Rimise i libri nella cartella con lo sguardo perso nel cercare una spiegazione a quello che aveva visto e sentito in quella stanza nascosta nella loro scuola.
Lui stava parlando di lei alla sorella, lui stava per dire qualcosa che avrebbe forse cambiato per sempre il modo in cui viveva questo sentimento.
Cos'è che non sapeva? Che lui era innamorato di quella ragazza che aveva sempre al suo fianco? O magari di Kallen.
O magari proprio di lei.
Arrossì e chiuse gli occhi, scosse la testa per riprendersi dall'imbarazzo di quel pensiero felice.
Tanto ormai, cosa sarebbe importato? Lui era morto, era stato ucciso e ora sapeva la verità, sapeva che, tutto quello a cui non aveva mai creduto, era una finzione, un atto di un estrema gentilezza, un sacrificio necessario al bene di tutti.
Quante pene si era addossato? Quanto aveva logorato il suo animo buono?
Fingere di essere il cattivo quando lo scopo finale era così nobile...
Sospirò prima di chiudere la borsa ed uscire dall'aula.
Quel video era stata la cosa migliore degli ultimi tempi, Nunnally poi le aveva fatto chiarezza su tutto, tra le lacrime di entrambe e una tazza di tè.
Camminava per il corridoio e guardava le espressioni felici e spensierate dei suoi compagni e pensava che era solo tutto grazie al suo sacrificio se ora tutti potevano godersi la vita al pari. Ora anche i Giapponesi frequentavano quella scuola e a tutti andava bene così, l'aria che si respirava era pacifica.
Una vita normale.
Una vita vuota, senza di lui.
No, non doveva pensarlo, ora più che mai doveva essere contenta di poter camminare nel mondo che lui aveva forgiato e lasciato nelle loro mani. Doveva farlo per lui, almeno lei che sapeva, doveva esserle riconoscente.
Ma le mancava, dio se le mancava la sua voce, il suo sorriso, i suoi occhi furbi. Le mancava bisticciare con lui che poi finiva con il rumore di una risata, la sua, così solare e trasportante. Chissà se lui avesse notato che lei sapeva che quella risata non era del tutto sincera, capiva che dietro c'era un qualcosa da non dover dire mai. Lei lo aveva capito meglio di chiunque eppure lui non se ne era mai accorto.
<< Shirley! Andiamo al cinema sta sera?>>
Una mano invadente le si poggiò sulla spalla impedendole di continuare a camminare. Sapeva chi fosse, lo aveva riconosciuto dalla voce.
<< Renya, non insistere, ti prego.>> Scivolò via dal suo tocco e si voltò per sorridergli gentilmente. Era la millesima volta che accadeva la stessa conversazione. Ma perché non desisteva?
<< Io lo so perché tu non mi vuoi, lo so che è perché sei ancora innamorata di lui. Ma per fortuna lui è morto! Devi dimenticarlo, Shirley, era perfido. Come puoi amare un essere spregevole come quello?>>
Sapeva che a parlare fosse il risentimento nei suoi confronti, ma ascoltare quello sproloquio senza che dalla bocca potesse uscire neanche un suono, per via della crudeltà di quelle parole, la fece sentire inerme, completamente sola in un mondo di irriconoscenti ignari.
L'unica cosa che fece, prima di correre via in lacrime, fu dare un ceffone sulla guancia al ragazzo, che non fece altro che guardarla spaesato.Voleva rivederlo, lo rivoleva li con lei, le mancava come l'aria tra i singhiozzi, avrebbe dato qualsiasi cosa per riaverlo indietro, per riaverlo suo, per non sentire più quella solitudine che ormai da troppo fingeva di non sentire. Ma era così, lei era completamente sola in un mondo che dipingeva il suo amore come un qualcosa di sbagliato, di orribile e ormai inutile. Era sola senza di lui.
Piangeva e non riusciva a trovare un momento, tra un singhiozzo e l'altro, per prendere fiato. Si sentiva soffocare, si sentiva opprimere da quella solitudine.
Perché non era morta? Perché lui non l'aveva lasciata morire?
Perché lei stessa aveva lottato tanto per rimanere in vita?
Forse per quella stupida promessa, forse perché voleva davvero essere la sua realtà.
Renya aveva ragione, nel suo mondo lui era il mostro, come poteva provare qualcosa per lui? E dopo tutto questo tempo.
Doveva andare avanti, in fondo diceva di voler vivere anche per lui. Ma allora perché si sentiva imprigionata in questo limbo? Perché l'amore non passava? Perché la rassegnazione non arrivava a portarla via?
Tutto quest'amore sprecato...
Cosa avrebbe dovuto fare? Come avrebbe potuto vivere per entrambi se senza di lui era difficile perfino respirare?
Era seduta sul prato che circondava l'edificio, lì dove erano soliti organizzare pic-nic e le feste a tema ideate da Milly, aveva le ginocchia strette al petto dalle braccia coperte dalla divisa color panna e il volto nascosto su di esse. Sicuramente le maniche sarebbero state fradice di lacrime se avesse continuato a piangere così tanto.
Sentì la presenza di qualcuno al suo fianco, lo percepì sedersi accanto a lei e sospirare sconfitto.
<< Mi dispiace Shirley, ho detto cose orribili. Perdonami. >>
Sobbalzò al suono della voce di Renya che questa volta, però, fu più dolce e gentile del solito.
<< Perché? Perché deve essere sbagliato provare amore? Perché quello che provo non va bene?!>>
Inconsciamente gli si gettò con il viso sul petto e le mani che stringevano con forza la divisa di lui che senza pensarci troppo l'abbracció stringendola forte a sé e permettendole di trovare spazio tra l'incavo del suo collo.
Sentirla piangere così disperata gli procurava un dolore al petto non indifferente, ma l'avrebbe consolata, infondo era l'unica cosa che potesse fare.
<< A volte preferiamo semplicemente distogliere lo sguardo dalla realtà. >>
Prese ad accarezzarle dolcemente la testa sperando di calmarle i singhiozzi che ormai la facevano sobbalzare.
In quel momento tra loro, non si accorsero che una terza persona li stava osservando e che, con il telefono alla mano, li aveva fotografati.Guardava fuori dalla finestra della sua stanza, il sole era alto nel cielo a ricordargli che un nuovo giorno era ormai iniziato e che doveva viverlo. Sorrise amareggiato.
Che vita era quella?
Non aveva nemmeno avuto il coraggio di sistemare il macello nella serra, si era semplicemente accasciato lì fino a che il sonno non lo aveva costretto a cercare un letto comodo, solo che non appena toccò il materasso il sonno se ne andò. Anche lui si prendeva gioco del ragazzo.
Sentì bussare alla porta, sbuffò prima di dare il permesso, a chiunque fosse la dietro, di entrare. Sperava fosse la colazione.
Era facile vivere nel lusso quando potevi contare sul Geass e su C.C. .
Bastava solo ricordarsi di non lasciare tracce e di sostare poco in un posto.
Non era la colazione, se possibile, era anche meglio.
Il ragazzo che aveva mandato a cercare Shirley, aveva l'obbligo di contattarlo non appena avesse saputo qualcosa e forse era per questo che ora una governante era nella sua stanza con il PC tra le mani e lo avvisava dell'email ricevuta.
Non aveva neanche più un telefono. Alla fine a cosa gli serviva?
Si fece portare l'oggetto ed aspettò che la donna se ne andasse per aprire la posta elettronica.
Era l'unica email presente, ovviamente.
Sospirò speranzoso, la mano tremava e sembrava così difficile cliccare quel dannato tasto.
Si promise che, qualsiasi cosa gli avesse detto, non doveva lasciarsi travolgere dalle emozioni.
Ok era arrivato il momento di sapere.
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Attraverso gli occhi tuoi
RomancePosso dirvi che ho pianto per giorni chiedendomi come sarebbe stato per loro due un finale diverso e poi ho deciso che glielo avrei scritto io. Se lo meritavano. Shirley se lo meritava. DALLA STORIA: "Mi innamorerò sempre di te, Lelou." L'urlo di...