Innaffiata dalla bianca luce mattutina, un suono gentile irruppe nel sonno di Asuna. Era la sua sveglia, una melodia suonata con un oboe. Avvolta ancora dal sonno, Asuna si lasciò cullare da quella melodia, stranamente nostalgica. Non molto dopo, assieme all’oboe si unì il suono del clarinetto, insieme ad una debole voce che canticchiava— —Canticchiava? Di certo non era lei. Asuna aprì gli occhi di scatto. Tra le sue braccia, la ragazza dai capelli neri aveva gli occhi chiusi... E canticchiava il motivo della sveglia di Asuna. La ragazza non sbagliava neppure una nota. Ma era impossibile. Asuna aveva impostato la sua sveglia in modo che fosse udibile solo a lei, non era possibile che qualcuno sentisse una melodia che suonava solo nella sua mente. Ad ogni modo, Asuna decise di non pensarci per il momento. Piuttosto— "Ki-Kirito-kun, uffa, Kirito-kun!!" Non muovendo un solo muscolo, chiamò Kirito, che dormiva nell’altro letto. Presto il ragazzo cominciò a dare segni di vita. "...Buongiorno. Successo qualcosa?" "Presto, vieni qui!" Rumore di passi. Guardando la bambina, anche Kirito spalancò gli occhi. "Sta cantando...!?" "S-Sì..." Asuna scosse leggermente la bambina e la chiamò. "Ehi, svegliati... Apri gli occhi." La ragazza smise di muovere le labbra. Le sue palpebre tremarono e infine si sollevarono. I suoi occhi neri e lucidi fissarono direttamente quelli di Asuna. Poi aprì appena le sue labbra quasi incolori. "Aa... uu..." La voce della ragazzina vibrò metallica, un suono davvero piacevole. Asuna si alzò a sedere, tenendo ancora stretta la bambina. "...Grazie al cielo ti sei svegliata. Puoi dirci qualcosa riguardo a quello che ti è successo?" Interpellata, la ragazza rimase in silenzio e scosse la testa un paio di volte. "Capisco... Come ti chiami? Puoi dircelo?" "N... ome... M... Io... Nome..." Inclinando la testa, una ciocca di capelli neri e lucidi caddero sulla guancia della ragazza. "Yu...i. Yui. Questo è... nome..." "Quindi, Yui-chan? E’ un bel nome. Io sono Asuna. E questo qui è Kirito." La ragazzina chiamata Yui seguì lo sguardo di Asuna. "A...una. Ki...to." Parlava emettendo suoni disconnessi. Asuna sentì che le paure della notte scorsa stavano tornando. Sembrava non avere più di otto anni; considerando però che ormai doveva essere loggata da due anni, ormai ne doveva avere dieci. Ma le parole incerte della bambina sembravano quelle di chi non ha coscienza di sé. "Ehi, Yui-chan. Perché sei al ventiduesimo piano? Tua mamma e tuo papà sono qui, per caso?" Yui abbassò lo sguardo e rimase in silenzio. Sempre rimanendo in silenzio, scosse la testa. "Io non... so... Io non... so nulla..." Dopo averla fatta sedere su una sedia davanti al tavolo, ed averle offerto del latte caldo e dolce, la bambina prese la tazza con entrambe le mani e cominciò a bere. Tenendola d’occhio, Asuna decise di discutere della situazione con Kirito ad una certa distanza dalla bambina. "Ehi, Kirito-kun. Tu cosa ne pensi...?" Kirito si morse un labbro con espressione seria, e poi rispose abbassando lo sguardo. "Credo che... non ricordi nulla. Ma le sue reazioni... E' come se la sua mente fosse danneggiata o..." "Sì... Lo pensi anche tu, eh..." "Dannazione." Kirito fece un’espressione triste, come se stesse per piangere. "In questo mondo... ho visto tante brutte cose... ma questa... è la peggiore. E’ troppo crudele..." Vedendo i suoi occhi inumidirsi, anche Asuna sentì qualcosa smuoversi nel petto. Abbracciò Kirito e rispose. "Andrà tutto bene, Kirito-kun. ...Insieme, c’è sicuramente qualcosa... che possiamo fare." "...Sì. Hai ragione..." Kirito sollevò lo sguardo e sorrise, accarezzò la spalla di Asuna e tornò al tavolo. Asuna lo seguì da vicino. Spostando una sedia, Kirito si sedette accanto a Yui e cominciò a parlare con voce allegra. "Aah, Yui-chan. ...Posso chiamarti solo Yui?" Yui annuì. "Capito. Allora, Yui, tu puoi chiamarmi solo Kirito." "Ki... to." "E’ Kirito. Ki-ri-to." "..." Yui fece un’espressione impacciata e rimase zitta per un po’. "...Kiito." Kirito fece un sorriso e accarezzò la testa di Yui. "Forse è un po’ difficile. Puoi chiamarmi come vuoi, se è più facile per te." Yui ci pensò di nuovo. Non fece una piega nemmeno quando Asuna le prese la tazza vuota per riempirla di nuovo. Ben presto Yui sollevò lo sguardo e fissò Kirito, e timidamente aprì bocca per parlare. "...Papà." Poi, si voltò verso Asuna. "Auna è... Mamma." Asuna ebbe un tremito incontrollato. Non sapeva se la bambina li avesse scambiati per i suoi genitori o se— o se i suoi genitori non c’erano affatto in questo mondo e considerasse loro come tali; ma prima di indagare oltre, Asuna combatté disperatamente i sentimenti in subbuglio nel suo cuore e fece un sorriso. "Proprio così... Sono la Mamma, Yui-chan." Sentendo quelle parole, Yui sorrise per la prima volta. Sotto la sua frangetta liscia, i suoi occhi brillarono luminosi, e in un istante sembrò anche tornare il colore su quel faccino da bambola. "...Mamma!" Guardando le braccia spalancate davanti a lei, Asuna sentì una fitta di dolore nel petto. "Uu..." Trattenendo le lacrime che sentiva montare, riuscì in qualche modo a mantenere il sorriso. Strinse la piccola figura di Yui e la sollevò, e Asuna sentì una lacrima, sintomo di mille emozioni, colarle lungo la guancia. Finendo il suo latte e la sua brioche, Yui sembrava nuovamente assonnata, e infatti aveva la testa che ciondolava avanti e indietro. Osservando la bambina, Asuna si asciugò gli occhi con il dorso di una mano e guardò Kirito. "I-Io..." Non riusciva a dire le parole che avrebbe voluto dire. "Scusami, ma non ho proprio idea di cosa dovrei fare..." Kirito guardava Asuna con un misto di compassione e tristezza, ma presto corse in suo aiuto. "...Finché la bambina non ritrova i suoi ricordi, vuoi che rimanga qui per badare a lei, vero? Comprendo... questi sentimenti. Li provo anch’io. Però... è un vero dilemma... Se lo facessimo, perderemmo altro tempo per il completamento del gioco, e anche la bambina rimarrebbe qui più a lungo..." "Sì... Hai ragione, dopotutto..." Asuna cominciò a pensare. Kirito era di sicuro un elemento fondamentale tra i clearers, spiccava sopra tutti e forniva sempre mappe aggiornate sui percorsi migliori, ed era stato a lungo un solo player. Anche se voleva rimanere da sola con lui, essendosi sposati solo poche settimane, monopolizzare Kirito le faceva venire spesso i sensi di colpa. "Per adesso, facciamo quel che possiamo." Guardando Yui, che sembrava appisolata, Kirito continuò il suo discorso. "Per prima cosa andiamo alla Starting City e vediamo se possiamo rintracciare dei parenti di questa bambina. Dopotutto da nell’occhio, quindi credo che ci saranno un bel po’ di persone che la conoscono." "..." Una conclusione del tutto naturale. Ma Asuna sentiva di non volersi separare dalla bambina. Era vero che voleva stare da sola con Kirito, era il suo sogno; ma in un certo senso non le dispiaceva se fossero diventati tre. Sentiva come se Yui potesse davvero essere la loro figlia... Facendo quei pensieri, Asuna ebbe un fremito e divenne tutta rossa. "...? Cosa ti prende?" "N-Non è nulla!!" Asuna si voltò verso Kirito, che sembrava sospettoso, e scosse violentemente il capo. "V-Va bene. Quando Yui-chan si sveglia, andremo alla Starting City. Sulla strada potremmo anche mettere un’inserzione nella rubrica "Chi l’ha Visto" dei giornali." Ancora incapace di guardare il ragazzo negli occhi, Asuna si affrettò a pulire il tavolo. Quando osservo Yui addormentata sulla sedia, le parve che il suo sonno fosse molto più tranquillo rispetto al giorno precedente. Spostata a letto, Yui dormì per tutta la mattina, e temendo che fosse finita di nuovo in coma, Asuna si preoccupò; ma fortunatamente si svegliò quando i preparativi per il pranzo furono ultimati. Nonostante avesse preparato una crostata alla frutta, cosa molto rara, proprio per il bene di Yui, quando quest’ultima si sedette a tavola mostrò più interesse per un sandwich pieno di mostarda che stava addentando Kirito, suscitando la perplessità di entrambi. "Ah, Yui, questo è molto piccante." "Uu... Io voglio la stessa cosa di Papà." "Capisco. Non ti fermerò se hai già deciso. Tutto fa esperienza." Prendendo un sandwich, Yui allargò la sua boccuccia cercando di addentare quanto più poteva del panino, senza esitare. I due trattennero il fiato, Yui, masticò il panino con espressione indecifrabile, infine lo ingoiò e fece un sorriso radioso. "Buono." "Questa qui ha lo stomaco di ferro." Anche Kirito sorrise e accarezzò Yui sulla testa. "Direi che per cena possiamo preparare qualcosa di rovente." "Uffa, non farti trascinare come sempre! Non preparerò mai niente del genere!" Ma se avessero trovato i genitori di Yui alla Starting City, gli unici a ritornare a casa sarebbero stati loro due. A quel pensiero, Asuna sentì un lieve senso di solitudine. Asuna osservò Yui, che aveva finito il suo panino e ora stava sorseggiando del tè al latte con espressione soddisfatta, e poi aggiunse. "Oh, Yui-chan, oggi usciremo per un po’." "Uscire?" Osservando l’espressione smarrita di Yui, fece una pausa, chiedendosi come spiegare, quando Kirito entrò nella discussione. "Andremo a cercare gli amici di Yui." "Amici... E cosa sono?" A quella domanda, i due si scambiarono un’occhiata. La «sindrome» di Yui rivelava un sacco di tratti particolari. Piuttosto che la recessione della sua età mentale, era più come se determinati frammenti dei suoi ricordi fossero svaniti. Per poter migliorare la sua condizione sarebbe stato meglio trovare i suoi guardiani... Decisa a dirglielo, Asuna si rivolse a Yui ancora una volta. "Beh, gli amici sono le persone che posso aiutare Yui-chan. Dai, è meglio prepararsi." Yui sembrava ancora perplessa, ma poi annuì e si alzò. Il vestito intero bianco della bambina aveva maniche corte, e sembrava fatto di tessuto leggero; sembrava inadatto a quella stagione, dato che era l’inizio dell’inverno. Ovviamente, sentire freddo, ammalarsi o subire dei danni non era un problema in SAO— beh, era un discorso diverso se si sarebbero diretti in zone gelide— Però il senso di disagio era lo stesso anche in questo mondo. Asuna cercò tra la sua lista degli oggetti, materializzò vestiti pesanti, uno dopo l’altro, e quando trovò un abito adatto alla taglia della piccola, si fermò di colpo. Normalmente, quando qualcuno doveva indossare qualcosa, lo faceva dal menù. Vestiti, liquidi e simili non erano riprodotti molto bene in SAO, e quindi, piuttosto come oggetti separati, i vestiti venivano considerati come parti del corpo del giocatore. Notando l’incertezza di Asuna, Kirito chiese a Yui. "Yui, sai aprire la tua finestra dell’equipaggiamento?" Come si aspettava, la ragazza scosse la testa ignara. "Bene allora, prova a muovere le dita della mano destra. Così." Kirito mosse un dito, e una finestra viola si aprì sotto la sua mano. Vedendo la scena, Yui lo imitò con esitazione, ma non si aprì alcuna finestra. "...Come pensavo, ci deve essere un qualche bug. Ma non essere in grado di aprire il menù è grave... In queste condizioni non puoi fare niente." Mentre Kirito pensava irritato, Yui, che aveva agitato la mano destra a vuoto decise di provare a muovere la sinistra. In quel momento, apparve una schermata viola brillante sotto la sua mano. "Eccolo!" Sopra Yui, che sorrideva compiaciuta, Asuna guardò Kirito, che era stato colto di sorpresa. Nessuno dei due aveva più idea di cosa stesse succedendo. "Yui-chan, fammi guardare." Asuna si chinò per guardare la finestra del menù della bambina. Tuttavia, normalmente gli status erano nascosti a tutti eccetto il proprietario, quindi lo schermo rimandava solo una luce e basta. "Scusami, porgimi la mano." Asuna prese la mano di Yui, mosse il suo indice destro, cliccando dove pensava dovesse trovarsi il tasto di visibilità ai terzi. La sua mira fu precisa e con un suono le apparve il menù di Yui. Normalmente, un’azione del genere sarebbe stata considerata una violazione della privacy piuttosto grave, ma date le circostanza Asuna non ci badò, e si mise a cercare nell’inventario della piccola, ma... "C-Che cos’è questo!?" Quando osservò la parte in alto dello schermo, non riuscì a trattenersi. La parte in alto del menù era solitamente divisa in tre sezioni. C’era il nome scritto in caratteri latini, insieme alla barra degli HP e quella degli EXP, e sotto di essa doveva trovarsi la barra degli equipaggiamenti, mentre nell’ultima c’era una lista dei comandi di base. Molte cose potevano essere personalizzate a piacimento, ma il layout di base non poteva essere modificato. E invece, nella parte in alto del menù di Yui, c’era solo uno strano nome, «Yui-MHCP001», ma niente barra degli HP o degli EXP, tantomeno il livello. Anche se c’era la barra dell’equipaggiamento, il numero di comandi era drasticamente ridotto, con solo le sezioni «Oggetti» ed «Opzioni». Notando che Asuna era perplessa, Kirito si avvicinò e osservò a sua volta il menù, rimanendo a bocca aperta. Yui, non sapendo niente della storia dei menù, diede a sua volta un’occhiata. "Anche