6 - QUEL MOMENTO IN CUI DIVENTI UNA SENTENZA INAPPELLABILE

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Ieri Serena prima di staccare entra in cucina, mi cerca e mi dice:

''Vedi che è una cosa dei Capricorni allora...

Hai gli occhi di due colori, come mio padre, con quelle macchioline dentro.

Io da piccola gli dicevo che erano i giocattoli: vedevo forme di giocattoli tutti diversi in quelle piccole macchie.

Vabbè...''

Mi sorride e io non riesco a pronunciare una sola parola: sono troppo concentrato sulla paura che il cuore mi esploda in petto per parlare.

Credo sia la prima persona in mesi di lavoro qui che mi abbia veramente guardato negli occhi.

***

Oggi è quella giornata dove capisci di aver definitivamente acquisito i tratti del semidio e non tornerai più indietro: i biscotti e i muffins sono a dir poco perfetti e sono sul bancone del ristorante prima dell'apertura delle porte; gli altri chef hanno ancora gli occhi semichiusi e inciampano nelle pentole, mentre tu stai già girando con i motori a pieno regime.

L'errore poi può sempre capitare, ma la situazione è sotto controllo e la sezione ha raggiunto livelli di eccellenza mai visti prima.

L'head chef arriva in cucina, mi saluta e se ne va al pass: ormai sono settimane che non viene ad aprire una scatola qui o ad assaggiare uno dei dolci del menù, limitandosi a guardarmi come il proprietario della scuderia guarda uno dei suoi cavalli di razza.

Alle sette e mezza inizia il servizio di un sabato di sole che promette clienti fuori in coda, ristorante pieno, traffico ed un sacco di divertimento; faccio l'occhiolino ad Adriano, un giovane chef brasiliano che viaggia sui miei stessi livelli ed il suo cenno del capo e la sua risata mi fanno capire che anche lui è pronto alla battaglia.

L'head chef apre le danze: ''PRIMO TAVOLO!'' e l'ordine chiama in causa proprio il sottoscritto ed il mio compare carioca; ci coordiniamo sui tempi dei rispettivi piatti con un gesto delle dita ed un'occhiata d'intesa e in meno di cinque minuti è tutto pronto sul pass, piatti lucidi e fumanti, standard talmente alti da far mancare l'ossigeno.

L'head chef ci premia con una faccia stupita ed un pollice alzato.

Sono diventato una sentenza inappellabile.

Impongo le mani e quello che esce dal forno profuma di perfezione.

Concentrazione al massimo e mentre mi preoccupo degli ordini per i clienti in sala contemporaneamente inizio a lavorare per alleggerire un po' il lavoro del mio secondo in carica che arriverà nel pomeriggio, con le voci degli altri chef che arrivano ovattate, lontane, perché io sono dentro la ricetta che sto preparando, vedendo distintamente la trama dell'impasto, come alcune sostanze visualizzate al microscopio.

Quando l'orologio segna le nove è il momento di occuparsi del pane e qui il tempo definitivamente si ferma: chef e lavapiatti urlano, corrono, sudano e si alterano, ma lo fanno lì fuori: io sono Michelangelo e pennello alla mano dipingo ogni panino di rosso d'uovo con il tocco leggero di un'ombra, dando ad ogni cupola il colore della perfezione.

Oggi non mi posso fermare.

Stamattina ho fatto il bagno nello Stige.

Brigitta mi porta un caffè e mi fa una linguaccia maliziosa, giusto perché avevo bisogno di piccola dose ulteriore di adrenalina.

Oggi finisce che trasformo l'acqua in vino.

Odioso, pomposo, eccessivo, teatrale, arrogante, ma questa cosa non si può fermare: mettetevi al riparo.

Adriano mi chiede in un misto di portoghese e spagnolo quanto manca perché il pane in forno sia pronto, perché quello in cucina inizia a scarseggiare: io lo fisso e sorrido, dando le spalle al forno, poi annuso l'aria, dove domina una ventata gioiosa di calore e di lievito.

Rimango immobile per una manciata di secondi ed inizio un conto alla rovescia a mano aperta, senza dire nulla.

Quando anche il mignolo si abbassa ed il forno attacca a suonare, Adriano se la ride di gusto mentre il lavapiatti di turno batte le mani per il mio piccolo show estemporaneo.

Puntuale come ogni giorno arriva il momento dell' imprevisto.

Bartholomeu, il manager di sala, si avvicina alla pasticceria tormentandosi in contemporanea la barba e gli occhiali:

''Hanno chiamato dall'altro ristorante: hanno finito il pane senza glutine e sono nei casini...''

Borbotto qualcosa sulla necessità di lavorare organizzati e prendo in mano le liste del lavoro di oggi della pasticceria, poi valutata la situazione liquido il giovane ungherese ridacchiando e dicendogli che in due ore avrebbe potuto far partire qualcuno per andare in soccorso dei nostri commilitoni in difficoltà.

Bartholomeu mi batte una mano sulla spalla e mi promette in premio un altro caffè a breve.

L' ordine è un argomento quantomeno delicato; alla mattina entro nel frigorifero principale e le palpebre si chiudono per un secondo, come l'otturatore di una macchina fotografica:

la Polaroid è stampata indelebile dietro agli occhi e a quel punto salgo nel ristorante ancora deserto e seduto ad un tavolo organizzo su carta la giornata mia e del mio secondo che attacca al pomeriggio, stendendo l'ordine delle priorità.

Ordine. Priorità. Parole di granito.

Guai a chi si intromette e propone di cambiare per qualsivoglia motivo questa scaletta: sono ovviamente pronto a farlo a tempo zero, ma il fastidio sta raggiungendo livello davvero fisiologici.

Oggi però tengo a bada il fastidio perché non sono in grado di rinunciare a questa piccola sfida non prevista.

Divido il tavolo in due ed accantono a sinistra il necessario per il servizio, mentre dall'altra parte inizio a mescolare con i guanti acqua, semi di chia e farina sglutinata.

Sul piano emotivo-sociale, che si riflette ovviamente anche sul lavoro, la pietà è davvero finita: faccio fatica a riconoscermi rispetto anche a solo un anno fa.

Ad un paio di cari amici ho parlato spesso di psicorazzismo: non sopporto più chi non è rapido di pensiero, chi non brilla, chi non scatta, chi si è fermato e fame non ne ha più.

Non è una questione solo culturale, non è una questione solo intellettiva: sono tutte queste cose insieme e forse nessuna di queste.

E' come se avessi appreso improvvisamente che non ci sarà un Paradiso dove certe situazioni lasciate cadere e certi rospi ingoiati verranno riconosciuti e ricompensati: ho finalmente ho imparato a mordere, a chiudere porte e ad emettere sentenze.

Devo ancora prenderci confidenza, ma devo ammettere che non mi dispiace questa nuova versione di me.

Sto mettendo sul carrello le pavlova fresche di forno ad asciugare, quando Vikas entra ciondolando in cucina con il suo Panama sgualcito e gli occhiali scuri: le tre di pomeriggio sono arrivate in un battito ed il mio giovane vice estone mi batte il cinque e si guarda intorno soddisfatto, dall'alto dei suoi due metri di statura, vedendo una sezione pulita, in ordine e con tutto il necessario per il servizio serale.

Pollice alzato e se ne va di sotto a cambiarsi. Dopo settimane di faticoso rodaggio siamo diventati un team d'eccezione.

***

Ritorno a casa soddisfatto e stremato.

Entrato in salotto trovo la Strega presa dalla chiusura di una grossa valigia: ho perso totalmente la cognizione del tempo e la sua partenza per un mese di ferie è inevitabilmente arrivata.

Questa notte saranno veramente cazzi.

NUDO CHEFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora