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Quelle parole riescono solo a confondere ancor più la mia mente. Resto lì a fissare la parete, ripetendo a mente quell’ultima frase, cercando di comprenderne il senso anche lontanamente. Nel frattempo, in silenzio Alyssa esce dall’aula con lo sguardo basso, e la mia impressione è quella che stia cercando di fuggire da me e di evitare altre possibili domande. Resto ancora qualche minuto nel silenzio di quell’ aula ormai vuota con i miei pensieri, ma dopo un po’ decido di fare qualcosa. Esco dall’aula e percorro il lungo corridoio avvolto nel silenzio che conduce alla piccola stanza occupata dalla redazione del giornale. Richiudo la porta alle mie spalle e vengo immediatamente avvolta dalla magia emanata da quelle quattro mura: una magia in grado di riportarti in dietro di 30 anni, nonostante i moderni Mac posizionati sul grande tavolo di legno al centro della piccola stanza. Ma inevitabilmente le pareti rivestite di legno e le macchine da scrivere poste su alcuni archivi alle pareti, o forse la sola magia delle parole riesce a farmi sentire in un epoca distante dall’attuale 2020. Romeo alza lo sguardo al mio ingresso e mi mostra un sorriso che riesce a sciogliermi. Ricambio a malapena il sorriso e mi posiziono su una sedia sul lato opposto del tavolo. Evito di incrociare nuovamente i suoi occhi mentre sono ancora indecisa sul da farsi: so bene che l’unica soluzione è quella di parlare con Romeo, e di lasciarmi spiegare tutto da lui, ma non sono ancora pronta. Ho bisogno di prepararmi ad affrontare l’argomento e temo che se incontrassi i suoi occhi, abbasserei improvvisamente ogni difesa e  inizierei prematuramente il mio discorso. Romeo mi osserva confuso: di solito non resto mai in silenzio troppo a lungo.
“Tutto bene?” Domanda, cercando di indagare e cercando di decifrare la mia espressione, nonostante tenga la testa china.
“Sì” rispondo secca. Accendo il computer ed accedo al software del giornale. Con la coda dell’occhio riesco a vedere Romeo che con passo spedito si avvicina a me. Giunto vicino alla mia sedia, la ruota verso di sé e si posiziona in ginocchio davanti a me, posando le sue braccia sulle mie cosce.
“Che succede Lea?” Mi chiede con un tono dolce che cerca di mascherare una punta di apprensione.
Decido che ho aspettato abbastanza e condivido con lui quelle parole che erano riuscite a destabilizzarmi così tanto.
“Qualche giorno fa, quando raccontai ad Alyssa che non ero andata a quella festa perché ero con te, a scuola mi disse una cosa ‘Romeo non è come sembra’. Non riuscivo a capire cosa significasse per cui, quando l’ho rivista questa mattina,  non ho potuto fare altro che chiedere a lei cosa intendesse. Lo so, forse ho sbagliato, forse avrei dovuto parlarne con te, ma ormai è troppo tardi, non l’ho fatto.”
Romeo sospira e fa intrecciare le sue dita con le mie.
“Cosa ti ha detto?” Mi domanda, tenendo i suoi occhi puntati nei miei, facendomi sentire improvvisamente nuda, spogliata di ogni barriera che riesca a tenere nascosta ogni mio segreto.
“Mi ha raccontato di aver visto te e Chloe litigare alla fine dello scorso anno e… di averti sentito dire che Chloe non fosse tua sorella”. Quelle parole sono in grado di far entrare Romeo nel panico. Scatta immediatamente in piedi ed inizia a camminare avanti e indietro per la piccola stanza. Borbotta alcune parole in silenzio e si copre il volto con le mani. Quella visione di Romeo così disperato, mi induce ad alzarmi in piedi e raggiungerlo e consapevole di essere colpevole di aver risvegliato in lui quel ricordo sento una fitta di dolore percorrere la mia spina dorsale come un brivido e trafiggere il mio petto, con un colpo secco e meschino. Arrivata alle sue spalle lo cingo con le mie esili braccia, riuscendo a fermarlo e poggio la mia testa sulla sua schiena. Mi sembra di riuscire a sentire il suo battito accelerato. Romeo si ferma immediatamente e si abbandona in quell’abbraccio, mentre il suo respiro assume lentamente un ritmo regolare. Si lascia andare verso terra, sedendosi a gambe incrociate con la schiena rivolta verso la parete ed io lo imito, sedendomi accanto a lui e prendendo la sua mano. Ancora una volta lascio che le mie dita trovino il loro posto tra le sue, abbandonandomi a quel gesto così abitudinario, ma allo stesso tempo così nuovo.
“Ѐ vero. Quello che ti ha detto Alyssa. Ѐ tutto vero” Sospira. “Credevo che non avrei mai più fatto i conti con quella situazione e con il senso di colpa, ma ancora una volta Chloe sembra non essere mai andata via. Ho paura Lea. Ho paura che da un momento all’altro mi vedrete crollare davanti ai vostri occhi. Mi sgretolerò, e nessuno potrà mai rimettere insieme i pezzi”. Il suo sguardo è vuoto e fisso sul pavimento scuro davanti a lui. Proprio i suoi occhi azzurri, ormai svuotati del mare che sono soliti riflettere, mi spingono a parlare nel tentativo di essere la sua àncora.
“No Romeo, non lascerò che tu crolli. Lascia che provi a tenere insieme i tuoi pezzi; prova a fidarti di me”. Gli dico spostandomi di fronte a lui e prendendo il suo viso tra le mani. Il calore della sua pelle, in un istante si diffonde in me, percorre il mio petto e come una piccola fiamma si posiziona nel cuore, pronta a scioglierlo e tenerlo al caldo. Restiamo così per alcuni minuti, quando improvvisamente Romeo sembra decidersi a parlare.
“Lei voleva aiutarmi; voleva spiegarmi che genere di persona fosse nostro padre, voleva spiegarmi ciò che aveva scoperto. Mi disse ‘Ti prego Romeo, fidati di me, sono tua sorella!’. Ma io ho avuto paura. Ho avuto paura che la mia famiglia, ormai già distrutta, potesse crollare totalmente, ed in quel caso non ce l’avrei fatta, sarei crollato con lei. Così le dissi ‘Tu non sei mia sorella!’. Ho usato il fatto che lei fosse stata adottata come un’arma per farle del male”. Ormai le lacrime rigano le guance di Romeo senza sosta, e sembrano rincorrersi, proprio come delle gocce sulla finestra, durante una fredda pioggia invernale.
Lascio che le sue parole si facciano strada in me, ma inevitabilmente riesco a comprendere la sua paura. La mia mente corre agli ultimi mesi, quando dopo la morte di mio padre, mi sentivo sommersa dalle macerie della mia famiglia e dalla mia vita che oggi sembrano tornate al loro posto.
“Ѐ anche colpa mia, se lei è scappata. Era sola, con un bambino in grembo. Aveva cercato il mio appoggio ma io non sono stato in grado di fidarmi di lei”. La sua voce è spezzata dai singhiozzi e mentre mi perdo nei suoi occhi blu, naufraghi in un mare di lacrime, lo stringo a me.
“Non fartene una colpa. Hai avuto paura Romeo. So cosa significa vedere la propria famiglia crollare, e non puoi rimproverarti per l’aver cercato di aggrapparti a quella che ti sembrava l’unica speranza”.
“Ti ho mai raccontato… di come è morta mia madre?” Mi domanda tra i singhiozzi, tenendo lo sguardo basso. Con la testa faccio segno di no.
“Sai era una mattina come tante, ero al primo anno di liceo. Ricordo che quella mattina, aprendo gli occhi, avevo pensato che in fin dei conti ero felice. Nonostante mio padre, nonostante i continui litigi tra i miei” Si ferma un attimo e sposta lo sguardo verso la finestra che riflette su un cielo grigio e freddo.
“Non sei tenuto a dirmelo.” Gli ricordo ma lui scuote la testa e riprende.
“Credevo andasse tutto bene, non seppi nulla fino a quella sera. Non tornai a casa dopo la scuola, andai a casa di Edo e quella sera andammo tutti insieme ad una festa. Ma quando tornai e aprii la porta di casa capii che c’era qualcosa che non andava. Mio padre e mia sorella erano seduti sulle due poltrone del salotto con lo sguardo fisso nel vuoto. Gli occhi di mia sorella erano gonfi di lacrime, ma nello sguardo di mio padre non vidi una sola emozione. Fu lui a dirmelo. Rapido ed indolore come lo strappo di un cerotto. ‘Tua madre è morta in un incidente d’auto’.”

The missing girlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora