VII.

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Era tutto il pomeriggio che la guardava sorridere e si chiedeva perché baciarla sembrasse la cosa giusta da fare, un gesto così da sconsiderato l'avrebbe fatta allontanare da lui senza dubbio, eppure davvero sembrava la cosa più giusta.
No, sarebbe stato da ipocriti, l'avrebbe baciata un altro, non lui, l'ennesima bugia raccontatale. Odiava doverle mentire e tenerla all'oscuro sempre di ciò che lo riguardava, non era stato giusto neanche ingannarla facendole credere di aver conosciuto un ragazzo gentile al centro commerciale. Ma come poteva mettere a tacere quella vocina che lo convinceva a starle sempre più vicino?
Tutti gli orribili pensieri degli ultimi tempi, che non si erano mai placati, sembravano essersi messi da parte da soli durante questa giornata, solo ora la sua coscienza stava di nuovo bussando alla sua porta facendogli notare che ingannarla così non era stato giusto.
Non se la meritava. Non se lo meritava quel sorriso dolce e la sua gentilezza, era stato di nuovo pessimo. Che differenza c'era tra fargli credere di essere un estraneo togliendole i ricordi e fingere di essere un'altra persona per starle vicino? Stava commettendo sempre lo stesso errore ma era così difficile starle lontano, nella sua mente c'era spazio solo per lei e nei suoi occhi avrebbe voluto sempre e solo il suo riflesso, come ora. Le era mancata e non poteva dirle addio così presto. Gli piaceva essere circondato dalla sensazione di lei, averla sia nei pensieri che nella realtà era un qualcosa che agoniava da troppo tempo ormai. E ora che era lì cosa avrebbe dovuto fare? Allontanarla forse? Non era mica matto. Forse solo masochista.
Il mondo, senza di lei, era come se gli crollasse addosso e doveva accettarlo, come doveva accettare la realtà e la finzione, anche se la realtà non era come voleva.
Ma ora questo è reale, lei è qui, io sono qui. A me questo sembra reale.
Infondo neanche prima sapeva realmente chi fossi, eppure mi amava. Vivevo combattuto tra chi ero realmente e il chi dovevo essere, eppure lei mi amava. Aveva visto il vero me in mezzo a quelle bugie?
Era per questo che non sono mai riuscito a confessarmi a lei, ho voltato le spalle al mio sentimento per paura che il suo non fosse reale. Come poteva essere una cosa positiva dopo quello che stavamo passando? Lei mi amava eppure io avevo ucciso suo padre. Non era giusto, lei non doveva amarmi.
Poi, però, aveva ricordato e, nonostante tutto, sapendo tutto, aveva detto di amarmi ancora e, non solo, che si sarebbe sempre innamorata di me.
E ora io la guardo, in torno a me c'è solo lei, non percepisco rumori se non il battito del suo cuore, non sento l'aria ma solo il suo respiro, non vedo colori se non le sue guance rosse e i suoi occhi verdi, l'unico odore che respiro è il suo profumo. Non importa quanto intensamente io ci provi, non posso sfuggire da quello che ho dentro.
Quando tutto intorno a me si sgretolava, tu sei stata l'unica a vederlo.

Continuava a guardarla mentre restavano fermi sulle scale mobili che scendendo li riportavano all'ingresso del centro commerciale.
La giornata insieme era finita ma lui non era ancora soddisfatto. Forse solo il "per sempre" sarebbe stato un tempo giusto da passare insieme.
Lei guardava altrove sentendosi i suoi occhi addosso, ma non era a disagio, non era una situazione che le dispiaceva, anzi, quelle attenzioni che le aveva dato per tutto il giorno le erano piaciute molto, era da tanto che non stava così bene in compagnia di qualcuno e questo all'inizio l'aveva terrorizzata.
L'unico problema era che Lelouch era sempre lì, nei suoi pensieri. Non guardava nulla senza ricordarsi di lui, qualsiasi posto o conversazione glielo riportavano alla mente. Era frustrante.
<< Si sta facendo buio, vorrei poterti accompagnare a casa. >> Disse lui uscendo dalle porte scorrevoli e guardando il cielo colore arancio.
<< Non devi disturbarti tanto. >> Si scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
<< Nessun disturbo, anzi. Mi disturberebbe il non poter parlare ancora con te. >> Le sorrise, sta volta un sorriso furbo, ammaliatore. Mirato a conquistarla e a farla arrossire. Era bella quando arrossiva.
<< Ma la strada è abbastanza lunga, sicuro di non sentire più alcun dolore? >> Si informò, ancora così tanto preoccupata.
<< Quale dolore?>> Fece il finto tonto sorridendole per rassicurarla. Il volto di lei si illuminò grazie ad un sorriso spontaneo e bellissimo che lo fece rimanere a bocca aperta.
Lei si arrese e iniziarono a camminare verso la sua abitazione.
I passi erano lenti, sembrava come se entrambi non volessero che quella passeggiata avesse una fine.
Lui ne era felice, lei non sapeva cosa stesse accadendo.
<< Allora...parlami un po' di te. >> Suggerì lei.
<< Nah, vita noiosa, esistenza monotona e...triste. Sarebbe deprimente starmi ad ascoltare. >> Le sorrise alzando le spalle.
<< Strano, mi sei sembrato un tipo interessante e deciso. >>
<< Interessante e deciso? >> Alzò un sopracciglio guardandola divertito.
<< Si, mentre sceglievamo i vestiti avevi le idee molto chiare su cosa volevi. >>
<< Diciamo che solitamente tendo a prendere una decisione e portarla avanti finché non arrivo alla fine, i dubbi vengono dopo. >> si mise le mani nelle tasche della giacca e si strinse ancora nelle spalle.
<< Quindi sei un tipo testardo? >>
<< Diciamo di sì. >>
<< Rimpianti o rimorsi? >>
<< Intendi se preferisco i "se solo lo avessi fatto" o i "se mi facevo gli affari miei era meglio"? >>
Lei scoppiò a ridere e lui si godette quella visuale divina al suo fianco.
<< Diciamo che la mia vita oscilla parecchio tra queste due frasi. >>
<< Il tuo rimpianto più grande?>> Sembrava quasi un quiz a premi, era divertente lasciarsi scoprire in questo modo.
<< Non aver confessato i miei sentimenti ad una persona. >> Ammise cercando di non appesantire l'atmosfera, notò comunque in lei un disappunto e voleva assolutamente sapere.
<< Ne hai uno simile?>> Chiese guardandola con la coda dell'occhio.
<< No io...alla fine sono riuscita a parlargliene ma...>> Abbassò lo sguardo, ricordare era doloroso.
Si premette la mano sulla vistosa cicatrice e sospirò forte, quel gesto aveva catturato l'attenzione del ragazzo e gli aveva fatto venire un groppo in gola che non riusciva proprio a mandare giù.
<< Scommetto che, comunque sia andata, si sia sentito lusingato per essere amato da una ragazza come te.>>
Quella frase fece alzare lo sguardo di lei sulla figura di lui che aveva ripreso a camminare davanti, gli occhi spalancati per la sorpresa, era rimasta senza parole. Quella frase così dolce la riportò al video visto qualche giorno prima.
<< Il gatto ti ha mangiato la lingua?>> Gli chiese divertito mentre continuava a camminare senza aspettarla. Shirley scosse la testa per riprendersi e ricominció a camminare a passi veloci per raggiungerlo.
<< Sono arrivata, quello è il mio cancello. >> Lo sorpassò avanzando di qualche passo prima di fermarsi davanti ad un cortiletto recintato da un muro di pietre.
<< Va bene allora...ci vediamo.>> Non voleva proprio andarsene.
<< Mi ha fatto piacere passare la giornata con te, mi sono divertita molto e ti ringrazio per, sai, Renya, il gelato e per avermi accompagnata. >> Sorrise gentile.
<< Non devi ringraziarmi, si è fatto buio praticamente a metà strada, sarebbe stato pericoloso. >> Dondolava tra punta e tallone ma l'idea di allontanarsi da lì non lo sfiorava proprio.
<< Ti va di lasciarmi il tuo numero? Così domani ti faccio sapere se il livido è migliorato con il gel. >> Che scusa imbarazzante, tanto da farle scappare un risolino.
<< Certo, se prendi il telefono te lo detto.>>
Era stato davvero così facile?
<< Ho il cellulare nuovo, se me lo scrivi su un pezzo di carta poi a casa me lo salvo. >>
La ragazza strappò un lembo di una busta del negozio di vestiti e, con una penna che aveva trovato in borsa, scrisse il numero.
<< Tieni. >>
<< Molto gentile. >>
Si sorrisero divertiti entrambi.
<< Ora devo andare...>> Disse lei, guardando per un attimo l'interno di casa sua. Non sapeva perché ma lui la fissava quasi come a volersi stampare la sua immagine in testa e gli impediva di muoversi con la profondità di quello sguardo.
<< Si certo, stavo solo...non lo so, sembro stupido ma... è che sei bellissima. >> Si lasciò sfuggire senza pensare alle conseguenze, senza freni inibitori.
Lei rimase colpita da quell'ammissione e sorrise imbarazzata.
<< Buona notte allora. >> Non riusciva a smettere di sorridere e di distogliere gli occhi da quelli magnetici di lui.
<< Buonanotte.>>
La vide voltarsi, aprire il cancello e rigirarsi verso di lui per richiuderlo. Gli sorrise vedendolo che ancora la osservava.
Si incamminò alla porta e mentre girava la chiave nella serratura si sentì chiamare, si voltò.
<< Voglio rivederti.>> Le confessò lui con un espressione da ebete impaurito. Non voleva che questa fosse la loro prima e ultima uscita.
<< Hai il mio numero, no? >> Scosse la testa divertita.
<< Giusto. Buonanotte Shirley.>>
<< Buonanotte Akito. >>
Akito, lui era Akito.
La porta si chiuse e il suo cuore era ad un battito dal collasso.
Quel nome l'aveva riportato alla triste realtà. Lui non era lui e lei era innamorata di lui ancora.
Ma lui cosa voleva? Che lei si innamorasse di Akito? Per poi concludere cosa? Farla stare ancora male per un amore impossibile?
Dio che casino. Cosa avrebbe dovuto fare? Come sarebbe dovuto essere?
Era stato così meraviglioso passare tutto quel tempo insieme, mangiare del cibo da strada per cena mentre passeggiavano verso casa di lei, chiacchierare del più e del meno e ridere. Ma lei non lo stava facendo con Lelouch, lei era in compagnia di Akito. E sembrava piacerle.
Poteva essere geloso di se stesso?
Camminando era arrivato nell'hotel in cui aveva scelto di alloggiare mentre aspettava di poter entrare nell'istituto. Arrivò in camera e si preparò per la notte. In testa ripercorreva la giornata e i punti salienti, sorrideva e si intristiva in base a ciò che riviveva mentre si levava il travestimento. Si coricò tra le coperte, stanco e frustrato.
Cosa avrebbe dovuto fare?

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