the third

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La paura si impossessó del mio corpo,le gambe non mi si muovevano. Gli occhi sbarrati,un solco nello stomaco,il respiro irregolare. Le mani mi sudavano mentre mi torturavo le unghie. Incrociai lo sguardo della mia migliore amica Cristina,che ormai non mi parlava piu per via delle mie "relazioni discutibile". Io e lei eravamo due sorelle,gemelle,inseparabili, eravamo capaci di capirci soltanto guardandoci. Mi squadrò severa,ma nei suoi occhi grigio perla si leggeva una tristezza muta e sorda,che non voleva farsi vedere,che avrebbe voluto non esistere. Annuì. Ancora una volta,avevamo capito tutto. Non potevo affrontarlo,pensai di scappare. Era una cosa vigliacca,immatura,ingiusta,non potevo farlo. Eppure lo stavo gia facendo. Ero vicina alla porta quando quella voce severa e dura,mi riportò alla realtà che non potevo ignorare.

de autore,non le è stato recapitato il mio avviso?>>
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Dissi con uno strano coraggio che non mi giustificavo neanche io. Sapevo che sarebbe stato soltanto una meteora,nella mia testa,e che prima o poi se ne sarebbe andata lasciando posto al buio più totale. Il suo ufficio era accogliente,tutto in legno di ciliegio e verde,arredamento che mi riportava a una delle aule nella facoltà letteraria di Brighton,a tre ore da Londra.  Mi immaginai dinuovo quelle onde violente, il colore del ghiaccio sporco, la schiuma bucherellata che mi gelava i piedi,e quel ponte con le luci ancora spente immerso nella foschia di prima mattina. Quell'immagine mi calmò prima che la preside si sedesse cacciando alcuni fogli che non riconobbi subito.

Non sono mai stata esperta in leggi o che altro ma li era schietto,duro,matematico... 22-17...alunno-prof...mi sedetti,le gambe non mi reggevano. Tremavano,mi sembravano fradice,zuppe d'acqua,pesanti. Tremavo tutta. Mi si stava distruggendo un mondo.

********** PARLA ALESSANDRO *********

Passai per la presidenza per raggiungere il bagno superiore. Sentii delle parole,dei singhiozzi,il rumore nervoso di alcuni passi,che conoscevo. Capii subito. Quella calma fitta,il silenzio apparentemente calmo ma poi teso,si poteva quasi suonare,come la corda di un violino. "Vattene,cammina,tranquillo,torna in classe" pensai ma non abbastanza velocemente da poter fermare il mio passo. Entrai,ignorando le urla,il cartello rosso con su scritto "non disturbare". La vidi e mi sembrò la persona piu fragile dell intero universo. Non piangeva,non ancora,ma tremava,aveva gli occhi piu tristi che io abbia mai visto,la pelle tirata e le labbra morse a sangue. Mi rimasero in mente quegli occhi scremati verdognoli, rossi,che non appena mi vide divennero in vetro. Era diventata tutta di vetro,avevo paura che si rompesse mentre piano si avvicinava a me e mi stringeva a se. Vidi lo sguardo della preside addolcirsi,quasi impietosirsi,mentre  ci invitava a sederci. È amore vero,giusto? >> disse piano, come a ricordarselo. Se non lo fosse,preside,io non sarei qui e non starei cosi>> iniziò a sfogliare delle carte. <<Alessandro,fra sette mesi sarai maggiorenne...ho un idea sapete>> continuò con le carte, per poi dire il verdetto. <<Se tu,Jessica ti licenzi adesso,ti costituisci alla polizia non accennando a questa scuola,cosi che potrai passare 7 mesi in carcere e dopo stare liberamente con lui.>> vidi quel vetro rompersi,disperdersi in singhiozzi graffiati,e lacrime salate e calde. Le mani che tremavano,firmarono quel contratto,per poi uscire dalla camera fredda e rigida,le gambe che sembravano cedere,lei che sembrava distrutta. Tutto stava prendendo una piega sbagliata,e io avevo solo voglia di svegliarmi con un amnesia,felice,e dimenticarmi di tutto questo.

questo amore proibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora