2. Avversari

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«mamma, io ora vado mh? Per qualunque cosa ti prego chiamami» disse il ragazzo sciogliendo l'abbraccio e porgendole il telefono che Rei teneva nella scrivania poco distante dal letto.

La donna abbassò lo sguardo sulle mani adagiate sul proprio grembo che adesso stringevano l'oggetto elettronico e il ragazzo le sollevò il viso con delicatezza.

«prometti che mi chiami se qualcosa non va?»
«non posso dipendere da te» sussurrò
«non è così, ti prego» implorò stringendo tra le proprie le mani di Rei che tenevano il cellulare.
«va bene» sospirò e il ragazzo si alzò dal letto

Si diresse verso la porta facendo riscattare la serratura

«Fuyumi comunque dovrebbe tornare a casa tra poco, quindi non rimarrai sola per molto» disse prima di aprire la porta ricevendo come risposta solo un cenno del capo
«ci vediamo stasera» sussurrò senza ricevere ancora una volta risposta.

Raggiunto il salotto la figura di suo padre stranamente senza nessun foglio con modalità di allenamento tra le mani, attirò la sua attenzione.

«vado ad allenarmi alla pista» disse freddo scrutando con fastidio il viso dell'uomo, non riusciva mai a fare a meno di fissare la cicatrice che egli avesse lungo tutto il viso, che partiva dall'occhio sinistro fino alle labbra, ma l'ultima volta che gli aveva chiesto come se la fosse procurata, circa qualche anno fa durante i loro soliti allenamenti, aveva ricevuto un forte schiaffo e gli era stato urlato che non era affar suo.
«non ti alleni in giardino?» chiese confuso recuperando il programma del giorno dal tavolino posto al centro del piccolo salotto che, come tutta la casa, conservava un affascinante stile giapponese.
«no, devo cambiare aria» borbottò prendendo i fogli con fare brusco prima di afferrare il borsone per i pattini e il suo zaino di scuola
«a che ti serve lo zaino di scuola?» chiese stranito Enji
«dentro c'é il cambio e una bottiglia d'acqua, ci vediamo alle sette di sera, come sempre» disse chiudendo il discorso e uscendo di casa con fare seccato facendo borbottare il disapprovazione il genitore.

Era ovvio che non si sarebbe allenato, la scusa di andare a fare un po' di allenamento fuori pista dalle parti del palazzetto poteva reggere, doveva assolutamente recuperare il programma scolastico, sua madre aveva ragione, lui doveva diventare ciò voleva. Il pattinaggio era tutta la sua vita, ma non poteva ruotare tutto intorno ad esso.

Furono questi i pensieri che riempirono la testa del ragazzo per tutto il tragitto e senza accorgersene giunse in breve tempo dinnanzi l'imponente palazzetto, che non distava poi così tanto da casa sua.

L'idea iniziale era quella di sedersi nelle panchine del piccolo bar di fianco alla struttura che veniva aperto solo in caso di gare o altre occasioni speciali, ma quel giorno faceva davvero troppo freddo per rimanere fuori a studiare, quindi si vide costretto ad entrare nel palazzetto superando la doppia porta grigia che quasi stonava inserita in quella grande vetrata d'ingresso.

Era così abituato a vedere quel luogo deserto che fu tentato di tornare a casa quando sentí diverse voci echeggiare nell'ampio spazio aperto e fu ancora peggio quando, ritrovatosi di fronte alla pista, l'attenzione di alcuni, anche se pochi, pattinatori si spostò su di lui.

Strinse la presa sullo zaino della scuola che teneva nella spalla destra cercando allo stesso tempo di non far cadere il borsone dalla spalla sinistra.
Cercando di non incrociare lo sguardo con nessuno dei presenti si limitò a percorrere il perimetro della pista fino agli spalti, dove prese posto, poggiando di fianco a sé le due borse.

Gli spalti che circondavano la pista erano delle grandi gradinate in grado di poter ospitare centinaia di persone, si estendevano nei due lati opposti della pista, in corrispondenza dei due lati maggiori della lastra di ghiaccio, di fronte ai lati minori invece vi era da una parte la parete in vetro che fungeva da ingresso e dall'altra una parete vuota con una nicchia ospitante due porte che portavano agli spogliatoi.

