12 - PRIMA DI ANDARE VIA

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Un cappello fatto con una pagina della Gazzetta.

La sintesi perfetta della presa in giro lasciato sulla mia borsa del lavoro.

Molte volte la Strega per canzonarmi rimarca che la mia bravura nella pasticceria è figlia delle mie origini bergamasche e quindi delle mie capacità di sapermi destreggiare con le consistenze di malta e cemento.

Il suo ritorno nella mia routine è fuoco e medicina e stamattina me ne vado al lavoro fischiettando, con in tasca le notizie di calciomercato formato origami ed un accenno di sorriso sul volto: ieri sera le ho anticipato una decisione seria riguardo il mio futuro e dopo avermi ascoltato e detto la sua nel solito appagante confronto quello di stamattina è il suo modo di sdrammatizzare, che non guasta mai.

I cari vecchi sani equilibri.


Trovare Aureliano già nella cucina delle preparazioni a quest'ora mi suona quantomai sospetto:

-Hola chef-e quando si volta l'escoriazione violacea sulla sua fronte è solo la dannatissima conferma che qualcosa non va.

Ventuno anni scarsi, un discreto talento ai fornelli ed un sorriso abbagliante fanno di questo ragazzetto cileno una delle mie scommesse più sentite: l'ho difeso a spada tratta più volte contro i suoi detrattori e convinto gli chef di turno a puntare su di lui.

Con il mio spagnolo approssimativo, che mi ha aiutato ad avvicinarmi a lui nei mesi e con toni per nulla gentili gli faccio raccontare tutto: delle liti in casa, delle botte e della frustrazione di non avere nessuno che lo aiuti e lo scoglio insormontabile della lingua per poter trovare una soluzione.

Mi incazzo e gli punto il dito contro: -Ora parlo con la sous-chef e ci organizziamo. Tu domani esci di lì-

Aureliano mi si schianta tra le braccia singhiozzando: -Gracias chef-

Lavorare in cucina è anche questo improbabile e balordo fare famiglia nei momenti difficili.


L'uso ed abuso della parola chef meriterebbe di suo un trattato massiccio con copertina rigida, con posto d'onore nella biblioteca di qualsiasi buon letterato.

Tecnicamente parliamo del titolo che giustamente va ad accompagnare l'intestazione di chi ha concluso un percorso di studi di settore, ma è legittimamente utilizzabile anche nel caso di chi, come nel mio caso, si è guadagnato i gradi sul campo con anni di studio autodidatta e gran dispendio di tempo e sudore.

Rivolgersi a qualcuno tornando ad utilizzare il nome proprio e non più la parola chef invece è denigratorio tanto quanto togliere il saluto.

Inoltre uno chef che attribuisce lo stesso titolo ad un kitchen porter può farlo come elogio per un lavoro brillante o come scherno a rimarcare con sarcasmo la distanza tra le due posizioni.

I kitchen porter stessi poi si chiamano così tra loro per nobilitare un minimo lo spirito e l'apparenza del loro lavoro.

Tutto chiaro? Yes, chef!

La cucina racchiude un'infinità di digressioni del genere.

Dovrei scriverci un libro.


Il turno è quasi finito, è il momento di levarsi un peso: scendo a cambiarmi e poi parlo con l'head chef.

Sono le quattro e sono un uomo libero...in tutti i sensi.

Mi appoggio al bancone del bar e mi confido con uno dei pochi veri amici conosciuti qui dentro:

-Lo sai quando hai una sensazione sottopelle hermano?

Io ho semplicemente sentito che è arrivato il momento di andare via.

Ok il lavoro che padroneggio alla grande e lo stipendio, ok la tranquillità e la routine che mi sono costruito, però qui professionalmente non si cresce, non posso proporre le mie ricette e non posso raggiungere posizioni più alte .

Solo i pigri sguazzano nel fango ed io ho tanti difetti, sono tante cose, ma pigro mai-

Carlos mi sorride da dietro il bancone del bar, mi prepara il solito caffè e reagisce alla notizia delle mie fresche immediate dimissioni con una scrollata di spalle ed il suo sorriso serafico, con quella calma iberica che gli invidio da sempre:

-Tanto noi ci vediamo comunque fuori di qui. Sono contento perchè sicuramente andrai a stare meglio. Poi ha molto senso: domani finisce l'anno e dal primo Gennaio sarai un pastry libero.

Butti via la roba vecchia, incluso questo lavoro-

Decidiamo di ridere e sento che sicuramente andrá tutto bene anche stavolta.

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