Sussurri confusi.
Suoni indistinti.
Respiri irregolari.
Acqua.
Grida.
Schianti.
Buio.
Mi svegliai tremante, il cuore a mille e le gote sudate.
Ogni notte un incubo diverso dal precedente, ma sempre la stessa fine.
Presi qualche respiro profondo, realizzando che l'indomani avrei dovuto salire sulla nave che mi avrebbe portata a destinazione. La Mia destinazione, l'America.
Ero riuscita ad accaparrarmi un posto in terza classe, tutto sommato non male, dato che si trattava del Titanic, la nave più grande mai esistita. Ero partita dall'Irlanda ed ero arrivata a Southampton solo da pochi giorni, e già mi sentivo un'estranea completa.
Ormai non c'era più verso di riaddormentarsi, così mi alzai, decisa a fare qualche passo e ricontrollare le valigie.
Anzi, la sacca di stoffa che mi portavo dietro, con il poco denaro che possedevo e qualche effetto personale: un pettine, una collanina di spago di poco valore, uno specchio, e un grembiule, nel caso avessi dovuto aiutare in cucina per guadagnare qualcosina di più.
Feci una smorfia nel momento in cui i miei piedi vennero a contatto con il legno freddo del pavimento dell'alloggio in cui avevo deciso di passare la notte, e, a passi lenti e misurati per fare poco rumore, così da non disturbare nessun altro, mi diressi verso la sedia usata da attaccapanni. Presi il mio vestito di stoffa rigida tra le mani.
Mi ricordo ancora chi è stato a cucirmelo: la mamma. Lei sì che ci sapeva fare con la stoffa. Mio padre diceva: "Datele un ago e una pezza, e in men che non si dica vestirà una regina". Quanto rideva la mamma quando gli sentiva pronunciare quelle parole...
Ricordai con nostalgia il suo sorriso, quello che di solito rivolgeva a qualcuno a lei caro, come per esempio me, oppure anche solo la mucca di famiglia Mary. A volte mi chiedevo se non volesse più bene a lei che a me... quando gliel'ho chiesto, a sei anni, lei ha riso allegramente, e poi mi ha abbracciato, sussurrandomi parole dolci all'orecchio "Sei la mia principessa, e perché tu cresca forte c'è bisogno di buon latte".
Ed è stato allora che ho capito: lei era una regina e presto, a modo mio, lo sarei diventata anch'io.
Rammentai anche il giorno in cui Mary morì, quattro anni dopo.
Fui l'unica che la pianse, e aiutai il papà a seppellirla nei pressi di un bosco. Nessuno della famiglia voleva sfamarsi delle sue carni.
Con la carcassa dell'animale, ingenuamente, sotterrai anche una mela, cosicché, ovunque fosse, se avesse avuto fame avrebbe trovato di che nutrirsi.
Per questo rimasi sorpresa quando, dallo stesso luogo preciso della tomba di Mary, nacque un germoglio.
Era un albero di melo, e lo ribattezzai "L'albero di Mary". Nelle giornate più calde andavo ad abbeverare il suo debole fusto, così da farlo crescere grande e forte, e nei periodi invernali gli restavo accanto, così da capire se avesse preso un raffreddore.
Cominciai ad indossare il mio vestito con movimenti veloci ed essenziali. Era inutile torturarsi con tutti quei ricordi dolorosi.
Il giorno in cui dovetti lasciare i miei genitori per cercar fortuna fu straziante per tutti e tre i membri della famiglia, infatti i pochi soldi guadagnati da entrambi i genitori non potevano più sfamarmi, ed inoltre io ero in età da marito. Fui io a decidere di partire per un luogo così lontano dall'Irlanda, forse se mi fossi allontanata il più possibile avrei sentito meno la loro mancanza. Scoprii subito che non era così. Man mano che mi allontanavo sentivo sempre più crescere un groppo di lacrime in gola, che faticavo sempre più ad ingoiare.
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Underwater
ChickLit1912. Il Titanic salpa il 10 Aprile. Lei: Helen Corr, passeggera di terza classe. Sogna di poter andare in America per trovare lavoro e aiutare i suoi genitori, semplici contadini irlandesi. Lui: Daniel Marvin, prima classe. E' di ritorno da un vi...