Capitolo 1

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Tutto era iniziato un martedì come un altro, per la gente comune.
Il sole era alto nel cielo e doveva essere una bellissima giornata, ovviamente per le persone normali.
Io correvo tra i campi, ma non saltellando felice come una bambina di cinque anni alla ricerca di un mondo che non c'è, ma strisciando a fatica una gamba rotta e tenendomi l'anca destra sanguinante.
Dopo due mesi rapita da un uomo di cinquanta anni, ciccione, brutto, ma molto ricco, violentata e umiliata, ero riuscita a scappare da lui e ora correvo alla ricerca di un posto sicuro.
Sedici anni. Solo sedici anni, con entrambi i genitori morti, mandata in un orfanotrofio e poi presa in affidamento da un verme schifoso che voleva solamente una bambola per i suoi giochi pornografici.
Sentii una macchina che viaggiava lungo quella strada piena di ghiaia alla mia ricerca.
Mi buttai a terra sperando che gli alti fili d'erba mi coprissero e mi misi a gattonare dalla parte opposta della strada.
Sentivo il sangue che ribolliva dentro di me, la testa pesante e il corpo che chiedeva un po' di pace. Però non potevo fermarmi, non potevo.
Non avevo più forze, quell'uomo mi aveva distrutto la vita. Mi aveva portato via la dignità e la fiducia nel maschio.
Di solito una ragazzina di sedici anni sogna un bell'uomo, che la ama, la desideri. Lui aveva distrutto tutto in quei soli due mesi.
Però ora ero libera o almeno così credevo.

Raggiunsi una strada deserta dopo due ore di camminata, anzi, di strisciata. Non sentivo più nessun dolore, ma solamente stanchezza.
Lì vicino c'era un distributore di benzina, mi ci accasciai contro e aspettai che il sonno mi portasse via.
Pensavo che sarei morta, ma due braccia forti mi raccolsero e mi adagiarono in un'auto.
Durante il viaggio in macchina socchiusi gli occhi per vedere se era uno dei protettori del maiale che mi aveva accudita, per così dire, ma subito mi tranquillizzai nel vedere che era uno sconosciuto. Non vuol dire che ero al cento per cento tranquilla là dentro con un uomo, ma ero troppo stanca per ribellarmi e scappare da lì.

Per un giorno intero dormii. Qualcuno mi curò e rimise a posto la mia gamba. Erano mani di una ragazza, ormai le sapevo riconoscere.
Il giorno dopo aprii con calma gli occhi e vidi che ero in una grande stanza piena di letti da ospedale, ma si vedeva che non lo era.
Mi alzai con fatica, andai verso una finestra e vidi che l'edificio si allungava fino ad un bosco. Era un grande castello.
- Ti sei svegliata! - sentii dire alle mie spalle.
Mi voltai e davanti a me c'era una ragazza dai lineamenti duri, quasi tristi, capelli corvini e pelle chiara.
-Io sono Jennifer, ma puoi chiamarmi Jenni. Tu invece? -
Mi chiese.
- Marta. -
- Qui puoi inventare un nome. -
- Marta va bene. -
- Ti porto da Tyler e le altre. -
- Tyler? - chiesi.
- Si, Tyler Hoechlin. È lui che ti ha trovata. Salva tutte le ragazze che trova per la strada e che sono state violentate. -
- È una bella persona. - feci io più che altro perché volevo evitare il silenzio.
- Dipende dai punti di vista. - aggiunse lei dopo che raggiungemmo una grande porta di legno.
Quando l'aprii mi trovai sedute ad un tavolo dieci ragazze e poi un uomo sulla trentina.
Jenni si avvicinò a lui e quest'ultimo le iniziò a palpare il sedere.
-Lei è Marta. - mi presentò Jenni.
Mi fece sedere vicino ad una ragazza dai capelli biondi. Era molto carina e pure lei aveva uno sguardo triste.
In realtà in quella stanza erano tutte molto belle e tutte molto tristi.
-Io sono Nikka. - si presentò la bionda vicino a me.
Jenni prese a parlare: - Marta benvenuta tra noi. Qui impariamo a combattere e soprattutto rubiamo, per poi vendere la merce a uomini molto ricchi. Qui siamo tutte sorelle e figlie di Tyler Hoechlin, non altro che nostro educatore. -
Mentre parlava vedevo nella sua espressione che ciò che diceva non era del tutto vero e che aveva paura.
Mi voltai verso Tyler e notai che mi osservava con un certo interesse e questo mi mise subito all'erta.
- Imparerai le diverse arti marziali e a sparare. Sappi che se deciderai di rimanere qui avrai tutta la protezione di Tyler e il nostro supporto. E vendicheremo le tue sofferenze e i torti che ti sono stati afflitti. - continuò Jenni.
Dopo le diverse presentazioni Tyler si alzò senza spiccicare mai parola seguito da Jenni.
Rimanemmo tutte noi altre lì.
- Marta. - mi fece Nikka: - Questa notte verrà da te. -
- Chi? -
- Tyler. -
- Perché? -
- Tu non ribellarti per nessuna ragione e non cercare di scappare. Tanto non serve. -
Guardai tutte le altre ragazze.
-Siamo tutte state abusate da uomini e molte sono anche prostitute. Lui in fondo ci protegge. - continuò Nikka.
- In fondo? -
- Andiamo. - ci interruppe una ragazza riccia. Penso che fosse marocchina: - Ti accompagno nella tua stanza. -

Mi accompagnò lungo un grande corridoio e mi fece entrare in una camera da letto a dir poco decorata con stemmi, spade e grandi teli colorati.
Al centro c'era un grosso letto a baldacchino e vicino una porta che conduceva al bagno.
Lasciata sola mi feci una bella vasca profumata e calda e mi rilassai, dimenticando tutto quello che era successo e dove mi trovassi.
Mi addormentai per circa una mezz'oretta, ma una presenza mi svegliò e l'acqua aveva perso tutto il suo calore.
Lì davanti a me c'era Tyler.
- Cosa vuole? - chiesi.
Era a torso nudo e teneva solamente un paio di pantaloni jeans e degli stivaletti.
Entrò dentro la vasca con me e rimase a fissarmi.
Non sapevo cosa dire. Nikka mi aveva avvisata.
Lo fissai anche io e mi persi nei suoi occhi color verde acqua.
Si avvicinò piano a me e prese a sfiorarmi le labbra con calma studiandole.
Per un po' mi lasciai abbindolare, ma quando mi trascinò giù mettendosi su di me mi resi conto che qualcosa non andava.
Cercai di ribellarmi schizzando da una parte all'altra, ma mi fermò con tutto il suo peso e andò giù, giù, sempre più giù raggiungendo la mia parte intima, da lì gli tirai uno schiaffo e questo non gli piacque, mi diede un bel ceffone che mi fece sbattere il muso contro la vasca. Svenni.

Dopo mi portò nella sua camera da letto...

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