Un centauro mi fa da guida turistica

321 43 49
                                    

Il Campo era un posto meraviglioso. Chirone mi aveva portato in giro, mostrandomi ogni cosa mentre mi spiegava per bene ciò che facevano lì. Mi disse che il Campo poteva essere sia annuale sia estivo, stava al Mezzosangue decidere se restare solo per l'estate o tutto l'anno quando, ovviamente, era meno affollato. I ragazzi si allenavano sotto la sua guida, il signor D. (che scoprii essere Dioniso, il dio dell'ebrezza) era il direttore generale insieme a lui ed Argo, un uomo che aveva occhi dappertutto (letteralmente), era il responsabile della sicurezza. Mi mostrò anche i vari edifici, quali la Casa Grande, dove alloggiavano lui e Dioniso e dove si tenevano le riunioni; la grotta dell'Oracolo (una specie di mummia che emanava profezie, o almeno così disse lui); l'armeria, il poligono di tiro con l'arco, il laghetto con le canoe, il muro d'arrampicata, un poligono da giavellotto, un anfiteatro, un campo da pallavolo, un'arena, una stalla dei pegasi (dei quali ancora non riuscivo a credere l'esistenza), un bosco abitato dalle ninfe, dove si svolgevano le varie attività e sfide, campi di fragole (che usavano per pagare le spese del Campo), e una mensa, ovvero un padiglione senza tetto, contornato da colonne greche e situato su una collina affacciata sul mare, con più o meno una dozzina di tavoli. Questi venivano condivisi ed ogni Mezzosangue sedeva insieme ai propri fratelli e sorelle, senza poter sedere ad un altro tavolo. Mi mostrò anche uno strano pino che, a detta di Chirone, proteggeva il Campo con una barriera magica, dall'alto della collina su cui poggiava. Mi raccontò che quel pino era Talia, la figlia di Zeus, che aveva perso la vita durante una battaglia con un ciclope, nel tentativo di salvare la vita ai suoi amici e permettere loro di entrare al Campo. Disse che Zeus ebbe pietà di lei e la trasformò in un albero, cosi da permetterle di continuare a proteggere tutti i Mezzosangue. Una storia molto triste, che mi mise angoscia, in un certo senso. Quella ragazza aveva dato la vita per i suoi amici ed era stata trasformata in un fottuto albero dal suo stesso padre. Non era giusto, per niente. Comunque, al Campo ci si allenava tutto il giorno, così da essere sempre pronti in caso di attacco, nonostante la maggior parte delle volte si finisse in infermeria (parole sue, non mie). Scoprii anche che la specie a cui egli apparteneva erano i Centauri, figli di Crono, titano del tempo e padre dei primi dei, mentre gli uomini per metà capra erano i satiri che, a differenza nostra, veneravano il dio Pan, scomparso da secoli e cercato invano da migliaia di satiri negli anni, che non avevano mai fatto ritorno dal loro viaggio. Nonostante ciò, non si davano per vinti e continuavano a cercare, anche se a detta di Chirone era inutile, dopo tutto quel tempo passato senza avere notizie. Un po' ammiravo la loro determinazione, io non sarei riuscito a resistere per un mese, figuriamoci per secoli. Ero una persona davvero impaziente, avevo bisogno di fare tutto e subito, non riuscivo a stare fermo un attimo e ciò a volte diventava fastidioso, sia per me che per gli altri. Io e Michael eravamo molto simili in questo. Anzi, a dirla tutta, noi eravamo simili in tutto. Per un momento pensai che fosse a causa del nostro essere Mezzosangue, ma poi realizzai che ciò non avrebbe mai potuto influire sul nostro carattere. O almeno, così credevo. Ognuno di noi era diverso, lo vedevo anche con Ashton, sebbene lo conoscessi poco e niente. E sinceramente non ci tenevo più di tanto a conoscerlo meglio. Sembrava quel tipo di persona che non vorresti mai nella vita, una di quelle scorbutiche e antipatiche che ti rispondono male alla minima domanda. E poi chiamavano me stronzo.

"E queste sono le case. Ognuna ha il simbolo di uno degli Dei e deve essere condivisa con i propri fratelli e sorelle" Mi disse, fermandosi nel bel mezzo della nostra camminata. Io per poco non andai a sbattere contro il suo sedere da cavallo, ma okay. Feci capolino da dietro di lui e vidi venti case dispose a U, ognuna dedicata ad uno degli Dei dell'Olimpo.

"Quale casa appartiene a chi?" Chiesi, da bravo ignorante qual ero. Non conoscevo la mitologia greca, quindi automaticamente non riuscivo a distinguere i simboli degli Dei. Lui mi guardò con sufficienza, probabilmente cercando di evitare di dirmi quanto fossi stupido, prima di cominciare a parlare.

Brand New EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora