Greek Fire

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Phoebe si affacciò alla pit lane, chiudendo la cerniera della sua tuta bianco-blu notte.

Osservò il cielo color acciaio sopra di lei. Non aveva smesso di piovere nemmeno un istante da quella mattina. La folla sulle tribune si stringeva sotto enormi ombrelli o impermeabili dalle improbabili tonalità.

"Sei capace di guidare sul bagnato?" esordì Pierre, sporgendosi dal box accanto.

Phoebe scosse la testa, non voltandosi nemmeno verso il suo compagno di squadra. "Sei venuto qui a cercare rassicurazioni perché stai tremando di paura?" ribatté poi con un mezzo sorriso.

"No, -si strinse il francese nella giacca del team, avanzando verso di lei-ma so che il tuo idolo è Niki Lauda e ricordo che lui si era rifiutato di correre in Giappone sotto quel diluvio torrenziale" "A volte ci vuole più coraggio ad aver paura e rinunciare piuttosto che continuare. La follia non è mai sinonimo di coraggio -rispose Phoebe sollevando i suoi occhi fiammeggianti contro quelli blu oceano di Pierre- ma ti do una brutta notizia: per tua sfortuna oggi non ho nessuna intenzione di ritirarmi".

"Buona fortuna, allora -ridacchiò lui mentre la ragazza rientrava nel box- ti servirà". Phoebe scosse la testa, decidendo di ignorare totalmente le sue provocazioni. Pierre sapeva bene quanto lei fosse particolarmente suscettibile nel periodo pre-gara e si divertiva immancabilmente a stuzzicarla.

Si infilò la balaclava e prese il suo casco. Se lo rigirò per qualche istante tra le mani, osservando la Fenice stampata sul dorso. Lei sarà anche stata una creatura del fuoco, ma sapeva perfettamente come dominare l'acqua.

Con un ultimo sorriso compiaciuto indossò il casco.



Phoebe si spostò di lato, cercando di evitare la scia d'acqua sollevata dalla vettura che la precedeva, una Racing Point di cui non riusciva ad individuare il pilota. La visibilità era scarsissima e già in partenza aveva perso molte posizioni.

Ma dopo un urlo di frustrazione contro sé stessa, si era focalizzata unicamente sulla pista del Red Bull Ring, che conosceva a memoria più delle altre, e ora a metà gara si trovava in una discreta posizione.

Nonostante le difficili condizioni in cui doveva guidare, Phoebe si sentiva ora discretamente tranquilla. La sua macchina scivolava sull'asfalto ma riusciva a controllarla a dovere. In mezzo alle fitte gocce d'acqua nebulose di fronte a lei, la sua attenzione venne catturata da una luce rossa intermittente. Era una macchina ferma a bordo pista. Sfrecciandovi accanto la ragazza cercò di capire di chi si trattasse. Ma i colori bianco-blu notte erano impossibili da confondere.

Aprì il contatto radio, leggermente tesa "È Pierre il pilota fermo in rettilineo?". "Sì, -gracchiò la voce nelle sue orecchie- ti confermiamo che si tratta di lui" "Ma ha avuto un problema tecnico?" chiese ancora Phoebe, iniziando leggermente a preoccuparsi. Del resto si era bloccato a metà rettilineo, non poteva essere altrimenti.

"No, -rispose il suo ingegnere di pista- ha perso il controllo della monoposto e ha sbattuto contro il muro. Non ti preoccupare, la tua macchina è perfetta". A Phoebe scoppiò una risatina ironica. Per fortuna era stato proprio il francese a raccomandarsi con lei di prestare attenzione sotto a quel diluvio! Scosse la testa, pensando di non conoscere nessun'altra persona al mondo capace di rovinarsi sempre così tanto da sola.

"Ho notato che molti stanno commettendo errori, le condizioni sono terribili" continuò Phoebe, ricordando di aver visto diversi testacoda innocui ma anche qualcuno contro le barriere. "Confermo, -rispose l'ingegnere- ma devi rimanere concentrata perché fino ad ora stai conducendo una gara perfetta" "Come sempre, del resto" ribatté Phoebe ridacchiando e chiudendo il contatto radio.

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