Bunker 306, ore 06:50

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«Di solito se ne stanno nella stanza della signora» spiega Davide. «Specie il giorno. La notte si svegliano. So' come i vampiri.»

«I gatti so' animali notturni» conferma Mirtilla.

Io non mi intrometto. So poco di gatti, non ne ho mai avuto uno; sono sempre stata una ferrata in fatto di cani.

«Eh» borbotta Davide. «Infatti. Eh, be', insomma stanno tutto il giorno là, ormai penso dormono. E se so' solo due li possiamo becca' di sorpresa e sfracchiarli. Capi'?»

«Non penso siano così scemi» dico. E comunque non ho ancora capito noi due a cosa gli serviamo.

«No. Non ti immagina' che facciamo tipo videogioco, ci buttiamo dentro e spariamo a cazzo.» Agita le mani in gesti spastici.

Questo è rassicurante, almeno. Sono messa tanto male da ritrovarmi a sperare per davvero che il piano di Davide abbia un senso, quando fino a pochissimi giorni fa non avrei mai dato la minima possibilità a un tipo del genere. Sarò anche una che generalizza, ma uno che non riesce a spiccicare due parole di italiano corretto non mi dà mai l'aria di un genio.

«E allora qual è il piano?» chiedo. Mi mordo la lingua subito dopo. Non sono sicura di volerlo sapere. Di riflesso, cerco il pelo di Ivy con la mano.

«Aspe'.» Davide si ferma di fronte a una porta socchiusa. Intravedo un mucchio di vestiti gettati a terra; poi lui sparisce all'interno. Quando sbuca fuori, ha una pistola nella mano. «Una di voi sa spara'?»

Io e Mirtilla ci guardiamo.

«So lancia' shuriken» dico, «ma non ho idea di come si tiene in mano quella

«Shuri-che?» Davide stringe gli occhi. Mi sto affidando a uno che non ha mai visto un film di ninja in tutta la sua vita. Fantastico.

«Le stelle appuntite dei ninja» rispondo, e soffoco a stento un sospiro.

«Ah. Frè, se ce l'hai vanno bene!» Si è illuminato. Sorrido al pensiero che, forse, potrei averlo giudicato male. Quantomeno ha gusto.

«Mi spiace, mi so' scordata di portarmeli appresso.»

Ed ecco che si sgonfia a mo' di palloncino. «Che cazzo, mi fai gasa' così» si lamenta. Agita la pistola davanti a me, tenendola dalla canna. «Allo', almeno la mira ce l'hai, no? Prendila tu.»

Non sono sicura di voler usare una pistola. Una parte, all'interno del mio cervello, mi deride per la stupidità del mio pensiero: rifiutare un'arma nella situazione in cui ci troviamo è da idioti. Mettere le mani su una pistola che non ho idea di come utilizzare al contempo mi inquieta, potrei benissimo spararmi sul piede nel momento meno opportuno. Divento abbastanza imbranata quando mi prende l'ansia.

Davide storce il naso e si gratta il mento mentre mi aspetta. Sa che voglio rifiutare, l'ha capito, eppure non demorde.

«La prendo io.» Mirtilla agguanta l'arma prima che noi possiamo fare nulla per impedirglielo. La strappa dalla mano di Davide e se la rigira davanti al viso. Non sono un'esperta, tuttavia sono abbastanza sicura che tenerla praticamente con le unghie come sta facendo lei non sia proprio il metodo migliore.

«Aspe', la sai usa'?» chiede Davide.

Mirtilla gli rifila un'occhiata strana. Per un attimo, sento l'aria accanto a me farsi pesante. Dura una frazione di secondo, durante il quale mi si blocca il respiro. Ivy invece lancia un abbaio al vuoto. Uno soltanto.

«Tanto neanche Lara la sa usa'» risponde alla fine, quando tutto sembra tornare alla normalità. «E non vuole, perciò la prendo io.»

Davide rumina, ricorda quasi una mucca. «Shi, è l'ver', però...»

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