questo... è un bug nel sistema...?" Disse Asuna, e Kirito fece un verso gutturale. "Per qualche motivo... piuttosto che un bug, sembra che sia stato progettato così fin dall’inizio... Dannazione, non sono mai stato arrabbiato come oggi per l’assenza di uno stramaledetto GM." "Normalmente, in SAO, non ci sono bug o lag di cui preoccuparsi, quindi non c’è alcun bisogno di GM... Perciò non ci sarebbero di grande aiuto in ogni caso..." Scuotendo le spalle, Asuna operò di nuovo il menù, aprendo l’inventario. Prese gli abiti poggiati sul tavolo e li mise nella lista. Poi trascinò i nomi dei vestiti sulla figura simile ad un manichino. Insieme ad un effetto simile ad una campanella, il corpo di Yui fu avvolto da frammenti luminosi e l’oggetto si materializzò sul suo corpo. "Waah..." Con espressione oltremodo allegra, Yui allargò le braccia e si guardò per bene. Asuna continuò, prendendo una gonna dello stesso colore, scarpe rosse e svariati oggetti, uno dopo l’altro, e infine ripose il vecchio vestito bianco nell’inventario, e lo richiuse. Finita di vestirsi, Yui sembrava al settimo cielo, e si strofinava le guance contro la stoffa dei nuovi abiti e si osservava da capo a piedi. "Bene, adesso possiamo andare." "Uhm. Papà, portami." Osservando Yui che allungava le braccia speranzosa, Kirito fece un sorriso timido e sollevò la bambina. Nel frattempo, guardò Asuna e disse. "Asuna, tu tieniti pronta alla battaglia, per ogni evenienza. Non dovremmo uscire dalla città, però... è il territorio de «L’Armata» dopotutto..." "Mh... Meglio non abbassare la guardia." Con un cenno, Asuna diede una controllata al suo inventario e seguì Kirito alla porta. Sarebbe stato meglio trovare i tutori della bambina; e che fossero amorevoli, ma separarsi da Yui la faceva sentire a disagio per qualche motivo. La conosceva da un giorno appena, ma Yui era riuscita a conquistare in fretta il cuore di Asuna. Erano passati mesi da quando non erano scesi giù al primo piano, la «Starting City». Avvertendo sensazioni contrastanti, Asuna rimase ferma vicino al varco del teletrasporto, osservando l’enorme piazza e le viuzze che si diramavano da essa. Ovviamente, questa era la città più grande di tutto Aincrad, comparando il numero di edifici presenti qui e nelle altre città, non c’era sfida. I prezzi erano bassi, e si trovava ogni sorta di locanda. In termini di efficienza, era il posto migliore da usare come base. Tuttavia, finora nessuno dei giocatori di alto livello aveva soggiornato alla Starting City. L’oppressione della «Armata» era una delle ragioni, in realtà quando si alzava lo sguardo al cielo, non si poteva fare a meno di ricordare cos’era successo il primo giorno. L’inizio di tutto era stato solo un capriccio. Nata da una relazione tra un uomo d’affari ed una studentessa, Asuna— Yuuki Asuna, era cresciuta succube fin da subito alle alte aspettative dei suoi genitori. Entrambi erano persone inflessibili verso l’un l’altro, ma egualmente gentili verso Asuna, e per quel motivo aveva paura di scoprire come sarebbe stato non essere all’altezza delle loro aspettative. Per suo fratello probabilmente era la stessa cosa. Asuna e suo fratello avevano frequentato scuole private scelte dai suoi genitori e, senza fallire una volta, hanno sempre portato a casa risultati brillanti. Quando il fratello entrò all’università e lasciò la casa di famiglia, lei non aveva nient’altro per cui vivere se non far contenti i suoi genitori. Prendeva lezioni di numerose attività, socializzava solo con amici approvati dai suoi genitori, ma vivendo una vita del genere alla fine Asuna si accorse che il suo mondo si stava rattrappendo, sebbene la vita scorresse inesorabile. Se avesse continuato su quel sentiero già tracciato per lei— procedendo verso scuole e università scelte per lei dai genitori, sposare una persona scelta per lei dai suoi genitori, sentiva che alla fine sarebbe stata chiusa in un bozzolo inespugnabile, persino più stretto di quello in cui viveva allora, e non sarebbe mai stata in grado di scapparne; erano queste le sue paure. Ecco perché, quando suo fratello, ormai impiegato nella compagnia di suo padre, tornò a casa, parlava così entusiasta del suo Nerve Gear e di una copia di SAO che aveva avuto grazie ai suoi contatti, e parlava del primo «VRMMO» del mondo, e persino Asuna, che non aveva mai toccato un videogame in vita sua, sentì il richiamo irresistibile di quel nuovo e strano mondo. Ovviamente, se suo fratello avesse usato il Nerve Gear nella sua stanza, lei avrebbe dimenticato ben presto quella novità. Tuttavia, a causa di un affare, suo fratello era dovuto partire proprio il giorno del lancio di SAO, e così Asuna finì col chiederlo in prestito a suo fratello, giusto per provarlo— E poi cambiò tutto. Persino adesso, ricordava l’eccitazione di quel giorno, in cui passò da Asuna ad "Asuna", trovandosi per strade sconosciute, fra persone sconosciute. Ma poi, quando il dio del vuoto discese dal cielo, annunciando questo gioco di morte, con l’incapacità assoluta di lasciare questo mondo, la prima cosa a cui pensò Asuna era il compito di matematica a cui non aveva ancora messo mano. Se non si fosse affrettata a finirlo e consegnarlo, i suoi insegnanti l’avrebbero di certo richiamata. Per la vita che aveva condotto Asuna fino a quel momento, era un fallimento che non poteva accettare... Ma ovviamente, ormai si parlava di ben altri problemi. Una settimana, due settimane, mese dopo mese, non arrivava alcun aiuto dal mondo esterno. Chiusa nella sua stanza alla Starting City, Asuna sperimentava ogni giorno il terrore assoluto. Strillava e a volte mordeva persino le pareti per la disperazione. Era l’inverno del suo terzo anno alle scuole medie. Presto ci sarebbero stati gli esami e poi un nuovo semestre. Per Asuna, non sostenerli sarebbe stato peggio che morire. Asuna passava ogni giorno tra mille pensieri, stretta alle sue convinzioni deviate. Piuttosto che essere preoccupati per il corpo della loro bambina, i suoi genitori sarebbero stati delusi dal fatto che la figlia non aveva sostenuto gli esami per via di un videogame. I suoi compagni, piuttosto che essere preoccupati per lei, di sicuro erano disgustati per la sua assenza, e forse la deridevano. Quando oltrepassò il punto critico di quei pensieri nefasti, Asuna prese finalmente una decisione— lasciare la locanda. Non voleva più essere salvata, voleva uscire da lì con le sue forze. Diventare il salvatore che avrebbe messo fine a quell’incubo. Se non avesse preso quella decisione, probabilmente non avrebbe resistito a lungo alle presenze che si erano insinuate nella sua mente. Asuna preparò il suo equipaggiamento, memorizzò l’intero manuale del gioco e uscì nei campi. Dormiva massimo una o due ore al giorno, e per il resto pensava solo a salire di livello. Con il suo desiderio di completare il gioco, non ci mise molto a scalare i ranghi dei giocatori più potenti. Fu così che nacque la spadaccina ardente, Asuna il «Lampo». E tornando al presente— Erano passati due anni da allora, e ora la diciassettenne Asuna guardava alla sua versione passata con sommo disprezzo. No, non solo il periodo subito dopo l’inizio del gioco. Ma anche e soprattutto alla sua vita passata, così simile ad una prigionia sempre più serrata, e ricordava quella vita con un misto di tristezza e compassione. Non comprendeva quale fosse il vero significato di «vivere». Lei aveva sempre vissuto in funzione di un futuro molto ideale, sacrificando il presente. Il presente per lei non era altro che un mezzo per raggiungere il futuro perfetto, se avesse fallito tanto valeva morire e svanire nel nulla. In questo mondo non era poi molto diverso. L’unica differenza era che questo mondo si chiamava SAO. Chi lottava per la fine del gioco era simile a com’era lei una volta, agiva spinto da un fanatismo insano, e si aggrappava ad un passato ormai andato. E coloro i quali cercavano solo di godersi il momento e di soddisfare qualche piacere, molto spesso erano criminali. Eppure, esistevano anche persone che nonostante fossero intrappolate in questo mondo si godevano il presente, creando ricordi, giorno dopo giorno. Ad insegnarglielo era stato lo spadaccino dai capelli neri che aveva conosciuto un anno fa. Il desiderio per il suo stesso stile di vita— dal momento stesso in cui lo aveva conosciuto, il suo mondo era cambiato. Adesso, sentiva che sarebbe riuscita a rompere persino la gabbia che la ingabbiava nel mondo reale. Credeva che sarebbe riuscita a vivere con le sue sole forze. Almeno finché lui sarebbe rimasto al suo fianco— Asuna si avvicinò a Kirito, mentre camminavano per le strade. Il dolore che provò quando vide il tetto in pietra che delimitava il livello fu meno forte di quello che pensava. Scuotendo la testa per liberare i suoi pensieri, Asuna diede un’occhiata al viso di Yui, che veniva ancora portata da Kirito. "Yui-chan, ti ricordi qualche palazzo, o qualcosa di simile?" "Uu..." Con espressione confusa, Yui diede un’occhiata agli edifici in pietra, che si stagliavano contro la piazza, prima di scuotere la testa desolata. "Non lo so..." "Bene, la Starting City è enorme, dopotutto." Kirito accarezzò la testa di Yui. "Beh, se continuiamo a camminare, prima o poi dovrebbe ricordarsi qualcosa. Per adesso andiamo al mercato principale della città." "Penso tu abbia ragione." D’accordo con la decisione, il trio si diresse verso l’area mercatale. Eppure— mentre camminavano, Asuna guardò nuovamente la piazza con qualche dubbio. C’erano meno persone di quanto ricordasse, in giro. La piazza centrale della Starting City era enorme come ricordava, essendo in grado di contenere tutti e diecimila i giocatori di due anni fa, all’inaugurazione del server. Nel mezzo di quella piazza perfettamente circolare, c’era un’enorme torre-orologio, e alla sua base si apriva il varco del teletrasporto. Alla sua base, si aprivano numerose aiuole concentriche alla torre, con molte panchine bianche dall’aspetto elegante. Non sarebbe stato strano trovarci una moltitudine di persone sedute qua e là per godersi quella bella giornata; ma le poche figure umane presenti, o si dirigevano verso il varco del teletrasporto o lasciavano la piazza immergendosi nelle stradine. Le piazze e le strade principali dei piani superiori erano sempre piene di persone intente a chiacchierare, a cercare nuovi compagni di squadra, a vendere e comprare; e di conseguenza erano spesso piuttosto affollate— "Ehi, Kirito-kun." "Mh?" Asuna chiamò Kirito e lui si voltò. "Quanti giocatori ci saranno qui, adesso?" "Mmh, beh... Sono rimasti in vita circa seimila giocatori, e il trenta per cento di essi vive stabilmente nella Starting City, se contiamo pure «L’Armata»; quindi circa duemila persone, giusto?" "Ma allora, non pensi che ci sia un po’ troppa calma in giro?" "Ora che me lo fai notare... Forse sono tutti al mercato?" E invece, anche quando imboccarono la strada principale e si avvicinarono al mercato, trovarono solo negozi e bancarelle allineate, ma quasi nessun giocatore. I richiami casuali ed energici degli NPC volavano a vuoto per la città. Trovarono un uomo seduto sotto un grosso albero in una piazza, e Asuna si avvicinò per chiamarlo. "Ah, mi scusi." L’uomo, che fissava la cima dell’albero attraverso i rami con espressione seria, rispose chiaramente infastidito, senza distogliere lo sguardo "Cosa volete?" "Beh... Da queste parti non c’è un posto dove poter cercare delle persone?" Sentendo quelle parole, l’uomo finalmente spostò l’attenzione di Asuna. Fissò il viso della ragazza senza fare troppi complimenti. "Quindi siete dei forestieri." "Ah, sì. Vede... Stiamo cercando di trovare i tutori di questa bambina..." Indicò Yui, che sonnecchiava tra le braccia di Kirito. Vestito con una semplice uniforme che ne rendeva difficile stimarne il livello, l’uomo strabuzzò gli occhi quando vide Yui, ma ben presto ritornò a guardare la cima dell’albero. "...Una bambina perduta, eh, è una rarità. ...Nella chiesa accanto al fiume, nel settimo distretto ad est, ci sono un sacco di giocatori ragazzini che vivono lì, provate da quelle parti." "G-Grazie." Ricevendo quell’inaspettata ed utile informazione, Asuna fece un rapido inchino. Poi provò a fare un’altra domanda. "Ahh... Ma lei cosa sta facendo qui? E poi, come mai ci sono così poche persone in giro?" Anche se l’uomo sembrava infastidito, rispose, apparentemente non così scocciato come dava a vedere. "Questo sarebbe un segreto, o almeno così mi piacerebbe rispondervi. Ma visto che siete di fuori... Guardate, riuscite a vederlo, no? Quel ramo lì in alto." Asuna seguì la direzione in cui puntava il dito dell’uomo. I rami di quell’enorme albero erano dipinti della luce autunnale, ma se ci si impegnava, si notavano dei frutti gialli, seminascosti all’ombra delle foglie. "Ovviamente, gli alberi ai lati delle strade in città sono oggetti indistruttibili, quindi anche se vi arrampicate non potete togliere nemmeno una foglia." L’uomo continuò a parlare. "Però di tanto in tanto cadono quei frutti... Rimangono per terra solo