16 - CRONOSESSIONI DA ALTA QUOTA

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Viene il momento in cui sento distintamente lo stacco.

Seduto nella sala da tè del ristorante con il direttivo della compagnia per sperimentare le nostre proposte per i dessert del nuovo menù e Londra che aspetta fiduciosa, trentadue piani più sotto.

Quando il boss in persona aggiustandosi la cravatta annuisce alle mie affermazioni e mi invita a condividere eventuali altre idee mi sento finalmente stimato, valorizzato nel mio ruolo di pastry chef, di sviluppatore di ricette, di creativo: per un attimo ho l'impressione che la mia giacca bianca stia scintillando.

Gli anni di gavetta, di orari e di stipendi da periodo coloniale, di piccoli silenziosi soprusi quotidiani, di sacchi di zucchero da venticinque portati in spalla e di passione versata inutilmente nel seguire ricette altrui da due lire siano finalmente alle spalle.

Quando torno in cucina Zoe si illumina, mi sorride e mi batte il cinque, sapendo da quanto tempo mirassi ad un "premio'' del genere.

Giornate così sono da bottino pieno.

-Buonasera a tutti. Sono l' Orologiaio, ho 36 anni e sono un cantastorie-esclamo entrando in scena con un sacchetto di velluto nero tra le mani.

Dire che sono un mago non è necessario.

Che sono un mago glielo devo fare capire: è molto più elegante, molto più sottile.

-Nonno collezionava orologi-mostro il fondo del sacchetto per mostrare sottilmente che non contiene nulla,senza dirlo esplicitamente-e quando ero piccolo mi diceva che è nel tempo e nei ricordi che è racchiusa la vera magia-infilo la mano e mostro un orologio da tasca color rame, che attacco alla catena del mio gilet.

Vedo una faccia stupita e sento degli applausi.

Prendo dalla tasca un mazzetto di Polaroid, con il sorriso del predatore sicuro di mordere alla gola.

Al finale di spettacolo faccio un inchino vecchia maniera, togliendomi il cilindro, mentre gli applausi ora sono veramente tanti.

La Strega ha spento la sigaretta e si è alzata dalla poltrona del nostro salotto e si sta spellando le mani, mentre gli occhi dietro la frangia rossa le brillano:

-Sei pronto. Sei davvero pronto...-e sembra che altre parole siano lì dentro, ma la gola sia improvvisamente diventata troppo stretta ed impedisca loro di uscire.

Credo di non aver mai fatto una prova generale così soddisfacente in tanti anni di carriera.


A queste altezze gira davvero la testa.

La terza superiore: l'anno in cui ho iniziato a sentirmi a mio agio, a lasciare la timidezza al bando e a cavalcare l'onda di materie che ero in grado di dominare.

Scendo barcollando i gradini per raggiungere il laboratorio di informatica nel seminterrato e mi fa molto strano essere solo io, una mia compagna dedita alle tinte, allo shopping e alla cura in cattività del suo neurone e l'insegnante.

Quest'ultima spiega la presenza di Eleonora al mio fianco in quanto assente per malattia il giorno della prova, come se me ne dovesse importare qualcosa; ho palesemente la mente annebbiata da qualche sostanza, ma non realizzo quale.

La docente ci consegna la traccia di un tema e quando vedo le mie mani fasciate iniziare a battere sui tasti il relitto dei ricordi riaffiora finalmente in superficie: tendinite cronica da ambo le parti, ovviamente amplificata sul lato sinistro.

Le penne impossibili da impugnare nelle ultime settimane.

I fili infuocati che corrono dalla punta delle dita al gomito.

La sensazione che qualcuno ogni notte ti abbia martellato le mani a tradimento.

Il dottore che in maniera poco convinta ti regala la sua diagnosi, prescrive un forte antidolorifico in pillole e uno in schiuma da applicarsi sulla parte interessata, accompagnati dal consiglio di utilizzarle il meno possibile.

Finisco il tema ignorando tre quarti di quello che ho scritto, mentre Eleonora sta contemplando perplessa il suo smalto, probabilmente nel tentativo di distinguere la mano destra dalla sinistra: lascio la stampata del tema sulla cattedra e mi costringo a non correre fuori, mentre percepisco distintamente le tre sensazioni, che arrivano a cascata e mi portano giù: il dolore alle mani, il mal di testa che ne deriva e lo stomaco sul finale che si contorce a seguito del resto del corpo che sta andando in tilt.

Gocce di sudore freddo mentre mi chiudo in uno dei cubicoli dei bagni.

Gocce di sudore freddo sul cuscino.

Provo invano a chiamare la Strega.

NUDO CHEFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora