Phoebe alzò il volume della radio al massimo.
Odiava rimanere bloccata nel traffico. Riaffioravano in lei ricordi che avrebbe voluto seppellire volentieri.
Distrarsi l'avrebbe fermata dal maledire in modo piuttosto pittoresco gli automobilisti che erano diventati tutti incredibilmente mattinieri come lei. Quando il volume della musica fu tale che poteva percepire i vetri quasi tremare, decise che era abbastanza.
Ma le vetture in coda davanti a lei non accennavano al minimo movimento. Sbatté con foga una mano sul clacson dell'Alfa Romeo Stelvio rosso sangue, fornitale in dotazione dalla sua scuderia. Quella macchina le faceva schifo, ma per ragioni di sponsor non poteva presentarsi al circuito alla guida di un'altra marca. Senza contare che tanti al posto suo avrebbero firmato carte false per potersi permettere una macchina simile.
Finalmente il traffico sembrò decongestionarsi, ma Phoebe non esultò, sapendo bene che la lunga fila di vetture puntava tutta dritta al circuito. Del resto era il giorno del gran premio e gli italiani letteralmente impazzivano per entrare a Monza il prima possibile.
Phoebe si rassegnò a dover attendere, lasciando che la sua mente scivolasse a quanto accaduto la sera prima. Era chiusa nella sua camera d'hotel, immersa in una sessione di meditazione per prepararsi mentalmente alla gara, quando il suo cellulare aveva iniziato a vibrare. Phoebe lo aveva ignorato, nonostante avesse già interrotto la sua concentrazione. Ma dopo una breve pausa, aveva ricominciato a vibrare, segno che il suo interlocutore non aveva nessuna intenzione di demordere. Dal momento che si era già innervosita per quell'insistenza, la ragazza decise di alzarsi dal pavimento e prendere il cellulare.
Si aspettava di tutto, tranne una chiamata di Mick.
Aveva premuto velocemente il pulsante della risposta, accorgendosi che i suoi battiti cardiaci non erano aumentati come avveniva solitamente quando parlava con il ragazzo biondo. Probabilmente era dovuto al rilassamento della meditazione o chissà, forse Mick aveva iniziato a non farle più così effetto.
Gli aveva chiesto senza mezzi termini il motivo di quella chiamata. Il tedesco aveva cercato di aggirare la questione, nonostante sapesse che Phoebe mal sopportava quella strategia. Alla fine si era arreso e le aveva proposto di raggiungere insieme il circuito italiano.
La ragazza non si aspettava una domanda simile e sinceramente non sapeva nemmeno cosa rispondere. Voleva passare del tempo con Mick? Certo, come sempre. Ma si era stupita a tentennare, segno di non esserne davvero convinta. Così, aveva deciso di petto, come suo solito. Aveva rifiutato.
Probabilmente se avesse accettato il passaggio del tedesco ora non si sarebbe ritrovata da sola ad annoiarsi in mezzo al traffico monzese.
Parcheggiò la Stelvio all'entrata del paddock, guardando l'orologio. Aveva perso una buona mezz'ora, ma ovviamente era del tutto in orario dal momento che erano solo le sette della mattina.
"Sei in ritardo!" sentì esclamare dietro di lei.
Si voltò irritata per replicare, ma le parole le si smorzarono in gola vedendo proprio il giovane Schumacher camminare verso di lei.
"Cosa ci fai già qui?" gli chiese stupita. Mick aveva sempre adorato dormire fino a tardi, per cui le risultava ben strana quella scelta. Lui scrollò le spalle, infilandosi le mani nelle tasche dei jeans "Dal momento che oggi affronterò una delle gare decisive per il mondiale ho provato a prendere ispirazione da te. Nelle formule minori vincevi in continuazione, quindi essere mattinieri potrebbe risultare come arma vincente".
Phoebe aprì il bagagliaio, prendendo il suo casco "Ottima scelta cercare di emulare i campioni. E colgo anche la tua frecciatina sul fatto che prima vincevo e ora no. Semplicemente perché ho una macchina orribile". "Non che tu faccia del tuo meglio per svilupparla" la canzonò Mick, seguendola all'interno del paddock. Lei si strinse nelle spalle "Hanno già altri piloti affidati al simulatore. Io guido in pista e lo faccio nel meglio delle mie capacità. È evidente che non è il team giusto".
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Fire is my element
ActionIn pista sono i piloti a fare la differenza, sempre. Tuttavia ogni pilota si spinge al limite perché sa che al termine di ogni curva insidiosa, alla fine di ogni rettilineo veloce, c'è una postazione di commissari pronti ad intervenire, compresi i c...