1. Il primo incontro

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[Settembre 2016]


L'appuntamento di questo pomeriggio non mi entusiasma particolarmente. Il nome "M. Hamilton" non suscita in me grandi aspettative, ma nulla di nuovo sotto questo cielo: trovare qualcuno che incontra la mia approvazione è una sfida non da poco, lo ammetto.

Rientrare fra le mie grazie è un'impresa in cui pochissimi sono riusciti nel corso del tempo.

Classe 1981, sono uno di quegli uomini, si può dire, che si impongono su tutto il resto del mondo già solo con la presenza. È la mia stazza che aiuta, quasi di metri su cui i geni di pura discendenza Kennedy esplodono in una bellezza resa fredda e scostante dal mio sguardo, quello che riservo al mondo intero. Da mia madre – santa donna - ho preso i capelli biondi, gli occhi di un blu intenso, lo sguardo penetrante rischiarato da un barlume di vivacità. Sempre da mia madre ho ereditato il sorriso disarmante e quel fascino che, negli anni, mi ha reso magnetico ma mi ha anche salvato il culo più volte di quanto mi piaccia ammettere.

Su di me, sulla sua famiglia, si è tanto scritto e tanto parlato e ancora scrivono e parlano. Noi Anderson facciamo notizia ancor prima di fare effettivamente qualcosa. La mia è una famiglia con un retaggio politico e giuridico importantissimo, una di quelle che non sono famiglie, ma dinastie.

Un impero fondato su una famiglia che nel corso degli anni è riuscita ad imporsi sul panorama politico-giuridico canadese, che si è fatta conoscere grazie al talento misto alla spregiudicatezza di mio nonno. Ecco chi siamo noi Anderson. Gente capace di arrivare ovunque, conquistare qualunque cosa se solo ne aveva voglia. Non si può dire che nella mia famiglia manchi l'ambizione. Non mancava certo in mio nonno Arnold quando si è imposto come uno dei migliori avvocati penalisti del Paese.

Imposto, sì. Non dichiarato. Perché Arnold Anderson non deve chiedere niente, lui se lo prende e basta. Non da meno è stato William Harrison Anderson, mio padre. Mantenere alto il valore della famiglia, soddisfare le aspettative non era facile, ma mio padre ha alzato ancora di più l'asticella. Un pochino di più. Questo è il suo unico merito per quanto mi riguarda, poi inizia la serie di comportamenti altamente deprecabili di cui vi risparmio perché oggi mi sento magnanimo.

Ma è stato bravo nel suo lavoro, tanto che su di noi è ricaduto un peso immane. Siamo Anderson dopotutto, a noi tutto può riuscire, no?
Siamo in tre. Tre figli nati dall'unione di William con Katherine Marie Kennedy: Jacob, io e Rosalie. Tre personalità e fisicità diverse, ognuno di noi brillante in ciò che ha scelto di fare. E io ho scelto di essere come mio nonno.

Non che sia stata una scelta conveniente la mia, parliamoci chiaro: non c'è niente di facile nel seguire la strada percorsa da mio nonno, ma quando mai mi sono piaciute le cose facili?

Se mio nonno ha imposto un livello, mio padre ha poi alzato l'asticella ancora più su, io e mio fratello Jacob abbiamo fatto ancora meglio.

Jacob è un promettente politico, astro nascente del partito liberale nel panorama politico canadese. Spregiudicato, opportunista quanto basta per approfittarsi delle situazioni quando queste volgono a suo favore oppure piegarle ai suoi interessi. Anderson docet.

Io? Beh, io sono brillante. Ho un intuito infallibile, sono stato addestrato più duramente di tutti gli avvocati che sono passati sotto le mani di mio padre e mio nonno, ho preso il meglio da entrambi e l'ho fatto mio. Sono diventato inattaccabile, una macchina da guerra e molti si chiedono com'è possibile che non mi sia ancora buttato in politica.

Molti si chiedono troppe cose su di me, anche perché effettivamente sulla mia vita, eccettuati gli studi e la carriera, non si sa niente. Se pubblicamente mi mostro irreprensibile, privatamente pretendo di essere un fantasma. Al contrario di mio fratello Jacob, di me non si sa niente di niente.

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