Capitolo Nove

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Palazzo Chigi, Luglio 2020

La ripartenza, dopo la pandemia più grande che il mondo moderno aveva conosciuto, sembrava essere l'incarico più importante della mia vita.

Mi ritrovai a guidare un Governo ancora traballante, nel momento in cui tutti gli italiani avevano maggiormente bisogno di stabilità. Ma tutto sembrava dover essere precario nella mia esistenza.

Ogni giorno correvo per essere presente dovunque fosse richiesto, dormii in auto appoggiato al sedile mentre viaggiavo, mi ritrovai a mangiare velocemente qualcosa mentre venivo scortato da un capo all'altro di questa nazione che aveva bisogno di una guida onnipresente.

Ero gratificato dalle persone, chi mi chiamava Padre della Nazione e chi mi contestava, ma in coscienza sapevo che non avrei potuto fare più di quello che era stato fatto.

Ritornai a Palazzo Chigi dopo quasi due settimane di trasferta continua.

La prima cosa che desiderai fu di concedermi una doccia e qualche ora di sonno. Mi fissai allo specchio del bagno, ero sconvolto. Mi sentivo almeno venti anni di più di quelli che realmente avevo. Passai una mano sul viso, sospirando di sconforto.

Non sapevo se le forze mi avrebbero abbandonato, ero solo cosciente che ero sfinito.

Non vedevo mio figlio da almeno un mese, lo chiamavo ogni sera ma ogni volta doverlo lasciare e non poter sentire la sua voce mi amareggiava, rendendomi nervoso, appesantendo ulteriormente il mio lavoro.

Mi distesi a letto e chiusi gli occhi sperando che almeno Morfeo con me fosse clemente e mi lasciasse l'oblio di qualche ora di riposo.

Ma le mie preghiere sembravano inutili, perché dopo molto tempo passato a girarmi tra le lenzuola, il sonno ancora non sembrava arrivare.

Mi misi a sedere, poggiando la schiena alla testiera del letto, prendendo poi il mio telefono, costantemente acceso ad ogni ora.

Scorsi la lista dei messaggi, come facevo spesso, per controllare di non aver dimenticato nulla.

Non so per quale masochismo rilessi le conversazioni con Gaia.

"Scusa se me ne sono andato stamattina, ma gli impegni da adesso in poi si moltiplicheranno. Ma avrei voluto rimanere con te, credimi."

"Non ti preoccupare, ho comunque del lavoro da fare. Non mi devi spiegazioni Giuseppe."

Quella ragazza sembrava continuare a sfuggirmi tra le mani, era inafferrabile e provare chiederle qualcosa, significava sbattere contro un parete troppo forte.

"Ciao Gaia, oggi parto e non so ancora quando sarò di ritorno a Roma. Ripenso spesso alla nostra notte."

Non era da me espormi in quel modo, ma Gaia sembrava davvero essere al di sopra di ogni sentimento, forte e gelida. Non ero certamente io la parte dominante in quella situazione.

"Buon viaggio Presidente."

"E' tutto quello che sai dirmi?"

"Sì Giuseppe, so stare al mio posto, non voglio e non vorrò pretendere nulla. Abbiamo passato una bellissima notte, non lo nego, ma il tuo lavoro è troppo importante per pensare a quello che è stato."

"Sei una maledetta piccola stronza Gaia."

Sapevo di aver esagerato, di essere stato scurrile e maleducato, la frustrazione che mi crearono le sue parole non smise mai di crescere.

Ogni giorno le mandai messaggi, da qualsiasi parte d'Italia fossi, le chiesi persino perdono per le mie parole indecenti ma non ricevetti alcuna risposta, nonostante lei leggesse tutto.

Un giorno, all'improvviso (Giuseppe Conte Fanfic)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora