6. Welcome home.

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"Abbiamo deciso di rispedirti in Corea, hai bisogno di un ambiente che ti metta in riga, sei completamente allo sbando.

Jeongin scoppiò a ridere mentre i suoi genitori seduti all'altro capo del tavolo gli facevano un cazziatone sui suoi comportamenti, gli sembrava più un volersi liberare di un problema, più che un aiuto nei suoi confronti.

"Volete sbarazzarvi di me, lo comprendo.

Disse Jeongin facendo spallucce, dopo aver quasi sfiorato la morte il giorno del suo compleanno, tra lui e i suoi genitori i rapporti erano precipitati rovinosamente mettendo un'altra volta a repentaglio la serenità della sua falsa famiglia, ora lo volevano rispedire da dove era venuto, ma non gli importava granchè, se volevano allontanarlo da Sydney avrebbe assecondato la sua volontà, sarebbero stati meglio senza di lui, e lui sarebbe stato meglio lontano da una città che gli ricordava solo tutti i suoi errori e tutto l'inferno che si era portato dietro fin da piccolo distruggendo qualsiasi cosa al suo passaggio.

"Abbiamo ricevuto un'offerta riguardo ad un progetto scolastico, hanno notato i tuoi voti e ti vogliono dare una borsa di studio per un anno di studio all'estero dove verrai ospitato da una famiglia coreana, riportarti a contatto con la tua cultura d'origine può farti bene Jeongin, non conosci nulla della Corea, non conosci la vita che avresti potuto fare vivendo lì.. Penso sia una buona opportunità di metterti in contatto con te stesso, di scoprire chi sei.

Continuò suo padre, cercando di mediare come al solito la situazione tra loro, senza che come ogni volta tutto quel parlare sfociasse in una situazione spiacevole per la famiglia, più volte era successo che una calma chiacchierata si concludesse con un litigio violento, ma Jeongin era troppo stanco per dar vita ad un incendio, quindi decise di assecondare le loro decisioni senza fiatare, sarebbe andato tutto meglio una volta scappato da quella prigione, più libertà senza dover dare conto a nessuno tranne ad una famiglia a cui probabilmente non sarebbe importato nulla di lui. I ricordi di quella notte, però, continuavano a tormentarlo : il discorso dell' "altro Jeongin", quel ragazzo mai visto sul bordo della piscina, ora quel viaggio studio capitato così all'improvviso sembrava solo una trappola, se davvero qualcuno voleva rapirlo come gli aveva detto la sua mente quello sembrava proprio un momento ideale, ma come poteva sottrarsi al suo ipotetico destino? Se avesse raccontato a qualcuno di ciò che gli era davvero successo a quella festa, l'avrebbero rinchiuso in un manicomio e avrebbero buttato via la chiave della sua cella per lasciarlo marcire lì fino alla sua morte. Ormai rassegnato aveva accettato il suo trasferimento e nel giro di una settimana si era ritrovato da solo in aeroporto ad attendere l'arrivo del suo volo, era di nuovo in completa solitudine, già ecco a cosa l'aveva portato la sua vita, a stare da solo con sé stesso, forse era proprio vero quello che gli aveva detto la sua allucinazione, forse l'unica cosa su cui poteva fare affidamento era la sua mente compromessa. Jeongin scoprì che la Corea non era poi così male, forse perchè non si sentiva l'unico "muso giallo", forse perchè finalmente aveva trovato amici che non c'erano solo nel momento della baldoria, ma anche dopo.. Esatto, "momento della baldoria", perchè Jeongin nonostante fosse appena arrivato aveva già trovato terreno fertile per tornare alle sue vecchie e malsane abitudini : documenti falsi, droghe, night club.. Forse era vero quello che dicevano i suoi genitori adottivi, forse non c'era speranza per uno come lui, quindi tanto valeva rovinarsi la vita fino all'ultimo, ritrovandosi ad andare anche con uomini più grandi di lui che rimorchiava nei club che frequentava ogni weekend. Di ragazzi come lui ne aveva trovati a bizzeffe, ora non si sentiva più l'unico rifiuto umano sulla faccia della terra, finalmente aveva trovato qualcuno che capisse il disagio e la desolazione che lo accompagnava ad ogni passo della giornata, eppure nonostante tutto aveva ancora il presentimento che qualcosa non andasse, si sentiva perennemente osservato, e gli sembrava di vedere quel misterioso ragazzo ovunque, ogni volta che lo vedeva il suo corpo iniziava a scappare lontano, quasi come sapesse qualcosa di cui Jeongin non era a conoscenza, solo i suoi soliti farmaci mettevano a tacere un attimo quella paranoia, creata da un cervello instancabile che lavorava continuamente ad un ritmo sempre più veloce, come se periodicamente fosse sottoposto a aggiornamenti di miglioramento.  Fra le feste e la scuola, Jeongin aveva trovato il tempo di iniziare a scavare nel suo passato, era partito andando all'orfanotrofio in cui era stato adottato, ma una volta arrivato alle porte, le trovò chiuse da un grosso lucchetto, il luogo in cui aveva trascorso i mesi forse più calmi della sua vita era stato abbandonato a sé stesso, ormai in completa rovina, ma spinto dal suo istinto cercò un modo di entrare in quel posto, trovando poi modo di infiltrarsi tramite una finestra spaccata. Quel posto ormai stava in piedi per miracolo, la polvere e il tempo l'avevano completamente ingoiato, un posto perfetto per girare un film horror secondo Jeongin, sembrava quasi il manicomio di American Horror Story, sperava solo di non trovare qualche orfano abbandonato che aveva deciso di diventare un serial killer.

Out of mind - The lab rat [jeonglix]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora