Nella tasca a destra in alto

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Per tutta la notte, non riuscii a fare altro che a pensare alle parole della profezia. Era impossibile levarmele dalla testa. Quando Luke le aveva pronunciate, mi sono sentito quasi morire. Riuscivo a percepirle ovunque, le sentivo ogni singolo secondo rimbombarmi nella testa, con lo stesso tono acido con cui erano fuoriuscite dalle labbra del biondo. Ero scappato, subito dopo averle sentite. Non ce l'avevo fatta, non avrei retto gli sguardi dei ragazzi nemmeno per un altro istante. Non dopo aver scoperto ciò che mi aspettava.

Un Mezzosangue figlio di uno degli Dei maggiori

Si riferiva sicuramente a me, visto che Poseidone, Ade e Zeus avevano fatto il patto di non avere figli e il dio degli Inferi l'aveva bellamente infranto nel momento in cui si era innamorato di mia madre, dando me alla luce.

crescerà, seppur tra gioie e dolori

Ed era vero, ero cresciuto tra gioia e pianto. I bulli a scuola, i pomeriggi con Michael, la malattia e la morte di mia madre, lo stress a causa della scuola, i mental breakdown alle tre di notte, la sensazione costante di avere un pezzo mancante, un vuoto dentro che non sai se riuscirai mai a colmare.

Inganni e tradimenti luogo prenderanno

Questo non sapevo bene a cosa si riferisse, ma probabilmente c'entrava il ragazzo del Campo che aveva evocato il Leone di Nemea, magari per conto di uno degli Dei, nonostante mi veniva difficile credere che potessero arrivare a mettere in pericolo un intero gruppo di semidei per ucciderne uno solo. Tuttavia, non avevo la minima idea del perché qualcuno avrebbe dovuto evocare un mostro all'interno del Campo se non quella.

Ed il mondo nel caos i tre fratelli getteranno

Questo verso non riuscivo minimamente a collegarlo agli altri. Non riuscivo a capire chi fossero i tre fratelli in questione, tantomeno se con il mondo la profezia intendesse il mondo umano o quello divino. O entrambi.

Solo una scelta, presa tra le rovine

Decreterà dell'Olimpo il trionfo o la fine

Ed infine, gli ultimi due versi. Speravo, con tutto il cuore, che non si riferissero a me, ma dentro di me potevo sentire benissimo che non fosse così. Sapevo che avrei dovuto compiere una scelta, ma non sapevo di che tipo. Il destino dell'Olimpo era nelle mie mani ed ora capivo tutta quella voglia che avevano gli Dei di uccidermi. Niente Calum, niente profezia, Olimpo felice. Giusto. Anch'io avrei provato ad impedire l'avvenimento di una profezia apparentemente spaventosa in tutti i modi, nonostante uccidere qualcuno non fosse proprio nel mio stile. Sta di fatto che non riuscivo a smettere di pensarci. Sarei potuto andare via dal Campo e lasciare che qualche mostro mi uccidesse, anche perché non avrei mai avuto il coraggio di togliermi la vita da solo. Certo, molte volte ho desiderato di morire, ma non avevo mai pensato al suicidio, nonostante tutto. Ero un cagasotto, alla fine. E sapevo che non avrei mai avuto il coraggio di prendere una vita, né la mia né quella di qualcun altro. Non era compito mio farlo. Quella notte, dormii poco. Ed il poco sonno che riuscii a recuperare, fu un incubo, letteralmente, perché non appena chiusi gli occhi, ebbi una sorpresa a dir poco scioccante.

"Dai Joy, sbrigati!" Urlò una ragazza, in lontananza. Non la conoscevo, così come non conoscevo il posto in cui mi trovavo. Era un Luna Park, ma non sapevo dove fosse situato. I miei occhi scrutarono la scena, seguendo poi lo sguardo di colei che aveva urlato e mi soffermai a guardare una ragazza, intenta a comprare dello zucchero filato. Era mia madre da giovane, era uguale alle foto che mi aveva mostrato mentre era ancora con me. E, se quella era mia madre, dovevo trovarmi per forza in Ohio, quando ancora stava studiando all'università. Ma perché stavo sognando una cosa che non avevo neanche vissuto?

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