Non è il carico che ti spezza, ma il modo in cui lo porti.

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Il giorno seguente, dopo essere rientrato dal lavoro, mostrai a mia madre alcune foto del ristorante di Fujiwara trovate su internet, riuscendo così a convincerla a farci stare fuori fino a tardi senza che si preoccupasse. Dunque, ci preparammo per andare da Giulia.
Indossai una vecchia maglietta grigia di Ritorno al Futuro e dei pantaloni della tuta abbinati; Damiano, invece, si mise un tuta sportiva nera dell'Adidas.
«Quella tuta non è un po' troppo costosa per allenarsi? Io la uso per uscire...»
«Solo tu esci di sabato sera con la tuta, Atarae... non hai stile. Io mi vesto sempre bene, anche se devo andare a scuola.»
«Non è che vuoi farti Giulia?»
«Può essere. E allora?» rispose, mentre finiva di allacciarsi le scarpe.
«Un mese fa, appena l'hai vista, ti sei quasi cagato addosso... A momenti piangevi. E adesso, pensi di uscire con lei?»
«Non sono innamorato di lei se temi questo,non le permetterò di avere controllo su di me.Sembra che lei voglia costantemente dimostrarci di avere tutto sotto controllo,ma in realtà non ha idea di cosa stia facendo».
«È naturale,suo padre la manda da sola in posti pericolosi mentre Robert,l'unica persona che sembra tenere a lei,è scappato via di casa senza dare risposta.
«Vorrei rassicurarla facendole capire che può contare su qualcuno anche lei certe volte »
«Davvero interessante,ma mi sa che rimarrò sulla mia teoria dove tutti gli uomini si preoccupano per una donna solo quando c'è anche una piccola probabilità di vederla nuda.»
Ad un certo punto, mi squillò il telefono.
Era Christian.
«Pronto, Chri?»
«Atarae... devo parlarti. Hai un momento?»
«Si, dimmi pure.»
«Ieri... ieri ho accompagnato Marco a casa di un amico per un saluto. Non so se hai avuto tempo per leggere le notizie, ma al Fortino, proprio in quell'edificio, hanno ritrovato i cadaveri ridotti a brandelli di un'intera famiglia. Sembra che siano stati trovati carbonizzati, oltretutto, la madre e la figlia presentano tracce di abusi. La stanza è stata ritrovata ad un lago di sangue.»
«Cazzo... E Marco... Come sta?»
«L'ho chiamato, ed era piuttosto scosso.»
«Tu hai visto qualcuno?»
«No. Sono rimasto in auto per un'oretta, ma ho solo visto gruppi di ragazzi che correvano con il motorino e qualche altra persona che andava in giro a piedi... nessuno di sospetto.»
«Forse vedendo Marco uscire da casa sua, qualche fidanzato geloso si è fatto prendere dalla gelosia e li ha aggrediti.È successo due mesi fa anche vicino a casa mia.»
«Si avevo sentito,una commessa è stata strangolata dal suo ex  dopo aver finito il suo turno di lavoro nel supermercato dove vanno i tuoi. Noi faremo finta di nulla,prima di aver qualche sorta di accusa o di essere presi di mira da qualche famiglia mafiosa».
«Se la polizia dovesse farti domande, sta tranquillo, e tieniti in contatto con Marco. In questi tempi c'è troppa gente malata.»
«Oh Atarae devo chiudere, Marco mi sta chiamando... ci sentiamo.»
Riattaccò senza darmi possibilità di rispondere.
Arrivammo a casa di Giulia, dove stavolta fu sua madre ad aprire il cancello; dopodiché, ci fece segno di seguirla. Attraversammo la distesa di fiori rossi e arrivammo sul retro della casa. C'era un grande capannone, senza neanche una finestra. Entrammo.
Era tutto illuminato da luci a led colorate, e in fondo c'erano tantissime attrezzature per potersi allenare. Giulia stava per colpire un sacco da boxe, con uno stile di combattimento mai visto prima.
«Eccovi» disse, dopo essersi piegata in maniera assurda e aver tirato un calcio al sacco.
«Sei davvero brava... e snodabile... ma che stile di combattimento è?» chiese Damiano.
«È Kenpō, un'arte marziale cinese utilizzata in passato dai monaci buddisti. Mi ha insegnato Robert, ma non sono molto brava...»
«Penso che tu sia bravissima, invece.Lo insegnerai anche a noi?»
«Da dove cominciamo?» chiesi
«Calma,calma..non sarei in grado di farlo, non sono ancora abbastanza forte... vi insegnerò a difendervi come potete, e soprattutto, a rafforzarvi. Iniziamo con il riscaldamento: toglietevi le scarpe, e iniziate a toccarvi le punte dei piedi.»
Così facemmo, ed entrambi arrivammo più o meno sotto il ginocchio.
Giulia assunse un'espressione delusa.
«Scusate, ragazzi... avete mai praticato sport?»
«Sono andato in palestra per sei mesi, ma non ho più continuato...» risposi.
«Ho fatto un anno di piscina e due anni di calcio; poi, mi sono interamente dedicato alla musica» rispose Damiano.
«Ah... bene.»
Andò verso un armadio di metallo lì vicino e prese uno scatolone.
«Venite qui, togliete le maglie e indossate questi.»
«Cosa sarebbero?» chiesi.
«Due gilet zavorrati da dieci chili; vi faranno faticare molto di più negli esercizi. Non dovete toglierli per nessuna ragione.»
«Tutto il tempo? Sei impazzita? Devo andare a lavoro.»
«Ed io a scuola... non dovremmo allenarci gradualmente?» domandò Damiano.
«Non è possibile... non possiamo sapere che tipo di Yokai potrebbe arrivare; e finché Robert non torna, ho bisogno di voi. Inoltre, anche lui ha eseguito questo allenamento, aumentando fino a trenta chili.»
Lo indossai; era più pesante di quanto mi aspettassi.
«Ok. Adesso, guardate qui.»
Corse verso una sbarra, si aggrappò ad essa, e con la sola forza delle braccia riuscì a salirci sopra. Si mise in verticale, per poi fare un piegamento; dopodiché, la fece con un braccio. Infine, scese oscillando sulla sbarra, ed eseguí un backflip. Rimanemmo impietriti dalla sua forza e agilità, eppure, non sembrava essere così forte.
«Per difenderci dobbiamo essere agili, resistenti e forti; non possiamo permetterci di essere lenti. Quindi, vi allenerete a corpo libero ma utilizzerete i pesi come zavorre così da migliorare velocemente. Iniziamo.»
Continuammo il riscaldamento; dopodiché, toccò ai piegamenti, anche se entrambi riuscimmo a farne soltanto due. Non facemmo neanche le trazioni.
Dopo aver fatto tre serie da venti squat e altre tre da dieci affondi, cedemmo, e ci abbandonammo al pavimento.
«Bene. Adesso, scalate la parete.»
Iniziammo a salire aggrappandoci ai supporti, ma ad un certo punto mi bloccai.
«Sono troppo in alto... ora non posso né scendere, né salire!»
«Invece di utilizzare battute di Aldo, Giovanni e Giacomo, sbrigati a salire!»
Le mie mani scivolavano per via del sudore e caddi sul pavimento.
«Ahi... Giulia... forse era meglio farci indossare dei supporti anti caduta.»
«Non ne abbiamo. Non ci saranno quando ci toccherà salire sui palazzi.»
«Salire sui palazzi?! Sei forse impazzita?»
«Zitto, prendi quella mazza da baseball e prova ad attaccarmi. Io mi difenderò con questo» disse, dopo aver preso in mano un bastone di una lunghezza simile a quella della sua spada.
Mi riempì di bastonate, mi diede un calcio sul petto e rotolai per terra.
«Coff-coff... sei forte. Sembri uscita da un anime giapponese» dissi porgendole la mano. Lei l'afferrò per tirarmi su ed io le sorrisi.
«Peccato che sei troppo ingenua...»
«Attacco a sorpresaaa» disse Damiano, che dopo essere sceso dalla parete gli salto addosso. Giulia si spostò di lato e mi arrivò una testata da Damiano.
«La prossima volta vedete di non avvertirmi» disse ridendo.
«Basta così, sono esausto» disse Damiano toccandosi la testa.
«Siete stati bravi, dai...» disse Giulia, cercando di tirarci su il morale.
«Bravi? Non abbiamo fatto quasi nulla... e siamo già stanchi morti.»
«Lo so. Questa, è stata la vostra prima volta... da domani, faremo sul serio.»
«D-domani? Ma non dovremmo fare pausa?!» chiese Achille, come se fosse in punto di morte.
«È importante che vi alleniate cinque volte a settimana se volete essere minimamente pronti a difendervi dagli yokai.Non pensate sia felice di questo,mi toccherà passare intere giornate ad allenare due imbranati come voi. Il lunedì, ovvero quando il ristorante è chiuso, sarà il vostro giorno di riposo.»
«Ora potremmo toglierci questi gilet?» dissi mentre mi massaggiavo la testa.
«Sì.»
«Quindi... per oggi, abbiamo finito?»
«Sì.»
«Allora, mentre voi due lavorate, io riposo un po', così stasera ne approfitto per andare dai miei amici.»
«Fai come vuoi.»
Presi il telefono e chiamai Christian.
«Oggi sono libero... se vuoi, posso venire.»
«Va bene, allora ordino dei panini. A che ora pensi di arrivare? Così, invito pure Marco e Simone.»
«Fra un'oretta... giusto il tempo di farmi una doccia.»
«Posso venire anch'io?» chiese Giulia.
«Tu? Ma che cosa c'entri?»
«Potete farvi la doccia qui... tu vieni, Damiano?»
«Se proprio vuoi...»
«Ma... è una ragazza?» intervenne Christian.
«Si, è una... nostra amica.»
«Allora certo che può venire... a tal punto, potremmo stare fuori un po'. Come lo vuoi il panino?»
«Prosciutto, formaggio e patatine, grazie.»
«Di nulla piccola, hai una voce talmente carina che mi hai convinto: pagherò io stasera il tuo panino.Chiamo gli altri, ci sentiamo dopo Atarae.»
«D'accordo idiota, a dopo.»
Chiusi la telefonata, e mi girai verso Giulia.
«Ma perchè cazzo l'hai fatto?» le chiesi.
«Sto sempre ad occuparmi di voi, fatemi fare quello che fanno le ragazze della mia età per una volta...» rispose con tono innocente, finché non divenne triste. «E poi, da quando è arrivato il Coronavirus, tutti a scuola mi stanno lontano, o mi prendono in giro... solo perché sono di orgine asiatica. Come se fosse un virus genetico. Ho veramente bisogno di uscire, Atarae... non parlarne con mio padre.»
«D'accordo, basta che la smetti di fare la vittima. Ma non portare quella custodia... niente armi, va bene?»
«Non lo avrei fatto comunque.»
«Bene... adesso, accompagnaci in bagno, per favore.»
Uscimmo dal capannone e la seguimmo fin dentro casa.
Appena entrato in bagno con Damiano, chiusi la porta a chiave.
«Perché lo hai fatto?» mi chiese.
«Non voglio che quella pervertita entri mentre faccio la doccia» risposi.
«Se così fosse... meglio, no?»
«Non fare lo scemo. Andiamo a lavarci, su.»
«Perché sei arrabbiato...?»
«Non volevo che uscisse insieme a noi.»
«E allora... perché hai accettato? E poi, cosa c'è di male?»
«Oramai, cosa potevo fare? Christian aveva già chiuso... quella ragazza non mi piace. Non mi piace neanche questa situazione, e lo sai.»
«Non ti piace mai nessuno, sei distante persino dai tuoi stessi amici. Vedi sempre il lato negativo di ogni persona e situazione.»
Si spogliò ed entrò in doccia.
È vero. Non riesco a farmi andare bene nulla, né a fidarmi delle persone che amo con tutto me stesso... ma è meglio così.
Dare fiducia è la peggior cazzata che possa permettermi di fare. Le persone a cui vuoi bene ti tradiscono quando meno te l'aspetti; e quando accade, fa male il doppio. Posso fidarmi solo di chi mi odia, perché farà sempre ciò che credo.
Preferisco non essere amato che fidarmi di qualcuno. Preferisco non credere in nulla che ricevere ancora meno di ciò che spero... o addirittura, niente. Almeno non rimarrò mai deluso.

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