Capitolo Tredici

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On parcouru les chemins, on a tenu la distance.
Et je te hais de tout mon corps,
mais je t'adore...
On a parcouru les chemins, on a souffert en silence.
Et je te hais de tout mon corps,
mais je t'adore encore.

Le chemin - Kyo


Posai i fogli che avevo tra le mani sulla scrivania. Dovetti poggiarmi allo schienale di pelle, cercando di mantenere un contatto con la realtà.

Strinsi così forte le mani sui braccioli che quasi ne strappai il rivestimento.

Servirono un paio di giorni ai miei agenti per procurami un dossier accurato su Gaia. Non sapevo cosa aspettarmi, ma quando lo ricevette rimasi allibito dalla mole di documenti presenti.

Mi decisi ad aprirlo solo dopo alcune ore, avevo evitato di guardarlo mentre lavoravo, ma la sua presenza era fin troppo ingombrante.

Ordinai che nessuno mi disturbasse e mi inoltrai nella lettura, le mani tremavano, stavo violando la libertà di Gaia e lei mi avrebbe odiato per questo.

La prima pagina era un attestato di nascita e quelle successive solamente documentazione anagrafica senza importanza.

Poi un diploma da liceale allo scientifico, qualche esame all'università con buoni voti in lingue straniere, viaggi all'estero, Francia, Spagna, Stati Uniti, Inghilterra e molti altri. Poi il delirio, verbali di pronto soccorso, almeno una decina.

Famiglia benestante, una sorella, genitori ancora in vita.

Quella parola: intossicazione per abuso di droghe, terapia, entrata ed uscita dai SERT per il trattamento per la disintossicazione.

Fino all'ultimo verbale di un ricovero: tentato suicidio dovuto ad assunzione di sostanze psicotrope.

Non seppi con quale forza continuai a sfogliare quel faldone che sembrava carico di morte.

Verbali di pronto soccorso che riguardavano la sorella Francesca, una leucemia combattuta per anni, una vita passata negli ospedali.

Poi il ricovero definitivo di Gaia in una casa di cura, l'esito positivo della sua disintossicazione, la fuga da Perugia, minimi contatti con i genitori. La sua vita a Roma, il lavoro per il tribunale come traduttrice grazie ai viaggi studio dove aveva conseguito diplomi di lingua in scuole straniere.

Rilessi ancora i verbali del pronto soccorso. Forzandomi di non pensare a lei, alla Gaia che io avevo conosciuto, quella che fuggiva ma che conduceva una vita anonima in periferia.

Mi aveva mentito per tutto questo tempo. Il rifuggire da me, dai legami era dovuto alle sue bugie. Al suo pesante passato che a quanto pareva pregiudicava anche i suoi rapporti con chiunque.

Raggirato come uno stupido. Mi ero fidato per l'ennesima volta della persona sbagliata.

Battei un pugno alla scrivania, il legno scuro vibrò con forza.

"Bugiarda!" Urlai, rimproverando me stesso per tutto.

Lanciai i documenti a terra, in un moto di rabbia che mi lasciò completamente vuoto.

"Bugiarda..." Mormorai ancora, con la voce rotta dal pianto.

Tradito nel modo peggiore, nella fiducia riposta in una sciocca ragazzina che non sapeva affrontare i suoi fantasmi.

Mi affacciai alla finestra per respirare, mi sentii soffocare dalle pareti, dagli stucchi dorati, dai soffitti agghindati. Tutto sembrava soffocarmi.

Un giorno, all'improvviso (Giuseppe Conte Fanfic)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora