Capitolo Tre

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Passai qualche giorno a dedicarmi ad un dolce far niente, nonostante le telefonate non smettessero, chi si dispiaceva, chi mi chiedeva di tornare alla carica, di reagire. Ma per la prima volta in vita mia, non stavo dando retta a nessuno, rispondevo a monosillabi e mi dedicavo esclusivamente ad attività essenziali, come mangiare, dormire e lavarmi. Persino la barba era stata lasciata a sé stessa.

Sapevo che non poteva durare a lungo questa stasi ma volevo godermi anche questo momento per poi, forse, ripartire più carico ed in forma.

Al quarto giorno di pigrizia assoluta, mentre rileggevo alcuni messaggi, ritrovai anche quelli di Gaia, nel marasma di tutti quelli che mi avevano mandato e a cui, per la maggior parte, non avevo nemmeno risposto.

"Come stai?" Le scrissi, così, di getto, senza nessuna razionalità.

Poi lasciai il telefono sul divano e mi dedicai a prepararmi la cena e mentre la mangiavo solo in cucina, in piedi con il piatto in mano, lo sentii vibrare.

"Sto bene, professore. Il ginocchio è quasi completamente guarito. Solo un po' stanca, ho finito molto tardi stanotte. E lei come sta?"

Era tornata ad un tono più formale ma sicuramente più sciolto e meno ostico.

"Sto bene, davvero." Perché avevo bisogno di ribadirlo con lei? " Mi sto riposando come non succedeva da molto tempo. Tu non dovresti tornare a casa così tardi alla notte, è molto pericoloso."

"Professore, è il mio lavoro, ma sto attenta. Vuole venire a controllare che faccio la brava?"

Sorrisi leggendo. Piccola strafottente, perché all'improvviso trovavo interessante chiaccherare praticamente del nulla con una ragazzina. Mi stavo avviando in un terreno che non conoscevo, ma era troppo divertente e fuori dai miei schemi e sentivo che ne avevo profondamente bisogno.

"Stai attenta che ho abbastanza tempo libero per poterlo fare. " Le risposi ancora, molto divertito

"Venga pure, non ho nulla da nascondere, se è ancora in grado di fare le ore piccole. Ma la avverto che qui serviamo birra in boccali e non vini pregiati i flute di cristallo."

Piccola insolente, non avrei dovuto continuare quel teatrino. Ma cosa avevo da fare? Era tutto totalmente innocente.

"Ragazzina, non sono sempre stato un vecchietto come mi vuoi dipingere, dammi l'indirizzo, potrebbe venirmi veramente la voglia di venirti a controllare."

Ero completamente impazzito, non era da me comportarmi in quel modo. Ma non le risposi ancora, una piccola parte razionale mi invitava a stare attento.

Eppure, quella sera dopo cena, nella mia auto, stavo per raggiungere il pub di Gaia.

Una birra non poteva certo uccidere nessuno.

Mentre guidavo, continuavo a ripetere che era qualcosa del tutto innocente e che Gaia era così piccola rispetto a me che non poteva essersi fatta pensieri strani.

Fermo ad un semaforo, fui tentato di invertire la marcia e tornare indietro. Mi fissai allo specchietto. Sensazioni controverse invasero il mio stomaco, la voglia per una sera di non essere Giuseppe Conte e allo stesso tempo sapere che poi tutto sarebbe tornato come prima.

"Solo per una sera." Mormorai a me stesso mentre ripartivo verso la mia meta.

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Quella sera il pub era invaso di motociclisti per un raduno e sembrava una bolgia infernale del peggior tipo. L'alcool scorreva a fiumi e non ero rimasta ferma un secondo.

In quelle serate era necessario avere un occhio di riguardo alla sicurezza, di solito i bikers erano pacifici, ma bastava una piccola scintilla per scatenare un casino.

"Una birra per questo vecchietto, signorina. Grazie."

Mi voltai e per poco il vassoio che avevo in mano non si sfracellò a terra.

"Non ci credo..." Dissi più a me stessa che a lui.

" Ma cosa ci fa qui professore? Questa sera siamo invasi dai vichinghi." Continuai mentre spinavo una generosa pinta di birra chiara per lui.

Lui si sporse verso di me e notai immediatamente come i suoi abiti fossero totalmente informali, a stento lo avrei riconosciuto per strada.

Si avvicinò a me per parlare, dato che la musica iniziava ad essere un volume molto alto.

"Ti stupirà sapere che anche io ho due moto." Mi disse molto compiaciuto di sé stesso e di avermi evidentemente stupita.

"Allora forse non è proprio da buttare professore." Risposi, mentre servivo un altro cliente.

"Dovrebbe essere un complimento questo?" Chiese, falsamente risentito.

"Può darsi..." Risposi sorridendo.

Poi dovetti continuare a servire tutti i clienti che attorniavano il bancone e la musica dal vivo si fece assordante.

Eppure il professore era ancora lì che si gustava la sua birra e guardava la band suonare.

Se solo tutti gli avventori si fossero accorti di chi era seduto su uno sgabello vicino a loro. A vederlo, quella sera, non aveva nulla di diverso da molto altri. Certo, un bell'uomo e questo Gaia non poteva negarlo, ma vederlo in mezzo a molte persone, lo riportava ad una dimensione umana che eliminava il Presidente.

Per tutta la sera lo vidi molto concentrato ad ascoltare la musica, osservare altri e c'era chi persino aveva brindato con lui nel mezzo della baldoria.

Mi osservava intenta nel mio lavoro, affaccendata tra bicchieri, cocktail e shot. Anche se qualche cliente si perdeva ogni tanto in apprezzamenti poco richiesti, tutto era rimasto abbastanza calmo.

Poi, verso le due, finalmente la musica era cambiata, eravamo passati da hard rock a pop e anche qualche ballata.

Stavo asciugando dei bicchieri e lo vidi sorridere nel vedere due biker sfidarsi a braccio di ferro su un tavolo.

"Mi spiace averla trascurata professore. " Dissi, appoggiandomi un po' al bancone.

"Se vuoi saperlo, non mi sono per nulla annoiato. E' stato qualcosa che non avevo mai fatto e devo ammettere che sono stato bene.!" E il suo tono era piacevolmente stupito.

Credetti che entro poco se ne sarebbe andato e mi avrebbe salutata, era veramente tardi eppure ostinatamente il professore rimaneva lì. Fino a che si voltò nuovamente verso di me e riprese a parlarmi.

" Ti accompagno io a casa stasera. Non accetto obiezioni."

Matteo aveva osservato tutta la scena, mentre contava i soldi in cassa.

Poco dopo mi si avvicinò per chiedermi se fosse tutto ok, mi voleva bene e temeva sempre che qualcuno mi importunasse.

Annuii velocemente e lui si dileguò nella piccola cucina del pub.

Mezz'ora dopo ero pronta per andarmene, sciolsi i capelli che ricaddero generosamente sulle spalle e raggiunsi il professore che nel frattempo era seduto fuori e come avevo fatto io qualche sera prima, osservava le stelle.

"Professore, è tardissimo. Perché non va a casa?"

Lui si voltò verso di me e sorrise gentilmente. Aveva un bellissimo sorriso e io dovevo smettere di notare quanto fosse affascinante.

"Non è poi così tardi, a palazzo Chigi ho fatto ore ben più piccole. Ti va se camminiamo un po'?"

Potevo dirgli di no? Anche se erano ore che stavo in piedi ed ero davvero stanca, in fondo potevo anche fare un piccolo sforzo. Aveva aspettato molto prima che io finissi di lavorare.

Questa serata riservava ancora molte sorprese e io avevo intenzione di godermele tutte.

Un giorno, all'improvviso (Giuseppe Conte Fanfic)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora