nutre, è meglio uscire alla luce» sussurrò Draco ripensando a quello che aveva letto.
«Cosa?» domandò semplicemente perché non aveva sentito bene ciò che aveva detto.
«Di paure lui si nutre, è meglio uscire alla luce. Era scritto nel libro... Credo parlasse proprio di questo, si nutriva delle nostre paure e quando abbiamo deciso di dirci tutto senza rimpianti quella luce è diventata sempre più forte bruciando le ombre che ci circondavano» ripetè spiegandole la sua intuizione. Lei lo guardò sorridendo, amava la sua intelligenza.
«Che c'è? Perché mi guardi così?» domandò confuso. Lei lo baciò di nuovo. Poi si alzò porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.
«Andiamo» gli disse ed insieme oltrepassarono l'uscita.
Si trovarono di nuovo avvolti in quella nebbia strana che li aveva accolti appena entrati. C'erano solamente pochi metri di terreno a separarli d un precipizio di cui non riuscivano nemmeno a scorgere il fondo.
Si voltarono per tornare indietro, ma la porta dalla quale erano arrivati si era volatilizzata nel nulla e ora
la landa desolata che avevano davanti sembrava l'unica direzione possibile, s'incamminarono e ogni loro passo sollevava polvere dalla terra arida. Il caldo sembrava aumentare e l'aria farsi più rarefatta. Dopo quelle che le sembrarono ore di cammino Hermione cadde in ginocchio sfinita, non riusciva quasi a respirare. Si portò la mano al petto dove i polmoni stavano cercando disperatamente un po' di ossigeno. Draco la aiutò a rialzarsi e continuare, era convinto che prima o poi sarebbero per forza arrivati da qualche parte, ma non potevano arrendersi.
Anche la loro percezione della realtà doveva essersi affievolita, avrebbero giurato che l'ambientazione attorno a loro avesse già cambiato aspetto più di una volta in pochi metri. La vista cominciò a farsi sempre più offuscata. Erano allo stremo delle forze.
Sentirono dei latrati in lontananza. Si lanciarono uno sguardo più che eloquente, ci mancava solo quello. Accelerarono il passo, ma nonostante ciò vennero facilmente raggiunti da quelli che sembravano dei cani feroci, molto più inquietanti visto alcune parti del corpo in decomposizione e organi a vista. Erano pronti a sbranarli da un momento all'altro. Indietreggiarono fino al bordo del baratro. Non sapevano come ci fossero arrivati, era come se avessero girato in tondo per ore. Ma quello era l'ultimo dei loro problemi, i segugi si facevano sempre più vicini e nonostante gli incantesimi a ripetizione che avevano iniziato a lanciargli contro non sembravano intenzionati a ritirarsi.
L'ex serpeverde rischiò di scivolare nel baratro ma venne tenuto saldamente dalla donna che lo aiutò a tirarsi su.
Ormai erano troppo vicini, non avevano via di scampo da quei mostri. Li avrebbero sbranati.
«Saltiamo» disse Draco guardando verso il vuoto.
«Che cosa?!» sbraitò Hermione lanciando un altro incantesimo.
«Non abbiamo alternative, meglio spiaccicati che sbranati, no?» Ironizzò lui.
«Non la definirei una buona alternativa» riuscì a riderci su. Si guardò indietro e le vennero le vertigini solo all'idea.
L'uomo non le lasciò altro tempo per pensarci, l'afferrò per un fianco e saltò con lei nel burrone. Sentì lo schiocco delle fauci che sbatterono a pochi centimetri dal suo orecchio e poi una profonda sensazione di vuoto allo stomaco.
Quando girò la testa verso l'alto i denti aguzzi che brillavano dal bordo furono l'unica cosa che distinguette alla perfezione, fino a sparire del tutto dalla loro vista mentre precipitavano abbracciati l'uno all'altra nell'oscurità .

«Cosa facciamo? Tra poco entreranno» domandò Ginny a Harry e suo fratello.
«Mancano pochi minuti a mezzanotte, dobbiamo resistere e sperare che Hermione e Draco riescano a chiudere le porte» rispose George.
«Anche se ci riuscissero, questi tre sono ancora qui e ci faranno a pezzetti» si aggiunse Harry facendo cenno con il capo verso la porta scossa violentemente.
«Io ho un idea...» li interruppe Jessica facendosi timidamente avanti.
Tutti puntarono gli occhi su di lei facendola diventare bordeaux.
«Spara ragazzina» la incitò George guadagnandosi una occhiataccia da Lewis, probabilmente non aveva gradito il soprannome affibbiato alla sua fidanzata.
«Da come hanno dovuto utilizzare dei corpi umani per riuscire a rimanere nel nostro mondo, vuol dire che probabilmente senza sarebbero troppo deboli per sopravvivere qui a lungo. Sono come dei parassiti. Dobbiamo separarli dagli ospiti e potemmo batterli» spiegò. Erano anni che sperava di poter mettere in pratica gli incantesimi che aveva imparato durante la vacanza studio in India, ma nessuno aveva voluto farle da cavia e rischiare una separazione definitiva dal proprio corpo. In Sud America e Asia era una tecnica molto utilizzata per risparmiare tempo, così mentre il corpo riposava, il tuo "io" del piano ancestrale era in grado di fare mille altre cose.
Tutti parvero riflettere sulla sua teoria. Sembrava avere senso, e soprattutto era l'unica buona idea che avevano avuto.
I colpi alla porta si fecero sempre più forti, finché alla fine nonostante le innumerevoli magie i cardini cedettero e la porta cadde al suolo con un forte tonfo che facce tremare la terra.
«pensavate che sarebbe bastato chiuderci fuori?» domandò il demone dagli occhi gialli avanzando nella sala seguito dai suoi tirapiedi.
Il gruppo rimase nascosto dietro le colonne finché tutti e tre non raggiunsero il punto da loro stabilito.
I ragazzi si scambiarono uno sguardo d'intesa, all'unisono corsero a circondare i mostri.
«No, ma noi dobbiamo solamente prendere tempo. ORA!» ordinò Harry piantando la bacchetta al suolo. Il suo gesto venne imitato in sequenza da tutti gli altri. Quando il pentacolo fu completo una barriera magica circondò i tre demoni intrappolandoli al suo interno.
Jessica sbucò da dietro all'ultima colonna con la bacchetta puntata verso i demoni.
«Il vostro piano infallibile sarebbe una ragazzina?» li derise la donna. A quelle parole Lewis sorrise.
«Io aspetterei a giudicare» rispose facendo cenno a Jessica. La ragazza piegò leggermente l'angolo della bocca all'insù.
«Ancestral!» gridò. Dalla bacchetta non sembrò uscire niente, ma l'onda d'urto colpì in pieno Rowina. Il corpo cadde a terra svenuto, in un sonoro tonfo. Sopra di lei fluttuava un informe nuvola nera e un altra figura uguale a quella stesa a terra ma più evanescente. Ce l'aveva fatta, li aveva separati.
«Cosa hai fatto?!» urlò infuriato il demone dagli occhi gialli sbattendo i pugni contro la barriera magica. La massa scura si abbattè contro le pareti come impazzita. Stava soffrendo, dunque aveva ragione, non potevano restare a lungo fuori dal corpo ospite.
«Ancestral!» urlò ancora colpendo il secondo demone. McGee cadde a terra e da lui si levarono la sua copia e quell'essere informe nero. Esattamente come la prima, iniziò a dimenarsi a mezz'aria scontrandosi con ogni angolo della sua prigione.
«Tu... Schifosa, piccola ed insulsa umana!» righiò il professor Wonder lasciando che il demone prendesse il sopravvento un altra volta. Si abbattè contro la barriera magica con tale forza da riuscire a creparla. Tutti i suoi amici risentirono di quel colpo, mantenere attivo un incantesimo del genere era già abbastanza estenuante di suo se si aggiungeva lo sforzo di dover evitare che la spaccatura si allargasse... Non avevano molto tempo.
«Veloce Jessica» la incitò Ginny.
Il demone aveva già preso la rincorsa per il colpo finale.
«Ancestral!» urlò un'ultima volta. Ci fu un attimo in cui un silenzio irreale riempì la sala. I rintocchi della mezzanotte scandirono ogni attimo come fosse l'ultimo. Successe tutto rapidamente.
Il demone riuscì a colpire la barriera magica, che si ricoprì di fratture ed esplose scaraventando tutti coloro che l'avevano creata contro le pareti.
L'incantesimo colpì in pieno il petto del professore, donandogli la stessa sorte dei suoi due compagni.
Le tre nubi nere si scagliarono in contemporanea contro la ragazza, attraversandola per tornare dal buco da cui erano uscite.
Jessica cadde a terra.

Il silenzio era tornato più forte di prima.

Inside UsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora