Noi esseri umani... cosa siamo? Spettri, impalpabile ombra.

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Due giorni dopo mi risvegliai sofferente per via dell'allenamento, non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi. Anche Damiano si era svegliato dolorante a causa delle botte prese la scorsa notte; ma fortunatamente, gli erano rimasti ematomi soltanto su gambe e torace, e nostra madre non si accorse di nulla.

Lavorare in quelle condizioni fu una vera e propria tortura. Faticoso lo era già, ma il sonno arretrato lo rendeva davvero insostenible.

Quattro ore dopo, quando stava per iniziare la pausa pranzo, il mio capo venne da me con una scopa ed una paletta d'acciaio.
«Dopo la pausa pranzo, raccoglierai le erbacce davanti l'entrata sulla strada.»
«Ma... perché?»
«Ce ne sono troppe, facciamo brutta figura con i clienti che vengono a guardare la merce che hanno comprato.»
«E come dovrei fare con una scopa e una paletta?»
«Non abbiamo altro. Usa le mani, o come preferisci...»
«Ascolti... se è perché oggi sono stato un po' più lento...»
«Non voglio ripetermi, Atarae; sai già cosa fare. Non farmi perdere altro tempo» disse in tono sprezzante, mentre mi diede in mano gli utensili che avrei dovuto utilizzare.
«Va bene.»
Li appoggiai al muro accanto al tavolo di lavoro e andai a mangiare. Essendo arrivato in ritardo, dovetti aspettare un po' prima di poter usare il fornello.
Quando riuscii finalmente a riscaldare il cibo preparato da mia madre, mi sedetti accanto agli altri al tavolo più grande.
«Scusa, potresti fare meno rumore con la bocca quando mangi? Mi dà fastidio. E poi, sto cercando di seguire le ultime notizie sul Covid19.»
«Scusami.»

Nessuno aveva sentito nulla, mentre lui si. Ho fatto solo un lieve rumore... che cazzo hanno tutti contro di me oggi?

Decisi di alzarmi e andare a sedermi da solo. Messaggiai tutto il tempo con Beatrice; nel frattempo origliavo le conversazioni tra i miei colleghi.
«Scusate, non ho ben capito... dov'è stato individuato il paziente zero qui in Italia?» chiese uno.
«A Codogno, in una zona della Lombardia. Vorrei sapere come il governo affronterà la cosa» disse l'uomo di fronte di a lui.
«Spero tanto che venga isolata il prima possibile; questi cinesi dovrebbero starsene a casa loro.»
«Io spero invece che trovino una cura al più presto, anche se credo che ormai la speranza sia diventata una nuova forma di tortura.»

La campanella suonò. Mi misi all'opera.
Nonostante fossimo in inverno e facesse freddo, di pomeriggio le temperature si alzavano di molto. Inoltre, la mia divisa era parecchio pesante... e strappare le erbacce a mani nude, era assai faticoso.

Perché devo scegliere di vivere così? Non voglio valere quanto loro.
Mi dicono tutti che dovrei essere grato per questo lavoro; ma stare qui a fare sacrifici otto ore al giorno ed essere pagato il minimo, non è vita. Non bisogna essere riconoscenti della schiavitù.
Chi lavora qui inizia il turno prima che il sole sorga e finisce quando è già tramontato, dopodiché hanno solo il tempo di fare la spesa,mangiare e poi a dormire presto per ricominciare il giorno dopo. Il fine settimana lo passano vedendo i genitori o gli amici,il che significa che passare una vita qui equivale a non avere più contatto con l'esterno. Quindi nessuna crescita personale,nessuna meraviglia,nessuna possibilità di cambiare questa routine.
L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro un paio di palle; forse, è questo il problema. Non dovrebbe basarsi su qualcosa che non tutti possono permettersi, né essere l'unica scelta per la sopravvivenza. Sono stufo di questa merd... "ahhhhhh".
Il telefono mi cadde dalla tasca e finí sull'asfalto, distruggendo in buona parte il display.
Lo ripresi subito; per metà, funzionava ancora... ma dall'altro lato, non si riusciva più a leggere o a digitare.
Passai le ore seguenti ad imprecare e deprimermi, finché non arrivò il momento di tornare a casa.

Suonai al citofono, Damiano scese con uno zaino sulle spalle.
«Dove stai andando?»
«Dobbiamo andare da Giulia, per allenarci... ricordi?»
«Senti, sono stanchissimo... e inoltre, oggi non è giornata.»
«Non è giornata? Lo sai che per colpa delle botte che ho preso sono rimasto tutto il tempo a letto? Praticamente, questo mese, fra pandemia, mostri ed esseri umani, soffrire è diventato uno stile di vita. E tu mi dici che è una brutta giornata?»
«È lunedì, vorrei solo stare a letto a guardare serie tv o uscire con Bea. E se pensi che io debba andare da quella pazza per spaccarmi con i suoi esercizi, ti sbagli di grosso.»
«Ti chiedo solo di accompagnarmi... dopodiché, te ne puoi anche andare.»
«Vuoi davvero stare lì senza di me?»
«Non vedo quale sia il problema.»
«Bene. Andiamo, allora» dissi con tono soddisfatto.

Calò il sole. Arrivammo davanti al solito cancello e notammo sua madre impegnata a farle una coda, mentre erano sedute vicino alle statue delle tre scimmie. La donna si accorse della nostra presenza, ci aprì ed entrammo in casa.

«Che significato hanno quelle tre statue?» chiesi.
«Tempo fa, mia madre mi ha detto che le scimmie non sento-non vedo-non parlo sono il simbolo dell'indifferenza; in questo caso, si parla di indifferenza dal male. È un'antica superstizione, come tante altre... si pensa che impediscano agli spiriti di agire malevolmente.»
«Anche Damiano è una scimmia, eppure non si fa scrupoli a fare la spia raccontando tutto a mia madre.»
La signora Anna uscì nuovamente con una torta appena sfornata, per offrirne una fetta a testa; quando venne da me, mi sorrise e mi accarezzò i capelli. Per un attimo, pensai che la sua gentilezza fosse finalizzata a farmi capire che potevo scoparmela, ma subito dopo realizzai di essere solo un egocentrico bisognoso di attenzioni. Cercai di non far prendere il sopravvento ai miei ormoni.

Disse qualcosa col linguaggio dei segni.
«Ha detto, mh... che vi ringrazia di essere venuti qui per me. È davvero buona, mamma, meglio di quella dell'altra volta.»
«Non siamo qui per te, non siamo neanche amici. Comunque, sua figlia ha ragione... complimenti.»
Mi fece un cenno di apprezzamento con la testa e tornò dentro.
Nel frattempo, Damiano venne distratto da delle strane farfalle. Una era completamente bianca, e sembrava quasi che brillasse nel buio della sera; l'altra, invece, era viola scuro. Si posarono sulla custodia della chitarra accanto a Giulia; la prima rimase lì, mentre la seconda girò attorno a lei, per poi poggiarsi sul suo braccio.
«Altri Yokai?»
«Papà mi ha detto che le farfalle, in realtà, non possiedono alcun colore. Lo cambiano a loro piacimento, per spaventare i loro predatori e come forma di comunicazione. Come ho già detto, le farfalle nere ci guidano dagli Yokai. Se una di loro vola attorno ad una persona, vuol dire che ha un presagio su di lei.»
«Quelle viola...?» chiese Damiano.
«Le farfalle viola sono piuttosto rare e particolari, possono essere capite solo da coloro verso cui sono indirizzate. Ma possono avere diverse predizioni... quindi, c'è bisogno di usare un po' di intuito.»
Alzò la mano e le volò sopra, stavolta poggiandosi su un dito.

«Potrebbe essere che una nostra intuizione sia corretta, in caso di dubbio, che qualcuno di importante potrebbe presto apparire nella nostra vita.»
D'un tratto, Giulia smise di parlare.
Iniziò ad osservare la farfalla da più vicino, come se stesse pensando a qualcosa; dopodiché, si girò verso Damiano, e sorrise. La distolsi dai suoi pensieri con un'altra domanda:
«Quella bianca, invece?»
Mi guardò per qualche secondo, intenta a dire qualcosa. Ma non parlò.
«Giulia, rispondimi. Quali sono i presagi di una farfalla completamente bianca?»
«Devo chiamare papà.»
Si alzò, prese la sua custodia e fece per rientrare; mi alzai a mia volta e la seguii.
«Giulia, Giulia, ferma. Aspetta. Voglio saperlo... quali sono?»
Guardò in basso; poi, tornò a concentrarsi su di me, con un'espressione turbata.
«È grave, non è mai un buon segno. Presagiscono... morte.»
La splendente farfalla bianca volò via in maniera leggiadra, facendo da contrasto con il buio notturno. Improvvisamente, notai qualcosa che ero sicuro di non aver visto prima. Sulle sue ali, erano spuntate delle macchie nere; sembrava che raffigurassero in modo assai dettagliato un grande teschio umano.

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