pochi minuti prima di marcire e svanire, ma se li raccogli, puoi venderli agli NPC per una bella sommetta. Per non dire che sono anche piuttosto buoni." "Ohhh." Per Asuna, che aveva allenato la sua abilità in cucina, le discussioni su ingredienti erano estremamente interessanti. "E quanto costano più o meno?" "...Non dirlo in giro. Per ognuno di essi, cinque col." "..." Osservando l’espressione fiera dell’uomo, Asuna rimase senza parole. Era sconcertata da quanto fosse basso in realtà il prezzo. Per come stavano le cose, scalare gli alberi per tutto il giorno sperando di far cadere i frutti, non valeva assolutamente la pena. "Ah, bene... In questo caso non ne vale la pena... Se sconfiggeste anche un solo vermiciattolo nei campi qui intorno, guadagnereste trenta col." Quando lo disse, fu il turno dell’uomo rimanere in silenzio. Stranamente fissava Asuna come se avesse detto la cosa più assurda del mondo. "Dici seriamente? Se esci per combattere i mostri lì fuori... Potresti morire, lo sanno tutti." "..." Asuna non sapeva cosa rispondere. Era proprio come aveva detto l’uomo; combattere contro i mostri comportava sempre il rischio di morire. Ma ormai per Asuna era come attraversare la strada nel mondo reale; aveva imparato da tempo a non aver paura. Sia a causa della sua scarsa paura, che dell’eccessiva paura dell’uomo, non essendo in grado di rispondere, Asuna rimase immobile. Probabilmente, nessuno dei due aveva pienamente ragione. Nella Starting City, quello che aveva detto quell’uomo era considerato senso comune. Non notando la perplessità e il conflitto interiore di Asuna, l’uomo continuò. "E per quale motivo non c’è nessuno in giro? Non è che non ci siano. Saranno tutti rinchiusi nelle loro stanze nelle locande. Di giorno potrebbero incontrare gli esattori delle imposte dell’Armata, dopotutto." "E-Esattori delle imposte... Cosa intendi dire?" "E’ solo un modo gentile per dire "estorsione". State attenti, perché quelli non risparmiano nemmeno i forestieri. Oh, sembra che uno stia per cadere... fine della conversazione." Chiudendo la bocca, l’uomo tornò a fissare il suo albero. Asuna fece un inchino e si voltò verso Kirito, che era rimasto in silenzio per l’intera discussione. Kirito osservava l’albero e i frutti con espressione seria, non diversa da quella di quando combatteva. Sembrava intenzionato a raccogliere il frutto che sarebbe caduto. "Eddai, lascia perdere!" "M-Ma non ti interessa il frutto?" Afferrando Kirito per la collottola, Asuna cominciò a tirarlo via. "Ah, ahh... e sembrava anche saporito..." Prese Kirito per l’orecchio, obbligandolo a voltarsi. "Piuttosto, sai dirmi qual è il settimo distretto ad est? Da quelle parti ci sono dei ragazzini, quindi dobbiamo andarci." "...Va beeeene." Prendendo Yui che si era appisolata, e tenendola stretta, Asuna controllò la mappa mentre seguiva Kirito. Sebbene Yui aveva l’aspetto di una bambina di dieci anni, portarla in braccio in quel modo l’avrebbe distrutta in pochi minuti, ma grazie alla forza acquisita dall’allenamento in quel mondo, Asuna non avvertiva altro che lo stesso peso di un cuscino di piume. Camminando per le strade per dieci minuti buoni, incrociando pochissime persone, alla fine arrivarono in una zona simile ad un vasto giardino. Gli alberi mostravano i segni dell’inverno imminente. "Vediamo, questo è il settimo distretto come dice la mappa... Mi chiedo dove sia la chiesa." "Ah, non è quella lì?" Oltre gli alberi, alla destra della strada, Asuna vide un edificio particolare e si concentrò. Sulla sommità di una torre blu c’era un simbolo che combinava una croce e un cerchio. Era il segno distintivo di una chiesa, e ce n’era una in ogni città. E attraverso gli altari al loro interno era possibile curarsi dallo status negativo, «Maledizione», ed era possibile benedire le armi per avere vantaggi contro i non morti. In SAO, dove esisteva appena la magia, erano considerati posti molto misteriosi. Inoltre, si poteva anche affittare una stanza nelle chiese a cifre molto modiche. "A-Aspetta un momento." Asuna fermò Kirito che si stava già dirigendo verso la chiesa. "Mh? Cosa c’è?" "Ah, no... Beh... Se dovessimo trovare i tutori di Yui... dovremmo lasciarla lì, vero...?" "..." Gli occhi neri di Kirito si addolcirono mentre fissava Asuna. Allargò le braccia e strinse dolcemente sia Asuna che Yui. "Nemmeno io voglio separarmi da lei. Come posso spiegarlo... Con la presenza di Yui, quella casa nella foresta mi sembra davvero casa nostra... o almeno così la vedo io... Ma non è che non vi rivedrete mai più. Se Yui riavrà i suoi ricordi, potrà tornare a farci visita." "Mh... Hai ragione." Annuendo, Asuna accarezzò la guancia di Yui, stringendola di più a sé, prima di cominciare a camminare risoluta. La chiesa era minuscola, paragonata agli altri edifici della città. Era composta da due piccoli edifici, e c’era solo una torre con sopra il simbolo. Ma c’erano molte chiese nella Starting City, una delle quali era vicinissima alla piazza centrale e aveva le dimensioni di un piccolo castello. Raggiungendo le doppie porte sul davanti, Asuna ne aprì una con la mano destra. Essendo un edificio pubblico, ovviamente non era chiuso. L’interno era semibuio, e le uniche fonti di luce erano le candele disposte un po’ dovunque. A prima vista non c’erano segni di vita. Facendo capolino nell’edificio, Asuna si rivolse ai presunti inquilini. "Ahh, c’è qualcuno?" La sua voce risuonò per l’eco, ma non ci fu alcuna risposta. "Possibile che non ci sia nessuno...?" Voltandosi verso Kirito, egli rispose a bassa voce. "Nah, c’è qualcuno. Tre nella stanza a destra, quattro in quella a sinistra... E altri al secondo piano." "...Con la tua abilità di scansione puoi contare persino le persone attraverso i muri?" "Essendo al 98% del totale mi è possibile. E’ davvero utile, quindi dovresti allenarla anche tu." "No, allenarla è così noioso che potrei morire. ...Però mi chiedo perché si stiano nascondendo..." Asuna entrò esitante nella chiesetta. Era tutto silenzioso, ma avvertiva che c’era qualcuno che si sforzava di rimanere in silenzio. "Ah, scusate, stiamo cercando qualcuno!" Questa volta provò ad alzare la voce. E poi— la porta sulla destra si aprì un po’, e dall’altra parte arrivò una flebile voce femminile. "...Non siete della «Armata», vero?" "Non lo siamo. Siamo venuti dai piani superiori." Entrambi Asuna e Kirito non avevano armi, e nessuna armatura da battaglia addosso. Quelli dell’Armata invece indossavano sempre armature pesanti, quindi solo il loro aspetto bastava a far capire che non avevano niente a che fare con la gilda. Ben presto la porta si aprì del tutto, e ne uscì timidamente una sola giocatrice. Corti capelli blu intenso, con un grosso paio di occhiali con la montatura nera, e dietro di essi, due grossi occhi verdi erano spalancati, pieni di apprensione. Vestita di semplici abiti blu, aveva una daga ancora infoderata tra le mani. "Voi sul serio... non siete quelli dell’Armata che riscuotono le tasse, vero...?" Asuna fece un sorriso rassicurante alla ragazza e disse. "Sì, stiamo solo cercando qualcuno e veniamo dai piani alti. Non abbiamo niente a che vedere con l’Armata." In quel momento— "Dall’alto!? Volete dire che siete dei veri spadaccini!?" Con quel grido fanciullesco, la porta dietro la ragazza si aprì di colpo e nella stanza irruppero diverse figure. Immediatamente dopo, si aprì anche la porta a sinistra dell’altare e ne uscì un altro gruppo di persone. Presi alla sprovvista, Asuna e Kirito osservarono il nugolo di persone accanto alla ragazza con gli occhiali, e si resero conto che si trattava di ragazzini. Il più piccolo doveva avere dodici anni, mentre il più grande quattordici. Erano tutti estremamente interessati e stavano osservando Asuna e Kirito. "Ehi, tutti quanti, vi avevo detto di stare nascosti!" Solo la ragazza che si occupava dei ragazzini sembrava essere intorno alla ventina. In ogni caso, nessun bambino stava a sentire quello che diceva. Ma subito dopo, il primo a correre fuori dalla stanza fu un bambino dai capelli rossi e scarmigliati, che esclamò deluso. "Ma non avete neppure una spada. Ehi, non avete detto che venite da sopra? Tu non dovresti avere delle armi?" L’ultima domanda era rivolta a Kirito. "N-No, non è che non ne abbiamo, però..." Kirito rispose, e si accorse che gli occhi del bambino si stavano illuminando. Facci vedere, sembravano dire gli sguardi di tutti quei monelli. "Andiamo, smettetela di fare gli scostumati e non date fastidio ai signori. —Scusateli, ma è raro per noi avere dei visitatori..." Vedendo che la donna con gli occhiali sembrava sinceramente dispiaciuta, Asuna rispose in fretta. "N-No, non è un problema. —Ehi, Kirito-kun, penso che ne hai un bel po’ nel tuo inventario, perciò perché non gliene mostri?" "S-Sì." Annuendo alla proposta di Asuna, Kirito aprì una finestra col suo dito e cominciò ad allineare le sua armi sul tavolo lì vicino. Le aveva ottenute da mostri sconfitti in una recente avventura, e non aveva ancora trovato il tempo per venderle. Kirito chiuse la finestra, dopo aver esposto tutte le armi e le armature che aveva in più, e i ragazzini si avvicinarono estasiati. Toccarono e ammirarono ognuna delle spade e delle mazze con un profluvio di "Pesante" e "Fico". Quella scena avrebbe fatto svenire i genitori iperprotettivi, ma nelle città, era impossibile farsi del male. "—Mi spiace tanto..." Sebbene la ragazza con gli occhiali continuasse a scusarsi, alla vista dei bambini divertiti fece un sorriso. "...Ah, venite da questa parte. Preparerò del tè, quindi..." Guidati attraverso quelle stanzette, Asuna e Kirito bevvero un sorso del tè caldo offerto loro. "Allora... avete detto che siete venuti per cercare qualcuno...?" Chiese la ragazza con gli occhiali seduta davanti a loro, inclinando appena la testa. "Ah, sì. Ehm... Io sono Asuna, e lui sarebbe Kirito." "Ahh, scusatemi, non mi sono ancora presentata. Io sono Sasha." E fece un breve inchino. "E questa bambina si chiama Yui." Accarezzando i capelli di Yui che dormiva ancora in braccio a lei, Asuna continuò. "Questa bambina si era persa in una foresta del ventiduesimo piano. Sembra... che abbia perso i suoi ricordi, quindi..." "Cielo..." La donna chiamata Sasha spalancò i suoi occhi verdi, nascosti dietro i suoi occhiali. "Non aveva equipaggiamenti o armi, quindi non pensiamo che viva ai piani alti... E inoltre, forse i suoi tutori sono alla Starting City... O forse chiunque la conosca potrebbe essere nelle vicinanze, per questo siamo venuti fin qui. Poi abbiamo saputo che in questa chiesa vivono un bel po’ di ragazzini..." "Ah, ora comincio a capire..." Sasha prese le tazze dalle loro mani, e abbassò lo sguardo sul tavolo. "...In questo momento, vivono venti ragazzi in questa chiesa, dalle scuole medie fino alle superiori. Credo che siano più o meno tutti i ragazzini di questa città. Fin da quando è partito il gioco..." Sasha cominciò a parlare con tono basso ma chiaro. "Quasi tutti i ragazzini rimasti intrappolati nel gioco hanno sofferto di crisi d’ansia e attacchi di panico. Ovviamente, ci sono dei ragazzini che hanno trovato la forza di farsi coraggio e lasciare la Città per combattere, ma credo che siano una rara eccezione." Era una cosa che aveva passato anche Asuna, all’inizio. Quando si era rintanata nella sua stanza, sentiva che la sua mente stava finendo in pezzi. "E’ una cosa naturale; sono ancora nell’età in cui vogliono essere coccolati dai loro genitori. Se all’improvviso gli viene detto che sono bloccati qui dentro, e che forse non torneranno mai nel mondo reale— questi bambini probabilmente perdono la ragione, e tra loro... sembra che ci sia qualcuno che si sia suicidato." Sasha serrò le labbra. "Per un mese dopo l’inizio del gioco, ero decisa a completarlo e sono uscita, però... un giorno, ho visto uno di questi bambini per strada, e non ho potuto abbandonarlo; così l’ho portato con me e abbiamo vissuto insieme alla locanda. Poi ho cominciato a girare la città per radunare gli altri bambini. Prima che me ne rendessi conto, è finita così. Ecco perché... sapere che ci sono persone che combattono come voi, mi fa sentire come se avessi mollato, e questa cosa è imperdonabile." "Oh... Questo non—" Scuotendo la testa, Asuna fece del suo meglio per scegliere le parole più adatte, ma la sua voce era bloccata nella sua gola. A quel punto, fu Kirito a parlare. "Non è affatto vero. Stai combattendo egregiamente... Molto meglio di uno come me." "Ti ringrazio molto. Ma io non lo faccio per senso del dovere. Trovo molto divertente stare con questi bambini." Sasha sorrise e osservò Yui preoccupata "Ecco perché... per due anni di fila siamo entrati in ogni edificio per vedere se ci fossero dei bambini bisognosi di aiuto. Se ci fosse stata una bambina così piccola, l’avremmo notata di sicuro. Mi spiace dirlo... ma non penso che questa piccolina abitasse qui alla Starting City." "Capisco..." Asuna abbassò il capo, stringendo Yui. Poi si ricompose e guardò di nuovo Sasha. "Ehm, scusami se mi intrometto nella tua privacy, ma come affrontate le spese quotidiane?" "Ah, oltre a me ci sono un paio di altri ragazzi più grandi a badare a questo posto... Il loro livello è abbastanza alto da permettergli di essere completamente al sicuro finché rimangono nei campi intorno alla città, quindi possiamo guadagnare abbastanza per mangiare. Non possiamo permetterci dei lussi però." "Oh, incredibile... A giudicare da quello che ho sentito finora, in questa città uscire per combattere i mostri è giudicato praticamente un suicidio." Sasha annuì alle parole di Kirito. "Credo sia quello che pensano tutti i giocatori rimasti nella Starting City. Non voglio negare che sono d’accordo; è innegabile quando considerate che ci sono le nostre vite in palio... Però, questo è anche il motivo per il quale guadagniamo molto di più rispetto a tutti gli altri giocatori della città." Era vero; per poter alloggiare in quella chiesa probabilmente ci volevano cento col al giorno. Era un ammontare che eccedeva enormemente le capacità di un raccoglitore di frutti come quello di prima. "Ecco perché ultimamente li sto tenendo d’occhio..." "...Chi?" Lo sguardo gentile di Sasha si indurì di colpo. Ma proprio quando stava per rispondere... "Maestra! Maestra Sasha! E’ orribile!!" La porta si aprì di colpo e un gruppo di bambini entrò come una valanga. "Ehi ehi, che modi sono davanti ai nostri ospiti!" "Non è il momento per certe cose!!" Il bambino dai capelli rossi di prima strillò, con gli occhi pieni di paura. "Il fratellone Ginn e gli altri sono stati catturati dall’Armata!" "—Dove!?" Alzandosi con una risolutezza che veniva da chissà dove, Sasha cominciò a interrogare il piccolino. "Nello spazio dietro il negozio dell’usato del quinto distretto. Stanno bloccando il passaggio con una decina di persone. Kotta è stato l’unico che è riuscito a scappare." "Ho capito, vado immediatamente —Scusatemi, ma..." Voltandosi verso Kirito e Asuna, Sasha fece un breve inchino. "Non posso abbandonare i bambini. Potremo parlare dopo..." "Veniamo anche noi, maestra!!" Al grido del bambino dai capelli rossi, anche tutti gli altri bambini risposero entusiasti. Correndo verso Kirito, il piccolo lo implorò con espressione disperata. "Fratello, prestaci quelle armi per un po’! Se le portiamo, i tipi dell’Armata scapperanno!" "Non posso accettare!" Sasha rifiutò immediatamente. "Voi aspetterete tutti qui!" In quel momento, Kirito, che aveva osservato la scena in silenzio, alzò la mano destra, come a voler calmare i bambini. Era raro che sapesse cosa fare in situazioni del genere, ma era solo in occasioni come quelle che manifestava la sua aura misteriosa, e i bambini si calmarono subito. "—E’ davvero un peccato—" Kirito cominciò a parlare con tono calmo. "I parametri richiesti per poter equipaggiare quelle armi sono troppo alti per voi, voi non potete usarle. Vi aiuteremo noi però. Anche se non sembra, la sorellona qui è molto forte." Osservando Kirito, anche Asuna annuì convinta. Alzandosi in piedi, si voltò verso Sasha e parlò. "Ecco, permettici di aiutarti. Con altre persone sarà tutto più facile." "—Grazie, conto su di voi allora." Sasha fece un profondo inchino, afferrò gli occhiali e parlò. "Bene allora, direi che dobbiamo andare di corsa!" Scattando a correre verso l’uscita, Sasha tirò dritto con la daga che ondeggiava attaccata alla sua vita. Tenendo stretta Yui, anche Asuna si mise a correre, seguita da Kirito. Quando Asuna si voltò, si accorse che un gran numero di bambini li stavano seguendo, ma Sasha non sembrava volerli mandare via. Correndo tra gli alberi arrivarono al distretto sei e attraversarono i vicoli. Sembrava che Sasha stesse prendendo scorciatoie per arrivare il prima possibile, e quando passavano davanti ai negozi degli NPC, giardini di case private e simili, trovarono un gruppo che bloccava uno stretto vicolo. Probabilmente erano almeno una decina. Vestiti con uniformi grigio-verde e armature nere, erano senza alcun dubbio membri della «Armata». Quando Sasha si fermò di colpo, attirò subito l’attenzione dei tizi dell’Armata. Uno di essi si voltò con un ghigno e parlò. "Oh, ecco qui la baby-sitter." "...Per favore, lasciate andare i bambini." Sasha parlò con voce ferma. "Non rovinare la nostra reputazione. Li lasceremo andare subito; gli stiamo solo insegnando un po’ di buone maniere." "Proprio così. E’ dovere dei cittadini pagare le tasse, dopotutto." L’uomo scoppio in una risata fragorosa e rauca. Il pugno serrato di Sasha tremò. "Ginn! Kain! Mina!! Siete lì!?" Quando Sasha chiamò, rispose subito una voce di ragazzina impaurita. "Maestra! Maestra... aiutaci!" "Non preoccupatevi dei soldi, dateglieli e basta!" "Maestra... ma non possiamo...!" Questa volta fu una voce di ragazzo. "Nha, ha, ha." Uno degli uomini che bloccavano la strada emise una risata che sembrava uno spasmo. "Beh, pare che voialtri non abbiate pagato le tasse ultimamente... I soldi non bastano stavolta, eh." "Proprio così. Per questo vi confischeremo anche le armature. Tutte... fino all’ultimo pezzo." Osservando le ammiccate e gli sguardi volgari degli uomini, Asuna capì immediatamente che tipo di affari si stessero svolgendo nel vicolo. Questa «squadra di esattori delle imposte» aveva senza dubbio intimato anche ai ragazzini intrappolati, tra cui una ragazzina, di togliersi i vestiti. Una furia cieca invase Asuna. Sasha sembrò aver raggiunto le stesse conclusioni, perché si avvicinò agli uomini con ostilità. "Toglietevi... Toglietevi di mezzo! Altrimenti..." "Altrimenti cosa, baby-sitter? Pagherai tu per loro?" L’uomo non fece neppure un passo. Entro i confini cittadini, era sempre attivo il Codice di Prevenzione dei Crimini, perciò cercare di infliggere danni a qualcuno o di spostarli contro la loro volontà era assolutamente impossibile. Ma non era possibile neppure liberarsi di malintenzionati che bloccavano una strada. Sfruttando questa protezione del sistema era dunque possibile tenere qualcuno intrappolato, anche se non gli si poteva torcere un solo capello e non lo si poteva spostare. Era una pericolosa falla nel sistema. Tuttavia, questo valeva solo fin quando ci si spostasse via terra. Asuna osservò Kirito e parlò. "Andiamo, Kirito-kun." "Sì." Annuendo all’unisono, scalciarono violentemente il suolo. Vedendo che quei due avevano saltato con tutta la loro forza e destrezza, Sasha e i brutti ceffi poterono solo stare a guardare imbambolati, e i due eroi atterrarono proprio in mezzo allo spazio bloccato dai tipi dell’Armata. "Woah!?" Alcuni di essi saltarono per lo spavento. In un angolino del vicolo, due ragazzi e una ragazza appena adolescenti si tenevano stretti per la paura. Avevano rimosso le armature e indossavano solo della semplice biancheria. Asuna si morse il labbro a quella scena, poi sorrise avvicinandosi a loro. "Va tutto bene adesso. Potete rimuovere l’equipaggiamento." I ragazzi annuirono con i loro occhi tondi per lo stupore, raccolsero i pezzi delle loro armature ed aprirono le finestre. "Ehi... Ehi, ehi, ehi!!" In quel momento un membro dell’Armata tornò finalmente in sé e gridò. "Smettetela di fare stupidaggini!! Non osate interferire negli affari della «Armata»!!" "Un momento." Un uomo dall’armatura più imponente fece un passo in avanti. Sembrava essere il leader del gruppo. "Non vi abbiamo mai visto da queste parti, ma sapete cosa significa mettersi contro la Forza di Liberazione? Comunque se proprio ci tenete, possiamo discuterne al quartier generale." Gli occhi del leader brillavano minacciosi: estraendo il suo enorme spadone, fece qualche passo in avanti picchiando il lato piatto della lama sul palmo con gesti eloquenti. La lama rifletteva il colore del sole al tramonto. Il riflesso indicava chiaramente che quella spada non era mai stata riparata o lucidata, e che quindi non era mai stata in battaglia. "O volete uscire dai confini cittadini per sistemare la faccenda? Eh!?" Fu nel momento in cui pronunciò quella frase. Si sentì chiaramente lo stridio dei denti di Asuna. Aveva cercato di fare del suo meglio per sistemare la questione in maniera pacifica, ma quando vide i bambini tremare di paura perse la testa. "...Kirito-kun, ti affido Yui-chan." Yui fu passata a Kirito, e prima che chiunque potesse capire quello che stava accadendo, Asuna aveva già materializzato il suo stocco con un movimento fluido della mano. Stringendo lo stocco, si diresse contro il leader dei lestofanti. "A.... Ah...?" Affrontando quell’uomo che ancora non aveva afferrato la situazione, e che stava con la bocca mezza aperta come un ebete, Asuna colpì immediatamente con una stoccata in cui inflisse tutta la sua potenza. Partì un intenso flash violetto che lambì i paraggi. Si udì un impatto fragoroso come un'esplosione. L’uomo venne respinto immediatamente, ed atterrò di schiena, sbalordito. "Se ti va così tanto di dar battaglia, non c’è bisogno di uscire fuori dalle mura." Avvicinandosi all’uomo, Asuna brandì di nuovo la sua lama. Di nuovo un flash e un rumore assordante. Il leader venne respinto di nuovo indietro. "Non temere, i tuoi HP non caleranno. Però nemmeno io devo aver paura di fermarmi." Fu solo quando vide che Asuna continuava ad avanzare con labbra livide, che il leader capì di essersi cacciato nei guai. Il Codice di Prevenzione dei Crimini faceva sì che gli attacchi fossero schermati da una barriera invisibile. Ma questo aveva anche un altro significato: se nessuno si faceva male, l’attaccante non doveva preoccuparsi che il suo cursore cambiasse nel colore riservato ai criminali. Spesso si sfruttava questa concessione per allenarsi in città. Il sistema infatti non affliggeva le statistiche e le abilità dell’attaccante, e non cancellava gli effetti grafici e sonori; inoltre, gli effetti speciali come stordimento e repulsione funzionavano lo stesso, dato che non facevano calare gli HP. Per giocatori non abituati, era una condizione comunque difficile da sostenere, anche se i loro HP non si riducevano. "Eek... S-Sto..." Spiaccicato a terra dagli attacchi di Asuna, il leader non sapeva cosa fare. "Voi altri... non statevene a guardare... Fate qualcosa...!!" I membri dell’Armata estrassero le armi uno dopo l’altro. I tipi che bloccavano la strada lasciarono i loro posti e si precipitarono su Asuna. Affrontando tutti quegli uomini disposti a semicerchio, Asuna li guardava con occhi di fuoco. Scalciando il pavimento senza dire una parola, falciò il gruppo sulla destra. Dopo pochi attimi quegli spazi angusti furono riempiti da boati roboanti. Circa tre minuti dopo. Quando Asuna fu tornata in sé, ed ebbe abbassato la spada, tutto quello che rimaneva erano i membri svenuti dell’Armata, sparsi in giro. I pochi superstiti sembravano essersela data a gambe. "Whew..." Facendo un lungo sospiro di sollievo, ripose la spada e tornò dagli altri— trovò Sasha e i ragazzini impietriti e senza parole. "Ah..." Asuna fece un passo indietro trattenendo il fiato. Pensava che con la sua furia cieca aveva sicuramente spaventato a morte i ragazzini, e abbassò lo sguardo sinceramente dispiaciuta. Ma in quel momento, il solito ragazzino vivace dai capelli rossi strillò con gli occhi tutti luccicanti per la meraviglia. "Fichissimo... Sei una cannonata, sorellona!! Era la prima volta che vedevo una cosa simile!!" "Ve l’ho detto che era fortissima, no?" Kirito arrivò con un sorriso radioso. Yui era sotto il braccio sinistro, mentre nella mano destra teneva una spada. Sembrava che si fosse occupato lui degli altri. "...A-Ahahah." Asuna rise, a disagio, e i bambini cominciarono a farle le feste, accorrendo verso di lei. Sasha teneva le mani strette al petto, e sorrideva con occhi lucidi. "I cuori.... I cuori di tutti sono—" Una voce chiara e appena udibile. Asuna rimase stupita. Sotto il braccio di Kirito, Yui che si era svegliata senza che nessuno se ne accorgesse aveva teso una mano con sguardo assente. Asuna guardò nella direzione che indicava, ma non c’era nulla. "I cuori di tutti... sono..." "Yui! Cosa succede, Yui!!" Gridò Kirito, e Yui batté le palpebre un paio di volte, senza cambiare espressione. Anche Asuna corse spaventata e prese la mano di Yui. "Yui-chan... Stai ricordando qualcosa!?" "...I... Io..." Tremando, abbassò la testa. "Io non ero... qui... Sempre stata, sola nel buio..." Tremava e si mordeva le labbra. E poi all’improvviso... "Wa... aa... aaah!!" Reclinando la testa all’indietro, prese a gridare con voce acuta. "...!?" Zsh, zsh, un suono simile al ronzio delle apparecchiature elettroniche risuonò nelle orecchie di Asuna per la prima volta da quando era in SAO. Immediatamente dopo, Yui si afflosciò di nuovo, come se stesse collassando. "Yu... Yui-chan...!" Asuna strillò e la strinse con tutte le forze. "Mamma... paura... Mamma...! Prendendo Yui che si lamentava dalle braccia di Kirito, la abbracciò e la tenne al petto. Alcuni secondi dopo, quello strano fenomeno terminò e Yui svenne di nuovo. "Ma... Che sta succedendo…?" Il sussurro di Kirito risuonò in quello spazio silenzioso e si perse tra le mura circostanti.
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