Non sempre è come pensiamo.

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Ero agitatissima. Tutti i giorni per tutta la settimana mi sono sfogata con Dylan su quanto fossi nervosa, e lui mi tranquillizzava, e molte volte mi zittiva semplicemente con un bacio. Mi sono fatta descrivere i suo genitori un centinaio di volte, per essere preparata. Di quanto mi ha detto, sono una coppia dall'età di diciotto anni, e da allora non si sono mai lasciati, sempre insieme. È così che voglio le mie storie. Che durino mesi, fondati sul vero sentimento che è l'amore.

Non so ancora se Dylan è la persona con cui vorrei passare il resto della mia vita, voglio dire, è troppo presto, e "tutta la vita" è davvero tanto tempo, ma so per certo che lui è la persona con cui voglio stare ora.

Giovedì ho passato l'intero pomeriggio sui libri, cosa che non faccio quasi mai, ma avevo bisogno di una buona scusa per distrarmi. Ero concentrata a studiare la mente umana, quando ricevo un messaggio di Dylan:
-'Ei piccola'
piccola? Da quando sono diventata piccola?
-'Domani andiamo a mangiare nel mio ristorante preferito, voglio che l'incontro con i miei sia un'uscita importante. Ti passo a prendere alle sei e mezza. A domani piccola, sei bellissima.'

Merda. Perché Dylan la riteneva una cosa così importante? È solo una cena. Cosa ci sarà mai di così importante? E ora cosa mi metto? I capelli legati o sciolti? Rossetto rosso o pesca? Oh Dio Santo.

La notte non ho chiuso occhio e le lezioni sembravano non terminare più. Arrivata a casa mi sono subito messa a dormire e alle quattro mi sono svegliata per prepararmi.

Dopo essermi fatta la doccia ho rivoltato l'armadio per cercare qualcosa di carino da mettere, e alla fine ho deciso di indossare un vestito nero, classico ed elegante. Così almeno, ero sicura di non sbagliare. Mi sono piastrata i capelli e ho notato ancora che in certe zone del capo ci son delle parti un po' vuote. Come dire, con meno capelli, ecco. Non c'ho fatto caso, ero troppo agitata. Sono passata al trucco, e ho deciso di passare una lieve linea di matita nera sotto l'occhio, e mettere il mascara, e per contrastare i capelli chiari e il vestito nero, ho scelto il rossetto rosso. Tacchi e via, ero pronta. Ma Dylan ancora non era arrivato, e aumentava la mia agitazione. Dopo addirittura sette minuti di tragica ansia, ecco che suona al campanello. Volevo andare via velocemente, non si sa mai che arrivi mia madre e ci veda, non che ci fosse qualcosa di male, ma lei non sapeva ancora nulla, e ritengo che sarebbe stato troppo dirle 'Ciao mamma, lui è Dylan, il mio ragazzo. Stiamo insieme da tre settimane e mi porta a conoscere i suoi. Ah, la cena è in forno. Buon appetito.' Per poi uscire di corsa prima che realizzi cosa le ho detto e che inizi a farmi le mille domande che ci avrebbero posto già i genitori di Dylan. Che poi voglio dire, stiamo insieme da tre settimane ormai e ci conosciamo da un mese. Ecco, un mese. Che sarà mai? Tanti nostri coetanei stanno insieme un mese e poi si lasciano. Magari ai tre mesi..

Non importa. Riesco a vedere l'ansia anche negli occhi di Dylan. Gli tremano le gambe e le mani gli sudano. Per lui dev'essere davvero importante, allora lo è anche per me. Gli prendo la mano e inizio a camminare per andare in macchina, ma lui non si muove. Quando mi giro mi tira a sè, mi accarezza la guancia e mi sussurra
-'sei bellissima.'
Da quando me lo dice lui, ci credo un po' di più, e mi bacia. Un bacio pieno di felicità, dolcezza, paura e.. rossetto rosso. Quando mi stacco e lo guardo scoppio a ridere, il rossetto, ce l'aveva lui. Siamo saliti in macchina e con un fazzoletto l'ho pulito e lui mi guardava, dritta negli occhi, come non mi aveva ancora mai guardata.
-'Ei, che c'è?'
Mi stavo preoccupando
-'Nulla, è che..'
si è fermato, balbettava
-'È che..' - 'Merda. Mia madre, sta arrivando. Parti Dylan, parti!'
L'ho interrotto e credo anche di averlo spaventato, ma non volevo proprio che mia madre ci vedesse.

In cinque minuti siamo arrivati al ristorante, e io non reggevo l'ansia. Siamo entrati e fra tutta la gente, senza che Dylan mi dicesse nulla, li ho riconosciuti. Erano proprio come li ha descritti.

Ci siamo avvicinati e non so chi dei due fosse più nervoso. Faccio per stringere la mano e la mamma di alza e di colpo mi abbraccia. Poi passando a Dylan mi dice
-'Ah giusto, sono Ambra. Oh che bella ragazzina che sei.'
Non faccio in tempo a presentarmi che ricevo l'abbraccio pure del papà, Simone. Dopo avermi guardata, rivolgendosi a Dylan dice:
-'Ragazzo, non ci avevi detto che è così carina!' - 'Perché non lo è. Lei è bellissima.'
Ha ribattuto lui, con voce fiera e sguardo felice.

Abbiamo passato una bella serata, anche se non ho detto molto. Ero silenziosa, preferivo ascoltare i genitori di Dylan per conoscerli meglio e anche per ascoltare gli aneddoti sul figlio. Dylan era un po' imbarazzato, e cercava di giustificarsi sempre, ma la mamma aveva le sue armi segrete: le foto. Anche volendo, non poteva negare l'evidenza. Ad ogni modo terminata la cena ci siamo diretti alla macchina, dove ho ringraziato per la bella serata Ambra e Simone, e ce ne siamo andati, diretti a casa mia.

Ero soddisfatta della serata, pensavo sarebbe andata diversamente, e in peggio, a dire la verità. Ma non sempre è come pensiamo.

Io e Dylan abbiamo riso e scherzato su quegli aneddoti per tutto il tragitto fino a casa, ma abbiamo smesso quando stranamente l'ha superata.
-'Dylan, hai superato casa mia.'
Non ha risposto, ha solo accennato un sorriso.
-'Dylan, torna indietro su. Cosa vuoi fare?' - 'Ti.. ti porto in un posto. Ultima tappa. Questa sera, sei mia.'

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