Le confessioni dello Sconosciuto

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La sera stava nuovamente facendo capolino e gli uomini, quelli che potevano, raggiunsero nuovamente le mura, i feriti, quelli più gravi, restarono sui giacigli che erano stati loro preparati.
Sansa si era decisa, poche ore prima, a rendersi utile e dare una mano alle altre giovani donne e alle donne più anziane nel curare i soldati. La ragazza non faceva che andare e venire dalle cucine, riempiva bacili di continuo con acqua fresca per poi gettare quella sporca di sangue o croste.
Le urla, il fumo, i lampi dei cannoni presero a invadere nuovamente l'abitacolo.

Sansa aveva paura e ricordò quella notte... quella in cui fuggì dalla sua prigione assieme a Sandor. Ma di Sandor non vi era stavolta traccia, nessuno sarebbe venuto nella sua stanza e l'avrebbe portata via. Questa volta doveva restare lì. Nessuno l'avrebbe cercata in quel momento. Nessuno avrebbe avuto un pensiero per lei.
Si chiese perché il Mastino l'avesse lasciata lì da sola, le aveva detto che sarebbe andato a farsi medicare e poi? Cosa era successo? Erano ormai passati quasi tre giorni e di lui non sapeva nulla.
Avrebbe dato qualsiasi cosa anche solo per sapere che stava bene.

Urla, urla, urla, ancora urla.
La porta si aprì e le donne sobbalzarono, erano in due, un soldato teneva posato il braccio sulle spalle di un altro che, affaticato dal peso del primo, camminava sbilenco. Due donne abbastanza corpulente afferrarono il primo e lo posero di peso su un giaciglio libero, il soldato grondava sangue dall'addome.
Il secondo soldato alzò lo sguardo e Sansa lo riconobbe subito, era quel ragazzo, quello con cui lei aveva passato gran parte della mattina e del pomeriggio. Gli si avvicinò vedendo che anche lui era ferito "No!" esclamò lui "Ce ne sono altri molto più gravi di me." proseguì lui concitatamente per poi risparire nel cuore di quella notte tempestosa.
Un'altra donna chiuse la porta alle sue spalle e corse ad aiutare il soldato ferito.
Sansa attese il suo ritorno dietro ai vetri di quella finestra tanto piccola.
La porta si aprì di nuovo, era ancora lui che assieme ad un altro soldato ne portavano un terzo, quest'ultimo aveva una gamba quasi del tutto staccata dal corpo, urlava, urlava a più non posso. A Sansa girò la testa, alzò lo sguardo incrociando lo sguardo del giovane che si rituffò nuovamente nel buio.
Fece questo gesto per altre tre volte, poi la terra sembrò tremare, polvere prese a cadere dall'alto e quelle poche luci che illuminavano l'abitacolo presero a tremolare. Sansa respirava a fatica per la paura.
La porta si aprì per la quinta volta e questa volta quel coraggiosissimo ragazzo si manteneva ad un altro soldato, aveva i capelli che scompostamente gli ricadevano sulla fronte, gli occhi chiusi, la labbra semiaperte e un'espressione carica di dolore dipinta sul viso. Sansa vedendolo si precipitò all'uscita e lo aiutò assieme a un altro soldato, che l'aveva accompagnato lì, a farlo stendere su un giaciglio.
Il ragazzo aprì gli occhi e vide che era Sansa, "Non è niente." disse lui seppur con la voce carica di sofferenza, lei gli sorrise "Lasciate che sia io a dirlo." si sforzò di trattenere quella sensazione di forte nausea che le stava attanagliando lo stomaco e gli sfilò la maglia di ferro, vi erano decine di tagli che non sembravano essere particolarmente gravi e poi una ferita al basso ventre abbastanza profonda.
"Mi curerai tu?" gli chiese dopo qualche attimo di silenzio, Sansa prese una tinozza d'acqua e prese a intingere l'acqua per tamponare le ferite, poi prese una benda e la premette con forza sulla ferita, il giovane saltò quasi per il dolore, urlò a denti stretti. Ansimò stringendo gli occhi.
"Devo mettere dei punti... ho visto fare così." lo informò Sansa.
"Fai quello che serve." disse lui ansimando.
"Ti farò male." proseguì lei.
"Lo so... ma fallo. Mi fido di te. Adesso sei tu che hai la mia vita nelle tue mani." le disse.
Sansa prese ago e filo... di quello disponevano e... prima di iniziare guardò il volto sudato e sofferente di quel ragazzo, poi seppur tremante prese a cucire. Vide il viso del soldato diventare rigido, lo vide stringere i denti e poi svenire.
Non era certa di ricordare come si facesse, ma vedendo il "lavoro" terminato si disse che forse tutte quelle ore di cucito erano servite realmente a qualcosa.

La Principessa del Nord e il MastinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora