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FINN

Se avessi saputo che l'inverno a Londra sarebbe stato così freddo non sarei mai partito. Quella non era nemmeno la motivazione maggiore.
La mia vita era tornata ad essere una merda totale, l'unico ragazzo che aveva avuto il coraggio di avvicinarsi a me era il classico emarginato che non aveva mai avuto un amico in vita sua...se non altro potevo parlare con qualcuno. La voce dei filmati si era diffusa in fretta anche qui e ormai tutto l'istituto si era fatto un pessima idea di me. Sono più che certo che ci fosse stato lo zampino di qualcuno, una persona che sapeva per filo e per segno ciò che era successo e che invece di accettare le conseguenze delle sue azioni aveva preferito continuare a rompermi i coglioni. E chi poteva essere se non Iris?
L'avevo lasciata e rifiutai di rimanere da lei in attesa dell'inizio dell'anno all'istituto musicale, ma di certo non abbandonai l'opportunità di andare a studiare lì. Anche perché con che coraggio sarei rimasto a Los Angeles? I miei amici mi odiavano, molto probabilmente più di quanto aveva fatto Jacob in un anno e l'unica di cui mi importava davvero l'avevo ormai persa per sempre. Era stata colpa mia? In parte, di certo uno come me non poteva ricevere qualcosa di bello senza che il corso degli eventi non gliela mettesse nel culo, ma ormai era tardi. Il solito coglione quale sono non ha seguito Soph fino a casa sua per spiegarle tutto, non ha spaccato la faccia a Jacob, ha preferito lasciare Iris e andarsene esattamente come aveva fatto l'anno prima.

Calciai violentemente un sassolino e lo buttai nel laghetto.

Forse avevo pensato che nessuno avesse la ben che minima voglia di rivolgermi la parola e anche a mesi di distanza devo dire che lo penso ancora.

Quindi partii da solo, o meglio con la famiglia di Iris, perché non avevo trovato in tempo altri aerei.
Quella fu l'ultima volta che la vidi di persona anche se come ho detto la sua presenza si avvertiva dappertutto; dalle cose che mi dicevano, da come mi guardavano e dalla distanza a cui si tenevano i miei compagni. Sembravo un danno con le gambe, un ragazzo che dovunque andasse portava solo guai, e la cosa che mi faceva ancora più incazzare era che avevano ragione.
Solo un cazzo di cretino poteva finire così: a camminare in mezzo alle papere ad Hyde Park la domenica mattina. Persino i vecchi che incontravo avevano più compagnia, il che non era difficile dato che non avevo nessuno. Mentre passavo davanti a loro con le mani nelle tasche del giubbotto e lo sguardo basso sentivo che parlottavano e vedevo con la coda dell'occhio che mi indicavano. Come dargli torto dopotutto, quale ragazzo gira da solo a diciassette anni? Io.

Presi una stradina secondaria, l'aria gelida mi colpiva il viso e sentivo le dita diventare piano piano dei ghiaccioli. Se fossi riuscito a ritornare al dormitorio senza rischiare l'ipotermia mi sarei ritenuto un ragazzo fortunato. Considerando però che si trattava di me allora quest'ultima ipotesi era da scartare.
Mi sedetti su una panchina e mi si congelò il culo, poi la schiena quando mi appoggiai allo schienale.
Era talmente freddo che nemmeno gli scoiattoli giravano.
Sentii in lontananza delle voci, a mano a mano che si avvicinavano diventavano sempre più riconoscibili, erano il mio compagno di stanza, Luke, insieme ai suoi amici. Loro erano più o meno l'equivalente del mio gruppo a Los Angeles...ex gruppo. Conosciuti da tutti e simpatici quanto basta da essere sempre i benvenuti ovunque. Luke era perfetto in ogni campo, bravo a scuola, il migliore a dirla tutta, un fenomeno a giocare a baseball e sicuramente ci sapeva fare meglio di me con le ragazze. Almeno lui non era così scoppiato da fare i video mentre le scopava.
Non me ne andai, in genere non lo faccio, a parte ovviamente quando non dovrei assolutamente farlo, perché sono un fottuto idiota.
-Wolfhard! Non pensavo fossi un tipo da passeggiate al parco. Quando non ti ho visto in camera pensavo fossi a farti qualche puttanella, poi mi sono ricordato che nemmeno loro vogliono avere a che fare con te-.
Ovviamente per simpatici intendevo con gli altri, con me era già tanto se non sputavano nel mio cibo.
-Infatti sto puntando sulle papere e so che questo posto è molto frequentato-.
-Se non fossi uno stronzo bastardo saresti anche simpatico- continuò Luke ridendo, poi si avvicinò e mi si posizionò davanti.
Alzai la testa e lo guardai negli occhi.
-Senti lasciami in pace, non ho voglia di parlare con nessuno e tantomeno con voi-.
-Poverino, non ne hai voglia?- domandò ironico un altro ragazzo, Andrew. Lui non era quello intelligente della famiglia diciamo, però era alto e grosso, bastava quello.
-Lo sai che mi sono scopato la tua ex ragazza ieri? Mentre tu eri a lezione era venuta a cercarti e io ne ho approfittato. Una figa così non ce la si fa scappare, tu sei l'unico- riprese Luke.
-Bravissimo. Ti consiglio lavarti perché lì dentro ci sono entrati un po' tutti-.
-Lo sai bene visto che anche tu sei entrato un po' ovunque-.
Mi alzai e mi avvicinai a lui. Eravamo alti uguali e io ero anche meno muscoloso ma pazienza, avevo i miei modi per farmi rispettare.
-Vedi di sparire-.
-Se no cosa mi fai? Un video?-. I suoi amici ridacchiarono e perfino le due ragazze che si erano portati dietro.
-Non so quanto verrai bene col naso rotto-.
Alzò gli occhi al cielo e scosse la testa.
-Ti consiglierei di evitare di metterti nei guai più di quanto tu non lo sia già-. Detto questo girò sui tacchi e proseguì per la sua strada con gli altri che lo seguivano come cani al guinzaglio.
-Testa di cazzo...- sussurrai di nuovo solo.
Mi risedetti di nuovo e presi il cellulare. I pollici mi si stavano congelando ma pazienza, l'unico modo che avevo per veder Sophie era dalle foto; non quelle recenti dato che mi aveva bloccato dappertutto ma da quelle vecchie che ci eravamo scattati insieme, e questo faceva ancora più male. Rivedere il suo sorriso era un colpo al cuore. Solo guardarla mi faceva sorridere e subito dopo incazzare perché se ne era andata ed era colpa mia. Strinsi il cellulare tra le dita e con il pollice dell'altra mano le accarezzai la guancia, come se mi aspettassi che prendesse vita e mi parlasse. Nonostante mesi di silenzio per me era impossibile dimenticarmi del suono della sua voce, perché quelle parole, "Ho mentito quando ti ho detto che non mi avresti mai persa, è appena successo" continuavano a rimbombarmi in testa. Mi ricordavo perfettamente anche del suo profumo, della sensazione che mi provocava toccarla. Mi mancava tutto di lei, i suoi capelli, i suoi occhi, i suoi baci e le sue dita tra i miei ricci.

Si stava facendo tardi e cominciava a diventare buio, mi misi le cuffie e feci partire l'unica canzone che ascoltavo perché mi riportava a uno dei ricordi più belli che avevo, "Wish you were here" dei Pink Floyd.
L'avevo suonata il giorno del nostro primo bacio che non era mai stato così lontano.
Mi alzai dalla panchina e cominciai a camminare, diretto verso l'istituto.

How I wish, how I wish you were here
We're just two lost souls
Swimming in a fish bowl
Year after year
Running over the same old ground
And how we found
The same old fears
Wish you were here.

Unexpected lover 2 || Finn Wolfhard Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora