Il mattino dopo mi sveglio con un mal di testa incredibile, causato dai postumi della sbornia e dai ricordi. Lentamente inizio a ricordare quello che è successo. Fa tutto male, la testa, le braccia, i ricordi, il cuore.
Velocemente prendo il telefono, gli invio un sms. “ Ho sbagliato ieri sera, scusami. Ti prego. Ho bisogno di te.”.Non riceverò mai una risposta a quel messaggio, né agli altri. Non risponderà mai a nessuna chiamata, e per strada farà finta di non conoscermi. Il dolore lentamente diventa apatia nella quotidianità, scemando in uno stato di automatismo del corpo, mentre la mia mente si spegne. Ma se il dolore non si fa più sentire, il ricordo si fa sempre più vivo. I suoi occhi, del colore del mare cullano i miei sogni, e i suoi capelli neri sono il buio in cui mi perdo, ma la sua luce non verrà a salvarmi.
Ho spento il cervello. Non voglio più farlo funzionare. Basta pensare, perché fa male.
Ho spento il cuore. Non voglio più soffrire. Basta amare, perché fa male.Guardo le stelle in cielo, e le odio. Hanno smesso di guidarmi, la loro luce non illumina più la mia vita. Quei minuscoli puntini non hanno più significato. E mentre le guardo mi chiedo se questo è perché mi sono innamorata di quel ragazzo, ma l’amore non nasce in poche settimane. Allora perché soffro così tanto?
Lui mi ha fatto battere il cuore quando pensavo si fosse fermato, ma ora il mio petto è di nuovo muto.…
Ho iniziato a fumare. Mi calma, mette a tacere tutti i sentimenti. Con una sigaretta in mano riesco a tenere a bada i sentimenti, riesco a rimettere a posto quello che è stato spostato.
Ma al peggio non c’è mai fine: in casa litighiamo di nuovo, le sciocchezze non hanno mai fine, e nessuno capisce di non essere l’unico a stare male, ho litigato con le mie amiche, non riescono a capire il male che ho dentro, ho litigato con l’unica persona con cui vorrei parlare. Questa volta non mi rimane seriamente più nessuno. Ogni venerdì sera vado in discoteca. Ogni sabato mattina sono nel letto di uno sconosciuto. Mi alzo dal suo letto, a volte un matrimoniale, a volte un singolo. E mentre sgattaiolo fuori da quelle case osservo la vita di una persona che non conosco. A volte trovo foto di coppie felici, altre di cani, gatti, famiglie che vivono lontane. Io sono un diversivo gratis per vite monotone. Allora esco, sentendo quel vuoto dentro allargarsi sempre di più. Esco da quelle case prima dell’alba, quando la città è più bella, perché dorme ancora. Non ci sono macchine in giro, e nei vicoli in profumo di pane appena sfornato ti invita ad entrare nelle panetterie. I giornalai aprono sbadigliando, e io continuo a osservare chi mi sta attorno. Compro la colazione in una sola panetteria. Non importa quanto sia lontana da dove mi trovo, colazione la faccio solo li. Poi, prendo il mio solito caffe nel bar vicino a casa. Tutto uguale, sebbene sempre diverso.Cammino fino a casa, e i miei non fanno domande: per quanto ne sanno, io ero a dormire a casa di qualche amica. Così passo tranquillamente il sabato, facendo finta di studiare. E la sera vado a dormire presto. Devo recuperare tutte quelle ore insonni che accumulo giorno per giorno.
Ma non ci riesco. Una notte mi sono svegliata, e fuori era ancora buio. Ho preso il cellulare e guardato l’ora: erano le quattro. Ho messo giù la testa e ho provato a riaddormentarmi, ma dopo un’ora ero ancora li. Sentivo un rumore provenire da sopra la mia testa, ma ci ho messo un bel po’ a capire che era un orologio. Doveva essere da qualche parte sopra l’armadio. Tic, toc, tic, toc. Scandiva i secondi con un lieve scatto della lancetta. Sembrava quasi che stesse arrivando il coccodrillo di Peter Pan. Tic, toc, tic, toc. Ero al buio e guardavo il soffitto. Non si vedeva niente, ma io so esattamente com’è fatto. Tic, toc, tic, toc. Da sotto le coperte sentii il freddo della stanza, e mi venne la pelle d’oca. Tic, toc, tic, toc. Chiusi gli occhi, e la notte si impadronì di me. Tic, toc, tic, toc.Ogni tanto torno in quella discoteca, quella in cui lui mi ha parlato per l’ultima volta. Andrea c’è sempre, ma non si accorge di me. O, se sé ne accorge, non lo da a vedere.
E se la sera piango negli angoli della mia vita, non c’è nessuno pronto a farmi da scudo contro il mondo. Non ci sono le sue braccia a proteggermi dalla pioggia e dal freddo. Non c’è lui, è questo il problema. Lo cerco in tutti i ragazzi che incontro, nell’azzurro del cielo, nella forza del mare, nel buio della notte. Ma l’unico posto in cui lo trovo è il mio cuore. Lui è li, sempre, e non se ne andrà mai.
Vorrei poterglielo dire, ma non ne ho l’occasione. Cazzate, non ne ho il coraggio. Quando riesco a dormire, lo sogno: camminiamo, ridiamo, giochiamo, ci addormentiamo vicini, mentre lui mi racconta quelle favole a cui io non credo più, a cui riinizierei a credere se lui fosse ancora qui. Ma quando mi sveglio lui non c’è, e sapere che è colpa mia se non lo trovo mi uccide.
Allora chiudo a chiave la mia anima, in modo che nessuno possa rubarmi l’ultima cosa che mi rimane.
Le persone mi chiedono cos’ho, ma io sorrido e dico che non c’è niente.La notte sono sveglia, non riesco a dormire, e alle tre ancora fisso il soffitto. Ho le cuffiette nelle orecchie, e gli occhi chiusi, ma non dormo. Sento Birdy duettare con il suo pianoforte. La ascolto miliardi di volte.
Dietro le mie palpebre vedo una spiaggia, una lunga spiaggia grigia, di notte. La sabbia è fredda e, oltre a me, non c’è nessuno. Cammino lentamente, tenendo il mare alla mia destra. La luna è bianca ed enorme, sembra quasi che mi segua. Le stelle splendono di una luce innaturale. Il mare è un tappeto ai miei piedi. Tengo i miei sandali in una mano, e il mio vestito, lungo, morbido, di un colore indefinibile, contenente al suo interno tutti i colori del mondo, si solleva leggermente insieme al vento leggero che soffia verso il mare. Vedo un molo in fondo alla spiaggia, solitario in mezzo a quel nulla. Mi siedo sull’ultimo scoglio prima del mare, e ascolto le onde muovere i sassolini sul fondo. Allora mi alzo in piedi e mi tuffo, e lascio che siano le onde a cullarmi. E lentamente vado a fondo, e mi addormento li, in fondo al mare. Lascio che le onde mi tolgano il respiro, mi lascio andare, fino a chiudere gli occhi.
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Make it count
Romance- Ho provato a seguire la mia strada senza avere però una luce che mi mostrasse dove mettere i piedi. L’ho cercata ovunque, ma non l’ho trovata. E rincorro ancora il sogno di una favola, quello che mi hai insegnato tu. -