VIII.

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Si svegliò presto quella mattina, andare a scuola non le era mai dispiaciuto, forse perché prima ci avrebbe incontrato lui, ma ora sembrava un luogo diverso, meno famigliare, meno divertente senza tutti loro, in realtà.
Mentre si metteva sotto il getto caldo della doccia ripensò al ragazzo di ieri, alla sua gentilezza e ai modi educati. Scioccamente si era fidata di lui perché aveva un qualcosa che gli ricordava i modi di fare di Lelouch. Era stata una stupida, non aveva finto interesse ma non poteva proprio mettere da parte il suo LeLou.
Per il momento poteva esserci solo una bella amicizia.
Lelouch...
Stupido ed altruista, non aveva pensato a chi avrebbe preferito vivere insieme a lui, anche se il mondo non fosse stato così pacifico. Lei era così egoista, non capiva proprio come preferire un mondo di pace ad un'esistenza senza di lui.
Le uscì una lacrima solitaria.
Lei avrebbe voluto dirgli che non era solo, che ora sarebbero stati insieme, lei sarebbe rimasta al suo fianco e gli avrebbe stretto la mano nelle situazioni più difficili, quando tutto intorno a lui sarebbe stato freddo ed incolore, quando sarebbe arrivata la fine e non avrebbero più avuto un posto in cui andare. Lei non si sarebbe arresa come sentiva di star facendo adesso senza di lui.
Gli avrebbe detto di continuare a combattere se ne valeva la pena, perché insieme ci sarebbero riusciti, di essere forte perché lei sarebbe rimasta lì per lui e non ci sarebbe stato niente che avrebbe potuto dire o fare per farla desistere, perché non c'è un altro modo quando si arriva alla verità.
Ora erano così lontani, lo avrebbe tanto voluto avere li con lei, sempre. Ormai era troppo tardi, tutto era scomparso, la fine era arrivata e lei non era riuscita a stare al suo fianco.
Lei anche aveva le sue motivazioni per combattere, qualcuno da difendere, ma lui non aveva bisogno di essere difeso e forse non lo voleva neanche. Era stato tutto inutile?
Lui voleva morire, alla fine di tutto.
Voleva dirgli che credeva in Zero, nei suoi ideali e che lo appoggiava, che amava la gentilezza di quel gesto e che era proprio da lui.
Era solo riuscita a dirgli che lo amava, nonostante tutto e che il destino non poteva essere cambiato perché lei si sarebbe sempre innamorata di lui e se era questo il suo destino quale era il loro? Cosa era destinato a loro? Come sarebbero riusciti a fare funzionare un'esistenza solitaria? Lui era morto, da quanto sapeva di dover morire? Perché non le aveva detto addio? Si era sforzato tanto per farla stare bene e poi per mantenerla in vita e poi era lui che si voleva fare ammazzare. Che senso aveva avuto allora farla vivere?
Scoppiò di nuovo a piangere, succedeva sempre più spesso, non riusciva più a darsi un controllo. Questa vita si faceva sempre più pressante. Era uno strazio esistere in un mondo che andava avanti felice di essersi liberato dell'amore della sua vita, in un mondo che insisteva, che esisteva solo grazie al suo sacrificio.
Si sentiva dilaniare il petto non appena cercava di essere felice. Non poteva essere felice. Non senza di lui, non era giusto neanche sorridere o non pensarlo e quella stronzata della vita da fare anche per lui era complicata ed insensata perché lui non sarebbe tornato in vita, perché lui non avrebbe mai visto i suoi sforzi.
Piangeva e si disperava, le lacrime si mischiavano all'acqua bollente. Si strinse tra le sue stesse braccia e si poggiò alle mattonelle della doccia. Cercava di tenere su i pezzi.
La mancanza di lui era opprimente, il non averlo mai avuto era asfissiante e il non poterlo mai più avere era devastante. Un dolore devastante.
Si sentì mancare l'aria, l'ossigeno sembrava davvero troppo poco e, ad occhi serrati, prese il braccio della doccia, regolò il getto facendo uscire l'acqua con una pressione maggiore e, senza neanche volerci pensare, lo posizionò in modo da darsi piacere. Non lo aveva mai fatto e sentì il battito accelerare, annaspava in cerca di aria mentre il godimento che provava lo immaginava di ricevere dal suo Lelou. Sospirò e chiamò il suo nome più volte mentre muoveva in senso orario l'oggetto del piacere. Si immaginò lui sussurrarle il suo nome nell'orecchio tra sussulti di piacere e bastò quello per farla venire. Rimase in apnea per dei secondi prima di tornare lucida e cosciente. Si rese conto di ciò che aveva fatto e si lasciò scappare dalle mani l'oggetto incriminato. L'acqua spingeva tra le pareti della doccia facendo apparire il tubo un serpente impazzito. Shirley aveva portato le mani alla bocca e guardava quella scena senza riuscire a muovere un muscolo.
Sarebbe stato così? O magari meglio.
<< Shirley è tardi! >>
La voce della madre la fece sobbalzare per lo spavento ma servì per farla riprendere. Mise a posto il braccio della doccia, diminuì la potenza del getto e si diede un ultima sciacquata veloce.
Quando uscì si sbrigò ad indossare la divisa e a sistemarsi i capelli, scese in soggiorno, prese una brioche al volo, la borsa sulla sedia e corse all'ingresso.
<< Ciao mamma!>>

Era insolito per lui svegliarsi così presto, ma oggi sarebbe dovuto andare ad occupare l'alloggio scolastico che gli era stato assegnato. Le lezioni le avrebbe iniziate solo l'indomani.
Non sapeva se ne valeva ancora la pena portare avanti questa farsa. Infondo l'aveva rivista e stava bene, quel tizio non era nessuno e lei non lo aveva dimenticato. Che senso aveva rischiare ancora?
Non aveva senso, voleva solo fare ciò che lo rendeva felice e questo lo faceva, stare insieme a lei lo faceva. Non voleva rinunciarci ora. Anche se doveva fingere di essere qualcun altro.
Avrebbe avuto modo di vederla oggi?
Chissà se quello le avrebbe dato fastidio di nuovo.
Aveva passato la notte a pensare a che razza di stronzo egoista era diventato pur di averla ancora al proprio fianco, si era giustificato ricordandosi il giorno in cui aveva creduto di averla persa per sempre.
Quel giorno credeva di essere morto insieme a lei, o almeno una parte di lui se ne era andata. Non poteva più fingere di essere un normale studente innamorato, anche lei aveva perso la vita per colpa sua. Lei che aveva cercato con tutte le sue forze di proteggerla e tenerla lontana, colei che si era impedito di amare per non coinvolgerla più nella realizzazione dei suoi piani.
Quando la teneva tra le sue mani sporche del suo sangue non credeva nemmeno più nei suoi stessi ideali, il domani che voleva creare stava sanguinando anch'esso. La sua luce si affievoliva e lui si sentiva sprofondare nel buio del nulla assoluto, neanche il suo più grande sogno riusciva a riportarlo a galla. Non aveva più speranze per un ipotetico futuro, perché non aveva forze per sperare ancora, perché perdere ciò che si era appena trovato è come morire disarmati e a lui era già la seconda volta che accadeva con lei e il mondo intorno a lui sembrava essere così vuoto.
Lui, che aveva sempre vissuto sospeso in un compromesso, si era ritrovato in un silenzio assordante a dover decidere cosa sarebbe stato giusto fare. Portare a termine ciò che si era prefissato o rendersi conto di ciò che stava perdendo?
Quella sdraiata in una pozza di sangue era il suo ultimo pezzo di umanità. Avrebbe seguito quel silenzio e magari lo avrebbe portato ad un tramonto più bello. Uno con il colore dei suoi capelli. E magari avrebbe trovato delle risposte a tutte quelle domande famigliari a chiunque avesse una tomba su cui piangere.
Ne era valsa la pena?
Mentre le lacrime offuscavano i suoi occhi, la vita in lei svaniva in un gioco di luci e ombre date dal sole splendente. Che ironia. Sembrava riflettesse tutte le sue bugie sul corpo esanime della ragazza che amava. Una bugia in particolare sembrava danzarle sul volto ed aspettava di capire quale fosse ma non ci arrivò mai, tante ne aveva dette.
Quel giorno, dopo che aveva lasciato la ragazza nelle mani di un equipe medica, si rese conto che aveva perso anche il suo amore, insieme a quello della sorella e si chiese se con il tempo avesse perso anche la fede, l'unica cosa che gli restava alla fine di quei giorni duri.
Aveva perso chi era rifiutando il suo amore, credendo che fosse superficiale, non poteva proprio capire o capacitarsene che in realtà lei sapeva ciò che era e perché. Il suo cuore era rotto, senza amore, senza vita, con parole perse all'interno che lo portavano avanti per inerzia.
Ma la fine era vicina e avrebbe scoperto chi era dall'inizio. Anche senza riportare a casa il proprio cuore. Libero, avrebbe urlato e corso contro tutto questo tempo sprecato in cui non aveva guadagnato niente e perso tutto. Ma la guerra non era ancora finita e lui aveva bisogno di sperare ancora e intorno a lui c'era il sole, c'era la luce e, oltre al suo cuore, c'erano altre cose rotte da dover riparare. E chi se non lui? Quando, se non ora? Per il loro mondo, per quando e se si sarebbe svegliata, per il cuore di lei che con amore lo aveva conquistato, avrebbe continuato a combattere perché, in silenzio e senza saperlo, erano tutte le persone come lei che glielo chiedevano. 
Perché non riusciva a stare in silenzio davanti alle ingiustizie?
Ieri, era morto ancora, nel sentirsi chiamare con un nome diverso dal suo.

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