Avanti Todoroki, devi solo fingere che non esistano

Si disse mentre usciva dallo zaino il suo quaderno di matematica, ma ad un tratto la sua attenzione fu attirata da qualcuno e i suoi movimenti iniziarono a rallentare fino a fermarsi completamente.
Poco qualche gradino più in basso infatti scorse lo stesso ragazzo con la felpa verde che aveva incrociato poco tempo prima per strada mentre si dirigeva verso casa; indossava ancora il cappuccio e gli dava le spalle.

Allora è un pattinatore

Osservò mentre lo sconosciuto era impegnato ad allacciarsi i pattini.

«avanti giovane Midoriya, hai fatto tardi proprio oggi che dovevamo finire di montare il tuo disco di gara» disse un uomo a braccia incrociate fuori dalla pista.

Era un tipo piuttosto curioso, sembrava incredibilmente magro, ad accrescere quella sensazione erano anche i vestiti larghi che indossava, aveva i capelli biondi scombinati e portati indietro ad eccezione di due ciuffi che ricadevano sul volto e quasi coprivano i suoi occhi azzurri scavati proprio come il viso.

«si Toshinori, scusami ancora, oggi sento di poter chiudere quel maledetto triplo axel» affermò determinato il ragazzo abbassando il cappuccio della felpa e rivelando una chioma di capelli verdi; tuttavia continuava a dare le spalle a Todoroki, quindi quest'ultimo non fu in grado di scorgere altri dettagli di quel ragazzo che adesso, dopo quella frase, aveva la sua completa attenzione.

Erano questi gli avversari di cui parlava suo padre?

Si chiese confuso Todoroki.

Un senso di oppressione gli pervase il petto e un'incredibile malinconia lo colpí a vedere quel ragazzo entrare in pista e dare il cinque ai suoi compagni di squadra.

Si trovava davanti ad un momento di felicità e affetto, ciò che lo sport dovrebbe dare, e lui era lí, un estraneo fuori luogo, che si era andato a rifugiare tra quegli spalti per poter studiare in pace e da solo.

Il suo enorme flusso di pensieri fu poi interrotto da una voce brusca e decisa che si rivolgeva proprio a lui

«ei tu! Questo è un allenamento a porte chiuse! Non puoi stare qui!» Shoto voltò lo sguardo verso il ragazzo che dalla pista scuoteva la mano con decisione così da attirare la sua attenzione. Indossava un paio di occhiali, scelta azzardata visto il pericolo di cadere e romperli, e aveva i capelli neri.

In un attimo l'attenzione di tutti i presenti fu rivolta verso di lui.

«non ho intenzione di rivolgervi la minima attenzione» disse freddo ritornando finalmente sul suo libro di matematica.
«ma... ma come ti permetti!» rispose a tono il ragazzo facendolo sbuffare.
«calmati Iida - disse con tranquillità l'allenatore, si chiamava Toshinori Yagi, Shoto lo sapeva bene, suo padre non faceva che parlarne con odio - tu devi essere il giovane Shoto, sai somigli molto a tuo padre» affermò poi sorridente con tono amichevole, ma quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Todoroki serrò la mascella riponendo quell'intoccato libro di scuola nello zaino.

Scese rapidamente i gradini degli spalti rimettendosi in spalla le due borse

«io non somiglio a mio padre» sibilò freddo sorpassando l'uomo confuso da quella simile reazione.

Shoto uscí dalla pista sbattendo alle sue spalle le due porte d'ingresso.

«simpatico» commentò una delle ragazze della squadra con fare ironico, si chiamava Momo Yaoyorozu e alcuni annuirono d'accordo con lei.

«che tipo strano, non è sembrato anche a te, Toshinori?» l'allenatore che, ancora confuso, era rimasto appoggiato con la schiena alla ringhiera della pista si voltò verso il ragazzo che pattinando verso di lui l'aveva fiancheggiato.
«torna a pattinare Midoriya» disse solo facendo sospirare il ragazzo.
«come hai detto che si chiama?» chiese ancora il ragazzo dai capelli verdi e il viso costellato di lentiggini
«ho detto torna a pattinare» ripetè l'allenatore lasciandosi scappare un piccolo sorriso.

Le presentazioni non sembrano essere partite con il piede giusto eh?
Spero sempre che il capitolo vi sia piaciuto, potrei approfittare del tempo libero di oggi per scriverne un altro ;)
Grazie per aver letto fin qui e a presto ❤️

Ice || Tododeku Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora