La paura è un grido, il terrore un sussurro

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Vedere quell'individuo in tali condizioni, mi fece un certo effetto. Lo guardai fisso, timoroso di una sua azione improvvisa.
«Chi sei?!» sbottai.
«Non risponderà, non parla... né riesce a sentirti o vederti. Quando mi ha afferrato, si è messo a correre alla cieca, cadendo più volte» replicò Damiano.
«Non avvicinarti... sarà qualche pazzo uscito da un manicomio!» dissi a voce bassa.
«Tranquillo, è stato lui a salvarmi e portarmi qui».
Gli diedi una scrollata ma non ebbe nessuna reazione, sembrava fosse addormentato.
Notai che dalla parete su cui era appoggiato fuoriuscivano dei tubi arrugginiti che gli infilzavano le spalle, quasi come fossero parte del suo corpo. Provai a svegliarlo e a staccargli quei pezzi di ferro, ma non ci riuscii.
«Qualcosa sta fuoriuscendo da questi tubi, come se la casa lo stia nutrendo.»
«Sei sicuro che non sia la casa che si stia nutrendo di lui?»
«Perché pensi questo?»
«Prova ad appoggiarti sulla parete.»
Ascoltai il consiglio e poggiai l'orecchio sulla parete di destra, sentii come un battito cardiaco provenire da qualche stanza più in lá.
«Questo è... un cuore.»
«Esatto, ed un cuore deve ricevere energia, no?»

«Dobbiamo uscire di qui prima che accada la stessa cosa con noi.»
«Per qualche ragione i manichini non sono entrati qui dentro, ma rischiamo grosso se proviamo a riscendere le scale per il piano di sotto»-

«Hai un piano?»
«Sì. Usciremo da lì» risposi, indicando la porta che dava sul terrazzo. «Dal balcone. Non è così alto... se saremo bravi ad atterrare, ce ne usciremo con qualche osso rotto, ma vivi.»
«Non possiamo.»
«E perché no?»
«In queste condizioni, non so se ci riuscirei. Inoltre, tu pensi che gli Yokai si siano impossessati solo di quei manichini? Non ti sei accorto che l'intera casa è strana? Le porte, le finestre, le sedie... persino i muri. Giulia ci aveva detto che gli yokai possono impossessarsi degli oggetti; ho provato ad uscire dalla porta da cui ero entrato prima, ma sembra che la casa non voglia farci uscire.»
«Non dire sciocchezze, Damiano...»
Mi alzai e mi diressi verso quella porta.
Tentai di aprirla, ma era bloccata, esattamente come la finestra di prima.
Presi la rincorsa, per sfondarla con un calcio.
«Atarae, fermo!»
Boom. Quell'assordante rumore rimbombò in tutta la stanza. 
All'improvviso, il lenzuolo nella culla si mosse e mi avvolse il volto, impedendomi di respirare.
Mi dimenai, nel tentativo di buttarlo via, ma la presa era troppo forte e caddi in ginocchio, poi a terra, a causa della mancanza di ossigeno.
«Atarae!»
Strisciò il più velocemente possibile verso il borsone di Giulia, sperando di trovarci qualcosa di utile. Sfilò un coltellino da una tasca e usando i gomiti si avvicinò verso di me per togliermi il lenzuolo di dosso; riuscì a perforarlo e finalmente tornai a respirare. L'oggetto stregato smise di muoversi, ma Damiano ferì accidentalmente la mia guancia.
«Stai bene? Mi dispiace per la guancia...»
"S-to... bene... sto...»
Non ebbi neanche il tempo di riprendermi che vidi comparire un buco sul muro, da dove uscì un dito.
«Dammi il coltello, presto.»
«Tieni.»
Mi avvicinai e lo colpii.
L'essere lì dietro emise uno strido e ritirò la mano, facendo colare a terra un bel po' di sangue.
«Ti è piaciuto, bastardo?»
Un suo occhio fuoriuscì dalla fessura ed iniziò ad osservarci. Dal soffitto proveniva il rumore di pugni, si formarono altri buchi da dove uscirono altri occhi. Riuscirono a sfondare il muro, e da lì spuntarono degli arti lunghissimi che afferrarono Damiano per entrambe le braccia, per poi strattonarlo verso i poli opposti come se volessero smembrarlo.
Colpì gli arti della creatura. Una di esse mi afferrò per i capelli, mentre altre due i lati della bocca, cercando di strapparmi le guancie; tentai di difendermi con il coltellino, ma fu tutto inutile.
Crack.
Con un gesto violento, il misterioso ragazzo ruppe l'osso di una delle braccia, liberandoci. Si sentì un altro strido, e scomparvero nuovamente. Mi avvicinai a Damiano. Restammo in guardia, in caso ci fossero stati altri eventuali attacchi, ma non tornarono più. Controllai se ci fosse qualcosa dietro la porta,  ma vidi solo scie di sangue.
«Siamo al sicuro, per ora.»
«Per un attimo, ho temuto... il peggio» disse Damiano.
«Anche io.»
«Dobbiamo chiamare Giulia. Lei, lei... potrà aiutarci.»
«Hai già provato a chiamarla?»
«Sì, ma non c'è linea... oh, adesso sì!»
Gli presi il telefono dalle mani, e aspettai che rispondesse alla chiamata.

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