Certezze inesistenti.

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Sento qualcosa di caldo che mi accarezza la guancia. Mi rendo conto di aver freddo, e a quel tocco sorrido. Poi sento una voce, la sua voce.
-'Sembri un angelo.'
Ancora assonnata apro gli occhi, mi tiro su e sento di avere il torcicollo. Poi lo vedo. Velocemente mi alzo dalla sedia, mi guardo intorno affannosamente, cerco di sistemarmi un po' i capelli e intanto farnetico qualcosa, per esempio gli chiedo scusa, gli dico che mi ero addormentata e chiudo la bocca quando incrocio i suoi occhi. Azzurri e belli come sempre.

-'Che ci fai qui?' 
-'Mio padre è dovuto rimanere l'intera notte e non potevo andare a casa. Ero tornata da te, ma stavi già dormendo.. ho visto che avevi freddo e ho chiesto una coperta, sono rimasta a farti compagnia e mi sono addormentata.. scusa, ora vado subito.'
Ero molto imbarazzata, lui bello anche di prima mattina, e io.. bhe, io no.
Proprio mentre stavo per uscire mi prende un braccio:
-'No, non andartene'
Quando mi giro lo guardo negli occhi, e in quel momento abbassa lo sguardo e aggiunge:
-'Cioè, ehm.. se devi andare vai pure, s-se puoi però, se non devi fare nulla, cioè, ehm.. ti va di fare colazione insieme a me? Cioè si, se vuoi..'
Era insicuro della mia risposta, ma era nello stesso tempo così dolce.. appena finita la domanda rispondo con un grande e certo si. Che poi di certo, non c'era nulla. Tornando sul pianeta Terra penso che prima dovevo chiedere a mio padre.. ah giusto, mio padre.
-'Ah si, prima chiedo a mio padre.. vedo che deve fare, torno subito.'
E mentre esco mi giro a guardarlo, ed è così bello, che non riesco a non sorridergli.

Vado nella stanza di mio padre, e lui sta ancora dormendo. Apro le tende della camera e lui inizia a lamentarsi come un bambino.
-'Papà alzati, sono le sette. Fatti una doccia e vestiti, io vado a fare colazione con un mio amico, l'ho incontrato qui, era a fare delle visite..' 
- 'Chi è? Lo conosco?'
Mi chiede come se gliene importasse qualcosa.
-'No, non lo conosci. Alzati, veloce. Ti aspetto fra mezz'ora in macchina.'
Gli comunico impazientita. Passo per il bagno della sua stanza e mi lavo i denti con gli spazzolini usa e getta che gli ospedali lasciano li. Mi sistemo un po' i capelli ed esco di corsa.

Torno nella sua camera, e senza bussare apro la porta. Lui si stava vestendo, era senza maglia, la stava giusto giusto prendendo dal borsone. Penso di essere sbiancata. Farfugliando come sempre gli dico:
-'Oh scusa, non ho bussato. Non volevo, mio padre ha detto.. scusa, ehm io t-ti aspetto fuori.' 
-'Calmati, rimani pure, mi stavo vestendo. Allora, puoi venire?'
Mi risponde con il suo bel sorriso e la sua sicurezza. Ho abbassato lo sguardo e sono diventata rossa in faccia. Oltre che bello, pure un fisico niente male.
-'Oh si giusto, ha detto che non c'è problema, solo che tra mezz'ora devo essere davanti alla macchina..' 
- 'Allora non perdiamo tempo'.
Ha preso il suo borsone, se l'è messo su una spalla e mi ha presa per mano. I suoi occhi brillavano più del suo sorriso e avvicinandosi a me, mi ha sussurrato "corri."

Abbiamo corso per tutto l'ospedale, varie infermiere ci hanno rimproverati, ma non le abbiamo ascoltate, non ci siamo neanche fermati. Le scale fatte di corsa, le risate, le scivolate sul pavimento, il fiatone. Era tutto così eccitante.

Quando siamo arrivati al bar abbiamo subito ordinato, io ho chiesto una brioche vuota e un succo di frutta, ma lui  ha cancellato la mia ordinazione e ha chiesto alla cameriera due brioches alla nutella, due cioccolate calde, e una ciambella anche quella al cioccolato. Quando la cameriera se n'è andata mi ha "confessato" di amare il cioccolato. E io ridacchiando gli ho detto che anche io andavo matta per il cioccolato. Abbiamo parlato e parlato, gli ho detto che quel venerdì sarei andata a tingermi i capelli e a farmi il piercing al naso e quei trenta minuti sono sembrati cinque minuti. Abbiamo iniziato a conoscerci meglio, non sono mai stata così contenta. Era il momento di andare via, così l'ho ringraziato per la colazione, siccome ha pagato lui, e l'ho ringraziato anche per il libro. In quel momento è arrossito, e poi, prima che me ne accorgessi mi ha dato un bacio in guancia. E mi ha sussurrato: 'Sei bellissima'  e  'Ci vediamo venerdì.'
Io l'ho guardato imbarazzata e intanto non capivo. Poi ha aggiunto:
-'Devi farti il piercing e tingerti i capelli, no? Bene, ti accompagno io. Ti vengo a prendere dopo scuola, andiamo a mangiare e poi andiamo dal parrucchiere, va bene? Una mia amica è una parrucchiera, ti prenoto un appuntamento.'
Ero così emozionata che l'ho abbracciato. Lui mi ha stretta forte, come non mi volesse fare andare via. Era tardi, sentivo già mio padre che mi chiamava, così sorridendo gli ho detto:
-'Ci vediamo venerdì.. uhm.. aspetta, ma non so neanche il tuo nome!' 
- 'Oh si, giusto. Sono Dylan. E tu?'.
Lo guardavo meravigliata, che bel nome "Dylan" e gli stava d'incanto.
-'Emma. Lo so, non è un granchè, io non sono un.. Si, Emma.' 
-  'Bene, Emma, sei bellissima.'
Gli ho fatto un ultimo sorriso, e sono uscita.

Mentre andavo a scuola ho ripensato a quell'ultima mezz'ora con lui, a quel che ci siamo detti. Ho ripensato a quando mi ha detto "una mia amica è una parrucchiera." Chi è quell'amica? Sarà la sua ragazza? No, l'avrebbe detto. Quanto sono amici? Cosa gli dirà di me? Non mi piace quella. Ma aspetta, non so chi sia. Non importa, non deve essergli amica, non mi piace. Perché sono così? Forse è gelosia.. gelosia? Perché mai? Porca troia, no. Non ho una cotta per lui. Non può essere. Proprio no. Quanto è bello.. Oh, il suo abbraccio, i suoi occhi, il suo sorriso.. lui.

Porca troia, ho una cotta per Dylan.

Sogni scadutiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora