Capitolo Venti

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Dedicato a Chester Bennington.



"Abbiamo tutti luce e oscurità dentro di noi.

Ciò che conta è la parte con cui sceglieremo di agire.

Ecco chi siamo veramente."

Da "Harry Potter e l'ordine della Fenice" di J.K. Rowling


Perugia, Aprile 2012


Basta!

Non posso più sentirli litigare ancora, le loro voci mi irritano fino a farmi scoppiare la testa. Francesca, e ancora Francesca. L'odore di disinfettante che aleggia in casa mi fa venire la nausea. Loro mi danno la nausea.

Le lacrime insulse di mia madre, le urla di mio padre. In un guazzabuglio di infermieri presenti ad ogni ora, di flebo e medicinali.

E' giusto vivere in quel modo? Non può la morte essere caritatevole e portare con sé tutto?

Lo sguardo deluso di mio padre mi accompagna in ogni momento.

Il poliziotto che mi ha riaccompagnato ieri sera, si è raccomandato di buttarmi in camera e gettare le chiavi. Probabilmente credeva di ferirmi in qualche modo, ma le sue parole mi sono scivolate addosso fino a sparire.

Nulla riesce a toccarmi, nemmeno mia madre che tenta in qualche modo di smuovere la mia coscienza.

Devo essere una sorella amorevole, sono adulta, sono grande, sono matura.

E io che non la vedo nemmeno, che penso a come evadere da questa casa che mi ha castrato per anni. Ero inesistente fino a che non ho iniziato a dare problemi, questa è la verità.

Non appartengo a nessuno, non ho nulla che mi attende qui. Ed è sola mia la colpa, perché fino ad ora ho seguito le loro regole, le loro piccole leggi per non avere altri situazioni spiacevoli.

Ma per una volta, in questo schifo di vita, voglio essere la variabile, la scheggia impazzita che non riescono a frenare. Quella scheggia che si conficcherà così a fondo che sarà impossibile da ignorare.

Pensano davvero che io non sia conoscenza dei tradimenti di mio padre o della depressione perenne che accompagna mia madre, che trova solamente consolazione in spese futili, nella vana speranza di possedere un po' quella felicità che suo marito e la vita stessa non le hanno dato?

Ma in questo voglio seguirti madre, i soldi possono comprare una parte di felicità, e io non voglio rinunciarci.

Per questo, anche se è notte fonda, scappare dalla finestra della mia camera, è sempre fin troppo facile.

Perugia è una città che sa offrire molto più di quello che i miei genitori e i miei professori possano pensare. Basta sapere dove cercare.

A poche centinaia di metri dal mio liceo, posso trovare ogni tipo di svago e io ho l'intenzione di concedermi tutto quello che non ho mai avuto.

Voglio sognare ad occhi aperti, farmi stringere da persone che non conosco, rischiare. Osare dove gli altri temono.

Calarsi quella dose è un gesto veloce, la scossa che ne ricevo è così rapida che quasi mi fa cadere.

Finalmente posso respirare, questa sono io. Io so sognare, so desiderare, so decidere cosa è bene per me.

Mi abbandono su una panchina, le stelle sembrano muoversi mentre le osservo.

Tutto sembra etereo, morbido e liquido.

Sono immersa in acque calde, non posso muovermi se non galleggiare e lasciarmi trasportare dalle onde, ovunque vogliono portarmi.

Perugia sparisce, Francesca scompare, le urla sono lontane.

Non posso muovermi, mentre il mio sogno ad occhi aperti continua.

Urla e ancora urla, luce blu accecante.

Ma ho bisogno di chiudere le palpebre e continuare il mio viaggio. Questo viaggio che io devo e voglio compiere fino a che avrò forza.



"Ehi guardami! Apri gli occhi ragazzina!" Urla l'infermiere, cercando di scuotere quella ragazza distesa su una panchina.

Ha ancora l'ago nel braccio e sembra catatonica.

"Avverti che arriviamo con un codice giallo. Questa è completamente fatta." Dice al suo collega che non è per nulla stupito.

La caricano su una barella, senza nessuna fretta, abituati a quelle situazioni.

Gaia riposa, in pace nel suo viaggio, nella sua fuga dalla realtà che sembra schiacciarla con il viso a terra. E mentre annaspa per riemergere, la sua vita sembra scorrerle tra le dita, così rapida e veloce che lei non sembra essere mai in grado di afferrarla.

Il giorno seguente, ancora una volta verrà riaccompagnata a casa, ancora affronterà la delusione di suo padre e la commiserazione della madre. Passerà davanti la porta della camera di Francesca, senza il coraggio di aprirla.

Ancora una volta Gaia si chiederà a quale luogo appartiene la sua esistenza.

Senza ottenere nessuna risposta. Finendo a credersi sola e bastarda, figlia del niente.*

I want to heal, I want to feel,
What I thought was never real
I want to let go of the pain I felt so long
Like I'm close to something real
I want to find something I've wanted all along
Somewhere I belong

Somewhere I belong – Linkin Park

*citazione tratta da "Angelo" dei Prozac+

Un giorno, all'improvviso (Giuseppe Conte Fanfic)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora